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sabato 14 maggio 2016

LA DIGNITÀ DEI POVERI, LO SPRECO DEI RICCHI

"Ci hanno abituato a tutto questo un po' alla volta, come la rana bollita dell'antica storiella."

di Giorgio Cremaschi

La foto che vedete l'ho scattata io con il mio cellulare davanti al supermercato vicino a casa, in un quartiere residenziale di Brescia, una delle città più ricche d'Italia.

L'uomo che vedete rovistare nel cassonetto alla ricerca di cibo, come le verdure e la frutta che già ha accumulato sul muretto dietro di lui, è un pensionato come me, all'incirca della mia stessa età, ma più povero.




Come me, queste due parole mi hanno colpito quando stavo salendo in macchina dopo una piccola spesa. Siamo oramai abituati a vedere senza tetto e rom cercare nei cassonetti della spazzatura. Una volta ho letto di una ragazzina che era rimasta incastrata in uno di essi.


Da allora quando getto via qualsiasi cosa che suppongo possa essere riutilizzata la metto a fianco del recipiente e non dentro di esso.

Sono stato negli anni '90 del secolo scorso sindacalista a Torino, e nel mercato di Porta Palazzo ho visto gli anziani poveri che, dopo la chiusura delle bancarelle, facevano la spesa raccogliendo gli scarti sparsi per terra. Ma una scena così mi è sembrata terribilmente nuova. Per questo l'ho ripresa. Poi però mi sono vergognato del mio semplice osservare. Ho fermato l'auto quasi in mezzo alla strada e mi sono rivolto all' uomo che faceva spesa nel cassonetto.

Avevo solo una moneta in tasca, i miei acquisti li avevo pagati con la carta di credito, e gli ho detto: "Posso darle due euro?"

Lui ha sollevato la testa bianca e mi ha sorriso. "Io non ne ho bisogno- mi ha risposto- ma so a chi darli". Poi ha aggiunto: " Odio gli sprechi e quello che trovo lo cucino e lo mangio io prima di darlo ad altri, lei non sa quanta roba buona si butta via.
."

Non ho saputo cosa rispondergli, gli ho dato la moneta, gli ho augurato buona fortuna e l'ho abbracciato; poi sono risalito sull'auto mentre dietro i clacson mi sgridavano.

Questa è la società in cui vogliono che ci rassegniamo a vivere.

Da un lato ricchezze faraoniche persino incomprensibili, dall'altro la povertà che dilaga, e che sale come una marea che un poco alla volta copre aree sempre più vaste e sempre più vicine.

Ci hanno abituato a tutto questo un po' alla volta, come la rana bollita dell'antica storiella.

Hanno usato il razzismo e la xenofobia, per presentare il povero come un estraneo di un altro paese e di un altro colore di pelle, che basterebbe rimandare là dove è venuto per stare bene.

Ma la marea è ancora salita, e ora travolge chi ha una faccia, un dialetto una vita come la nostra. Ha ragione quel povero, la nostra è la società degli sprechi, ma il primo spreco è quello della ricchezza accumulata in sempre più ridotte mani. Questo spreco non solo scarta le merci, ma le persone ed in numero sempre maggiore. Sì i ricchi sono un lusso ed uno spreco che non possiamo più permetterci.

Il vescovo Helder Camara disse: "se aiuti un povero ti dicono cristiano, se ti chiedi perché ci sono i poveri ti dicono comunista". Ringrazio quel povero per la lezione di dignità che mi ha dato, grazie alla quale sono ancora più convinto che bisogna amare i poveri, odiare la povertà e l'ingiustizia, lottare per l'eguaglianza.