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mercoledì 18 gennaio 2017

Per la prima volta gli USA sperimentano il golpismo stile latino-americano


La Cia, entra apertamente in politica interna per negare la decisione costituzionale relativa all’elezione di D. Trump.

Il giornalista uruguaiano Efraìn Chury a Radio Centenario intervista il sociologo statunitense James Petras, professore all’ Università di Binghamton (NY) esperto analista di questioni politiche riguardanti l’America Latina e il Medio Oriente.

Domanda: Lei sa che le notizie che diffondiamo in America Latina sono sorprendenti poiché si parla di manipolazione delle elezioni nord americane attraverso l’ingerenza della Russia. Come si vive tutto ciò negli Stati Uniti? Qual è l’opinione di Trump? Cosa dicono i democratici? Che dice Hilary Clinton?




Petras: Bene, potremmo iniziare con il sottolineare la gravità di ciò che sta accadendo. Non è altro che un golpe. Un golpe istituzionale che cerca di negare l’elezione di Donald Trump.

Sono istituzioni come la CIA che stanno orchestrando la cosa per delegittimare il nuovo governo e considerarlo traditore del paese. Ossia, si fa intendere che Trump sia un traditore, un complice della Russia che con i suoi servizi segreti penetra nello Stato influenzando le nomine dei collaboratori di Trump. Con questo golpe il Congresso e tutti i partiti di destra, di centro e di sinistra si stanno mobilitando per negare il risultato delle elezioni.
In altre parole, Trump sarebbe complice della Russia e tutti i suoi collaboratori complici di questa farsa. Niente di tutto ciò è stato provato, sono informazioni inventate dalla CIA che entra nella politica interna per negare le decisioni costituzionali.
E’ il modello che hanno utilizzato in Brasile, Paraguay e Honduras. Paesi in cui settori attuali di governo hanno delegittimato i loro presidenti eletti democraticamente per prendere il potere. Il caso attuale negli Stati Uniti è ancora peggio, poiché si accusa il presidente eletto di essere un traditore, di aver legami con una potenza straniera tradizionale nemico degli USA. Barack Obama, un presidente che ha manifestato apertamente ingerenza in tutto il mondo, intervenendo in tutti i golpe, ora interviene nel suo proprio paese riproponendone lo stesso scenario. E per la prima volta nella storia assistiamo alla versione del golpismo latino americano all’interno degli stessi USA.
La stampa borghese, quella liberale e di centro sinistra sono complici e non fanno altro che ripetere le accuse di tradimento e cospirazione russa senza avere alcuna prova e senza contraddittorio.
Trump intanto risponde con la nomina di militari e multimiliardari per contrastare le istituzioni che Obama gli ha messo contro. Esiste una disputa di potere molto interessante all’interno delle istituzioni nord americane, una lotta tra élite.
Avendo affidato ai militari, importanti incarichi sulla sicurezza, Trump sta creando un potere militare enorme in modo da resistere al golpe organizzato dalla CIA. Insieme ai multimiliardari sta giustificando le sue relazioni con la Russia. Infatti il nuovo cancelliere è l’ex direttore della Exxon, l’impresa petrolifera più importante al mondo, molto legata alla Russia da scambi commerciali.
Di recente, Trump ha realizzato una serie di viaggi in visita a diverse città, riempiendo stadi interi per reagire appunto ai settori della sinistra e di centro-sinistra che fanno, stavolta, la parte delle comparse dei golpisti.
Viviamo una situazione da guerra civile clandestina, perché sta accadendo in gran parte all’interno delle istituzioni. Una guerra dell’FBI contro la CIA, i militari contro i congressisti, i multimiliardari contro loro stessi, un settore contro l’altro. E di questo non ne parla alcun mezzo di comunicazione, né i critici né coloro che appoggiano l’attuale processo politico.
Pensiamo che la realtà sia questa, proprio perché siamo abituati a vedere ciò che accade ed è accaduto in America Latina negli ultimi anni. E’ evidente che si sta verificando una replica simile in nord America. Lo capiamo meglio proprio dopo averlo osservato negli ultimi golpe accaduti in America Latina.


Domanda: Un’altra questione importante da discutere è quella dell’Unione Europea, dei suoi movimenti politici e delle mutazioni di alcuni governi come ad esempio in Italia. Qual’ è il tuo punto di vista?


Petras: É un miscuglio di forze. Da un lato abbiamo il Movimento Cinque Stelle (di Beppe Grillo), che è un partito eterogeneo, più o meno di centro-sinistra, di opposizione al governo di Matteo Renzi, poiché gli ex-comunisti si sono “destrizzati”, anzi diciamo pure che si son trasformati in un partito di centro-destra. Oltre a loro, c’è Forza Italia o il gruppo di Berlusconi, e la Lega Nord , che sono schieramenti molto di destra. Al momento esiste un’alleanza di centro-sinistra e di destra contro il governo di centro-destra di Matteo Renzi.
Tra gli oppositori di Renzi ci sono molte imprese locali, settori che temono che, la centralizzazione del potere, potrebbe emarginare le piccole e medie aziende e i professionisti non vincolati all’apparato dello Stato . L’esito del referendum del 4 dicembre scorso sulla riforma costituzionale ha portato alla caduta del governo e alle dimissioni del primo ministro Matteo Renzi.
Esistono inoltre forze all’opposizione che sono contro l’Unione Europea e l’oligarchia di Bruxelles così come anche altri gruppi che continuano ad appoggiare l’Unione Europea.


