DI TONY CARTALUCCI
journal-neo.org
Quando i gruppi di potere che hanno creato e dirigono il programma della UE entrano in disaccordo con i suoi stati membri, diventa dolorosamente visibile la vera natura di questa organizzazione sovranazionale – un gruppo dittatoriale di potere che persegue cioè delle linee politiche locali dalle quali nessuno dei singoli stati membri trae vantaggio. Ad esemplificare ciò nulla potrebbe risultare meglio della disputa emersa per la realizzazione del gasdotto russo South Stream, pianificato per estendersi attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria e Italia.
Il gasdotto produrrebbe un largo numero di vantaggi per ognuna delle nazioni attraversate, nonché al mercato dell’energia degli Stati che si trovano al suo inizio e fine. Per le popolazioni e i governi di queste nazioni in posizione di maggior beneficio rispetto al gasdotto, l’affare si presenta come un attraente investimento a lungo termine.
Dall’altro lato, però, questo affare rappresenta una minaccia diretta per i gruppi di potere che hanno creato e attualmente comandano la UE: una minaccia ai loro disegni di persistente espansione ed egemonia della finanza d'impresa oltre i confini collettivi dell’attuale UE.
Per la forza dominante, la coesistenza e la collaborazione non sono nemmeno prese in considerazione tra le opzioni possibili, proprio per questo i vantaggi del gasdotto South Stream sfuggono a questa logica. Invece, questi gruppi di potere egemonici cercano di controllare i loro stessi gasdotti e mercati dell’energia da entrambi i lati, e questa tendenza può essere riscontrata su diversi fronti in sviluppo, incluso il progetto del gasdotto Southern Corridor, che avrebbe origine in Azerbaijan lungo il Mar Caspio.
Sinan Ulgen, esperto in tema di energia e politiche estere del think tank Carnegie Europe (e supportato dal Governo degli Stati Uniti e da finanziamenti d’impresa), si è lamentato della disparità di atteggiamento tra la Commissione UE ed altri singoli stati membri UE; nell’articolo della Anadolu Agency (AA) titolato Russian South Stream gas pipeline divides EU”, [“Il gasdotto russo South Stream divide l’Unione Europea”, ndt] dichiara:
“…la maggiore preoccupazione della UE riguardo al South Stream è che il progetto possa incrementare la sua dipendenza dal gas russo. Lo scorso anno un terzo del gas consumato è stato fornito dalla Russia."
Inoltre l’articolo della AA dichiarerebbe:
“Mentre la Commissione Europea si oppone al progetto del gasdotto russo South Stream, alcuni stati della UE come Austria e Italia continuano a supportare apertamente il più costoso progetto di gasdotto al mondo, che mira a trasportare il gas russo bypassando l’Ucraina”.
“Durante gli ultimi due anni la Russia ha siglato accordi bilaterali con Italia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Grecia, Slovenia, Austria e Croazia per la costruzione del gasdotto South Stream, il cui costo è stato stimato essere attorno i 40 miliardi di dollari, secondo il Moscow Times. Gazprom ha recentemente annunciato, tuttavia, che la costruzione della porzione di gasdotto in Italia è stata abbandonata”.
“In Dicembre questi accordi sono stati ritenuti dalla Commissione Europea una violazione della legge anti-trust della UE. E, in Aprile, subito dopo l’annessione della penisola della Crimea da parte della Russia, il Parlamento Europeo ha votato per fermare il progetto del South Stream.”
La AA citerebbe anche un altro think tank supportato da finanziamenti d’impresa, Chatham House – anch’esso a sfavore di quegli stati membri della UE che inseguono i propri interessi in contraddizione con gli ordini della Commissione Europea. La non eletta Commissione Europea sembra che stia perseguendo le proprie mire geopolitiche extraterritoriali a svantaggio di quelle degli stati membri singoli e delle loro rispettive popolazioni. Che i think tank sovvenzionati dalla finanza d’impresa siano focalizzati a “dividere” e caldeggiare il programma della Commissione Europea a discapito di quello dei membri UE singoli rappresenta secondo quanto riportato e mostra totalmente l’Unione Europea per quanto realmente è, ovvero una dittatura sovranazionale non funzionante.
E ciò che viene fatto nel nome della UE dalle sue istituzioni come la Commissione Europea, che a dire il vero non rappresenta i migliori interessi o desideri di chi dichiara di rappresentare, sfortunatamente e forse ingiustamente si riflette sulla UE nel suo insieme. Per esempio, e come parte del dibattito sull’energia, l’attuale supporto da parte della UE al regime che occupa Kiev in Ucraina disonora tutta l’Europa, anche se molti stati tentano di muoversi con cautela o addirittura in opposizione con il programma di più grande raggio che la Commissione Europea e gli altri si stanno prefiggendo.
Mentre la UE si promuove da sola come un baluardo di libertà, stabilità e prosperità, l’immagine che appare sempre di più è quella di un blocco egemonico, che comanda la popolazione europea piuttosto che fingersi un suo rappresentante. Lo slogan “toward a Europe Whole and Free” [“verso un’Europa intera e libera”, ndt] suona vuoto nel momento in cui la Commissione Europea comincia a prescrivere le linee politiche ai singoli stati, limitandone il progresso che produce benefici sia alla singola nazione che al suo popolo.
La UE sotto questa luce appare più come un’unificazione oligarchica e autocratica di potere e risorse locali, non una collaborazione democratica tra nazioni. Uno slogan come “verso un’Europa intera e libera” sembra sì rappresentare l’Europa, ma solo dalla prospettiva dei gruppi di potere che cercano di saccheggiare collettivamente la zona, piuttosto che nazione per nazione. La natura disfunzionale e dittatoriale della Commissione Europea e gli altri apparati all’interno del blocco sovranazionale fungono da esempio ammonitorio per quelle altre nazioni che stanno cercando di costruire le proprie alleanze – dall’asiatica ASEAN-AEC (Asian Economic Community), alle alleanze locali tra Russia, Cina e con nazioni posizionate alla loro periferia.
Alleanze che includono obblighi che usurpano la sovranità nazionale non sono in alcun modo delle alleanze, sono piuttosto delle infiltrazioni egemoniche da parte di lobby che preferirebbero che un villaggio mettesse i propri oggetti di valore in un’unica cassaforte per poterla scassinare e depredare, piuttosto che prendersi il tempo e la fatica di rubare in ogni singola casa. L’Europa deve decidere se continuare lungo una traiettoria di conflitti interni, di presunti rappresentanti UE intenti a corrompere le intere popolazioni, culture e realtà storiche, oppure se riformare la UE nella veste di una istituzione che permetta alla collaborazione e alla sovranità nazionale di esistere in tandem.
Tony Cartalucci, ricercatore e scrittore geopolitico con sede a Bangkok, scrive specialmente per la rivista online “New Eastern Outlook”, dove questo articolo è apparso per la prima volta.
Fonte: http://www.activistpost.com
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