di Luigi Franco
Expo ha chiuso il 2015 con un rosso di 23,8 milioni di euro. E a questo vanno aggiunte perdite per altri 7,7 milioni accumulate da inizio anno fino al 18 febbraio, data di messa in liquidazione della società e delle dimissioni di Giuseppe Sala.
Il dato, che non era sinora stato reso noto, è messo nero su bianco sui documenti pubblicati sul sito della società riguardanti i rendiconti e le relazioni consegnate dall’attuale candidato a sindaco di Milano due settimane fa.
Il risultato negativo, più volte negato da Sala, viene dunque confermato nei rendiconti che il prossimo 28 maggio verranno presentati ai soci per l’approvazione del bilancio, che quindi dovrebbe avvenire prima delle elezioni e non dopo, come in un primo momento fatto intendere dal presidente del collegio dei liquidatori, Alberto Grando. Le perdite del 2015, inferiori ai 30,6-32,6 milioni stimati nella relazione del cda discussa dai soci nell’assemblea dello scorso 9 febbraio, portano a un patrimonio netto a fine anno di 30,7 milioni (23 milioni al 18 febbraio). È questo il dato che Sala ha sempre rivendicato come un successo, ma che le cose non siano andate come previsto lo si capisce paragonando i nuovi rendiconti con il bilancio del 2014, nella cui relazione di accompagnamento lo stesso Sala scriveva che il 2015 si sarebbe chiuso “con un significativo utile, in grado di coprire le perdite cumulate degli anni precedenti e di portare al pareggio gestionale”.
Anziché coprire le perdite accumulate dal 2008 a fine 2014 (78,1 milioni di euro), il 2015 ha dunque portato a un ulteriore aggravio dei conti, dal momento che i 744,8 milioni di ricavi (di cui 427,1 per vendita dei biglietti) non sono stati in grado di generare utili come previsto in precedenza. E come Sala evita di ricordare, visto che nella relazione sulla gestione che accompagna i rendiconti scrive il contrario di quanto scritto nell’analogo documento firmato un anno fa visto: questa volta infatti definisce il 2015 come “anno di completamento delle opere e degli impianti di gestione necessari all’esposizione universale e di prevalenza dei costi gestionali necessari alla gestione dell’evento stesso”. Da ricordare poi che la Corte dei conti nella relazione sull’esercizio 2013 (datata dicembre 2014) scriveva: “Il patrimonio netto alla fine dell’evento sarà pari a circa 135 milioni di euro”.
Tra le voci che potrebbero creare criticità nella fase diliquidazione, quella sui crediti verso clienti che al netto dei debiti che Expo ha verso gli stessi soggetti, valgono 130,4 milioni di euro. Di questi, 59,7 milioni sono coperti dal fondo di svalutazione crediti. La quota valutata come esigibile è pertanto di 70,7 milioni, ma di questi alla data di messa in liquidazione ne sono stati incassati solo 33, mentre sul rimanente importo ci sonogaranzie per appena 2,2 milioni. Nei prossimi mesi andranno poi coperti i costi del 2016, che richiederanno un rifinanziamento da parte dei soci (in particolare ministero dell’Economia, regioneLombardia e comune di Milano) stimato nella già citata relazione del cda presentata a febbraio in 48 milioni di euro, fabbisogno che probabilmente verrà rivisto al ribasso, forse dimezzato, come anticipato nelle settimane scorse da Grando. Resta però il fatto che Sala, nella relazione sul bilancio 2014, scriveva che “sulla base delle previsioni del budget 2015, ad oggi non si prevedono ulteriori oneri in capo ai soci stessi che potrebbero derivare dall’eventuale procedura di liquidazione”.
Da notare infine, nei debiti, 916 mila euro riferiti alla “emergenza Nepal”: sono la somma di tutte le banconote e monete donate dai visitatori nelle teche installate da Expo in collaborazione con i sindacati per raccogliere fondi per il terremoto del 25 aprile 2015. Fondi che non sono ancora stati donati: “Non essendo pervenuto dal governo del Nepal alcun progetto specifico di ricostruzione in cui far confluire le donazioni raccolte – si legge nella nota integrativa – i sindacati, in qualità di titolari della raccolta e gestori dell’iniziativa, dopo aver vagliato diverse soluzioni, hanno deciso di affidarsi all’ong Save the children come soggetto realizzatore del progetto”. Ma al momento i soldi sono ancora nelle casse di Expo.
Tra le voci che potrebbero creare criticità nella fase diliquidazione, quella sui crediti verso clienti che al netto dei debiti che Expo ha verso gli stessi soggetti, valgono 130,4 milioni di euro. Di questi, 59,7 milioni sono coperti dal fondo di svalutazione crediti. La quota valutata come esigibile è pertanto di 70,7 milioni, ma di questi alla data di messa in liquidazione ne sono stati incassati solo 33, mentre sul rimanente importo ci sonogaranzie per appena 2,2 milioni. Nei prossimi mesi andranno poi coperti i costi del 2016, che richiederanno un rifinanziamento da parte dei soci (in particolare ministero dell’Economia, regioneLombardia e comune di Milano) stimato nella già citata relazione del cda presentata a febbraio in 48 milioni di euro, fabbisogno che probabilmente verrà rivisto al ribasso, forse dimezzato, come anticipato nelle settimane scorse da Grando. Resta però il fatto che Sala, nella relazione sul bilancio 2014, scriveva che “sulla base delle previsioni del budget 2015, ad oggi non si prevedono ulteriori oneri in capo ai soci stessi che potrebbero derivare dall’eventuale procedura di liquidazione”.
Da notare infine, nei debiti, 916 mila euro riferiti alla “emergenza Nepal”: sono la somma di tutte le banconote e monete donate dai visitatori nelle teche installate da Expo in collaborazione con i sindacati per raccogliere fondi per il terremoto del 25 aprile 2015. Fondi che non sono ancora stati donati: “Non essendo pervenuto dal governo del Nepal alcun progetto specifico di ricostruzione in cui far confluire le donazioni raccolte – si legge nella nota integrativa – i sindacati, in qualità di titolari della raccolta e gestori dell’iniziativa, dopo aver vagliato diverse soluzioni, hanno deciso di affidarsi all’ong Save the children come soggetto realizzatore del progetto”. Ma al momento i soldi sono ancora nelle casse di Expo.
fonte: IlFattoQuotidiano