Domanda: parliamo ora di Siria e Turchia. Perché questo impegno da parte dell’Unione europea, degli USA, della Turchia e di altri paesi di buttare giù Bashar al-Assad? Come vedi la situazione in Siria in questo momento?

Petras: Ci sono diversi interessi, per esempio, la Turchia desidera conquistare parte della Siria, il nord del paese e anche dell’Iraq, la sua politica imperialista è finalizzata al recupero dell’immagine “ottomama” del passato. Gli Stati Uniti, cosi come in Libia e in Irak, tentano di buttar giù i governi senza avere la minima idea di chi potrebbe sostituirli.


Inoltre, anche Israele desidera una Siria divisa, frammentata e fragile e sta pure guadagnando consensi. L’ Arabia Saudita è contro Bashar al-Assad, per il fatto di essere un governo secolare ma democratico e popolare, e ne appoggia la sua caduta proprio a causa delle loro differenze.
Quindi sono tanti gli interessi cha hanno scatenato la reazione di Israele, Turchia e Arabia Saudita, capeggiati diretti e finanziati sia dall’ Arábia Saudita stessa che dagli USA, i quali hanno già inviato più di 1000 soldati delle forze speciali per appoggiare terroristi e mercenari erroneamente chiamati ribelli. E’ una propaganda che la destra utilizza per camuffare i terroristi invasori e mercenari.
Il problema è che la stampa di centro-sinistra, come Página/12 (in Argentina) o come La Jornada (in Messico), utilizzano la stessa retorica statunitense e citano reportage prodotti a Washington. Dobbiamo riconoscere la grande vittoria di Bashar al-Assad e dei suoi alleati iraniani e libanesi sostenuti dalla Russia nella riconquista della città di Aleppo.
Mentre le forze filo-siriane avanzano e riescono a liberare Aleppo, Washington facilita la fuga dei terroristi dall’Irak per lanciare un’offensiva contro Palmira nel sud-est della Siria. Non è un caso che il Daesh ( la versione irachena dello Stato Islamico) riesca a radunare più di 4000 uomini per invadere e recuperare gran parte di Palmira dove attualmente è in corso una guerra feroce. Da dove sono venuti? Come son riusciti a trasportare cosi tante armi pesanti e così velocemente. Come son riusciti ad entrare con le armi nel paese? Evidentemente, una parte consistente di terroristi è arrivata dall’ Irak e da altri luoghi grazie all’ appoggio delle forze speciali degli Stati Uniti.


Domanda: Per concludere la nostra intervista … immagino che tu stia lavorando su altre questioni. Ce ne vuoi parlare? 


Petras: Si, certo. Abbiamo parlato già di Stati Uniti e Medio Oriente, per finire dobbiamo discutere dell’esperienza argentina. I mezzi di comunicazione negli Stati Uniti, in Europa e a volte di una parte importante di quelli dell’America Latina, pensavano che col governo Macri ci sarebbe stato un incredibile miglioramento delle condizioni economiche del paese tale da portare sviluppo e ricchezza nel paese con un forte consenso popolare.
Solo che queste supposizioni non si stanno concretizzando. Al momento ci sono più di 400.000 nuovi disoccupati , il numero dei nuovi poveri è cresciuto di 4.000.000 (su una popolazione di 30 milioni di abitanti) . E per di più, dal punto di vista economico potremmo dire che l’indebitamento e la diminuzione delle imposte in Argentina non hanno attratto il capitale come ci si aspettava. Anzi, nell’ultimo periodo abbiamo assistito alla fuga dei capitali all’estero: circa 12 miliardi di pesos sono finiti a Londra, Washington e altri in Uruguay.
Le esportazioni sono diminuite del 6%, il PIL ha anche subito la caduta del 4,7%, il debito è cresciuto di 87 miliardi di pesos. Mentre il debito aumenta, l’economia cade a picco e naturalmente a nessun capitalista vorrebbe in mente di investire in Argentina, specialmente con un’ inflazione del 4% al mese, con un debito fiscale del 9% perché nessun capitalista penserebbe mai di impegnarsi con l’ Argentina nei prossimi anni.
In termini socio-economici, Macri è un disastro totale. Al contrario di qualche altro governo che conosciamo, non c’è giustificazione al suo comportamento. Ma i media ufficiali tentano ancora di inventare qualcosa di positivo. Gli speculatori di New York ( i fondi speculativi) hanno incassato i suoi soldi, hanno riempito le loro tasche e son scappati via. Il discorso di Macri, contrariamente a quello di Cristina Kirchner, era di far pagare all’ Argentina i fondi “avvoltoio” perché cosi ci sarebbero stati nuovi investimenti nel paese, ma questo non è successo.
E ora cosa ci dobbiamo aspettare? Che ampi settori della società si oppongano a Macri. Non c’è alcuna possibilità di mantenere o guadagnare forze politiche in parlamento. Ci aspettiamo che il governo venga destabilizzato dai suoi propri errori o che venga costretto a lasciare il potere a causa delle rivolte popolari come è successo a Fernando de la Rua. L’ instabilità sta crescendo. Macri si mantiene al potere perché i burocrati corrotti del CGT (una delle centrali sindacali argentina) continuano a cercare un’uscita negoziata che è impossibile. Se non fosse per i burocrati sindacalisti, questo governo, paralizzato al suo interno, potrebbe cadere.
Ciò che mantiene Macri al potere non è la sua politica né le sue misure economiche e neanche i militari che lo sostengono. Ciò che lo salva è il fatto che il movimento popolare sta cercando una via d’uscita politica ma manca al sindacato la giusta strategia per uscire dalla crisi politica.

Fonte: l'AntiDiplomatico

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