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mercoledì 18 maggio 2016

Impatto sull’economia italiana delle sanzioni alla Russia

di Ulrich Anders
I costi delle sanzioni commerciali imposte alla Russia da UE e USA in risposta alla guerra civile in Ucraina e al referendum di annessione della Crimea stanno colpendo pesantemente l’economia italiana.
Nel 2013 l’Italia era il secondo esportatore verso la Russia fra i Paesi UE con 10,8 mld di euro di export, un interscambio di 40 mld di euro e un tasso di crescita nell’ordine dell’8.4%. Secondo ISTAT nel 2015 il valore delle nostre esportazioni verso la Russia è calato di ben 3,7 miliardi di euro rispetto al 2013, anno precedente all’introduzione delle sanzioni, attestandosi a 7,1 miliardi.
Secondo uno studio del WIFO (The Vienna Institute for International Economic Studies) in UE sono stati persi 44 miliardi di export e 900mila posti di lavoro, con il rischio di perdere 100 miliardi e 2,2 milioni di posti di lavoro a regime.

L’Italia è fra quelli che rischia di pagare il conto più salato. Gli analisti del WIFO stimano infatti che l’Italia nel 2015 abbia perso ben 80.000 posti di lavoro per effetto delle sanzioni e 0,1% di PIL. Sempre per il WIFO, nel medio periodo l’Italia potrebbe perdere fino a 215.000 posti di lavoro e 7 miliardi di PIL (0,44%).
Le sanzioni hanno infatti alimentato una guerra commerciale che ha danneggiato tutti i comparti simbolo del Made in Italy, dall’alimentare alla moda fino alle auto. Ricordiamo innanzitutto che la Russia in risposta alle sanzioni ha istituito l’embargo totale per un’importante lista di prodotti agroalimentari, con decreto n. 778 del 7 agosto 2014 rinnovato con decreto n. 625 del 25 giugno 2015 e nuova scadenza il 5 agosto 2016. La lista dei prodotti con divieto di ingresso include frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da UE, Usa, Canada, Norvegia ed Australia.
Ma oltre ai danni direttamente attribuibili alle sanzioni scontiamo pesanti costi dovuti a danni indiretti. Questi si riassumono in tre categorie:
1. Effetti depressivi e deflazionisti sul mercato europeo: l’eccedenza di prodotti senza sbocco sul mercato russo ha difatti determinato un crollo del prezzo di molti prodotti agricoli europei nel lattiero caseario, nella carne e nell’ortofrutta.
2. Sostituzione di prodotti italiani sul mercato russo: le quote di mercato faticosamente conquistate dai nostri esportatori col lavoro di anni fatto di passione, qualità e spirito di impresa sono state rapidamente distrutte e sostituite da prodotti di imitazione. Oltre al danno d’immagine infatti lo stop alle importazioni dall’Italia ha provocato in Russia un vero boom nella produzione locale o nell’importazione di prodotti Made in Italy taroccati, dai salumi ai formaggi – con la produzioni casearia russa che ha registrato un inatteso aumento del 30% grazie alle imitazioni di mozzarella, robiola o Parmesan. Lo stesso vale per prodotti tessili, materiali edili di pregio, macchinari e mobili. Si assisite inoltre all’emergere di fornitori concorrenti quali Argentina, Armenia, Azerbaigian, Belarus, Cile, Cina, Egitto, Israele, Marocco, Sudafrica, Tagikistan, Turchia e Uzbekistan. Tutto questo mentre l’export verso la Russia delle aziende statunitensi – paese-guida della coalizione pro-Ucraina e ispiratore delle sanzioni – registra nel 2015 un incremento del suo export verso la Russia del 23%, e la Germania stringe accordi con Putin per il gasdotto North Stream!
3. Perdite di quote di mercato in comparti non direttamente colpiti da sanzioni: a causa della guerra commerciale e delle tensioni provocate dall’irresponsabile conduzione della politica estera italiana ed europea l’Italia ha registrato crolli dell’export verso la Russia anche in altri importanti comparti, tra cui il turismo (dato della Banca d’Italia: -26,8% di viaggiatori russi in Italia nel periodo gennaio-novembre 2015 rispetto all’anno precedente, già in calo sul 2013). Complessivamente le perdite dell’export verso la Russia nei principali settori merceologici nel 2015 sono state le seguenti:

SettoreCalo (2015 su 2013)
Prodotti agricoli-73,10%
Prodotti alimentari-33,90%
Prodotti tessili, abbigliamento e accessori-30,80%
Mobili-27%
Automobili-60,30%
Totale-25,20%

In conclusione le inutili sanzioni hanno comportato i seguenti danni certi o stimati per l’Italia:
  1. Calo export 2015 di 3,7 miliardi
  2. Perdita di PIL attuale dello 0,1%, in prospettiva del 0,44%
  3. Perdita diretta di posti di lavoro attuale di 80mila unità, in prospettiva di 215mila unità
  4. Calo del turismo russo in Italia del 35%
  5. Occupazione del mercato russo da parte di paesi concorrenti dell’Italia
  6. Danni consequenziali e indiretti come danni d’immagine del Made in Italy, calo dei prezzi internazionali dovuto alle eccedenze sui mercati.

Riteniamo che sia nell’interesse nazionale, della nostra impresa e dei nostri lavoratori che l’Italia abbandoni l’atteggiamento passivo tenuto fino ad oggi verso UE e USA e reclami con forza la fine delle inutili sanzioni, prima che i costi diventino insopportabili. 
Riteniamo inoltre che sia nell’interesse dei cittadini europei ripristinare la piena collaborazione UE-Russia su temi cruciali come la sicurezza anti-terrorismo, oltre che in campo commerciale e culturale.