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giovedì 10 ottobre 2013

WTO: Tirchio con i poveri, generoso con i ricchi



di Martin Khor (*)

GINEVRA, ottobre 2013 (IPS) - C'è baruffa nei negoziati del WTO che preparano la Conferenza Ministeriale di Bali, e il conflitto in atto mostra come le regole del WTO per il settore agricolo permettano ai paesi sviluppati di continuare a beneficiare di alti sussidi, penalizzando al contempo i coltivatori dei paesi in via di sviluppo.
La sicurezza alimentare costituisce una delle questioni chiave tra quelle oggetto di negoziato al WTO in preparazione della Conferenza di Bali di dicembre. Per i paesi in via di sviluppo, la sicurezza alimentare e la sopravvivenza dei coltivatori sono le priorità assolute.
Ridurre, e tendenzialmente eliminare la fame nel mondo è uno degliObiettivi di Sviluppo del Millennio (MDG) adottati dai Governi delle Nazioni Unite. Nei negoziati attualmente in corso a New York per la formulazione di questi obiettivi, la sicurezza alimentare, la nutrizione e l'agricoltura costituiscono uno dei principali gruppi di questioni sul tavolo.
Su questo sfondo, è in corso una forte discussione, al WTO, nel quadro dei lavori di preparazione per Bali.
Il Paesi in via di sviluppo che fanno parte del G33 stanno chiedendo che ai loro governi sia consentito di acquistare cibo dai propri piccoli coltivatori e che questi alimenti possano essere stoccati senza incorrere nelle limitazioni e nelle regole disposte dal WTO in tema di sussidi all'agricoltura. Alcuni governi stanno progettando piani di distribuzione gratuita o a prezzi ridotti da meccanismi di incentivazione statale a favore delle famiglie più povere.
Tuttavia, le loro proposte stanno incontrando una forte resistenza, principalmente da parte di alcuni paesi sviluppati, e specialmente gli Stati Uniti d'America, la cui posizione ufficiale è quella per cui simili politiche «creerebbero un enorme circolo vizioso per meccanismi di sussidio potenzialmente illimitati aventi effetti distorsivi sul commercio».
Lo scontro in atto costituisce un esempio lampante di come le regole sull'agricoltura previste dai trattati del WTO favoriscano i paesi più ricchi penalizzando i paesi in via di sviluppo, e specialmente la parte più povera delle loro popolazioni.
E' ben noto che i più grandi meccanismi di distorsione nel sistema degli scambi internazionali si trovano proprio nel settore agricolo. Ciò deriva dal fatto che i paesi più ricchi chiesero, ed ottennero, nel 1950, una forma di esenzione dalle regole introdotte con il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT), ossia l'antesignano dell'attuale WTO.
A tali paesi fu consentito di dare alti sussidi ai propri agricoltori, e di mantenere sistemi tariffari molto alti come barriere alle importazioni. Ciò accadde a scapito dei paesi in via di sviluppo, che in campo agricolo godono di un forte vantaggio competitivo.
Quando il WTO fu fondato, si giunse a un nuovo accordo agricolo che, fondamentalmente, consentì di mantenere questo forte sistema di protezione. I paesi sviluppati furono solamente obbligati a ridurre i loro "sussidi distorsivi" del venti per cento, ma poterono cambiare la natura di tali sussidi, che furono inseriti nella "Green box" che poteva contenere incentivi definiti "non distorsivi o minimamente distorsivi".
Non sono previsti limiti quantitativi per queste tipologie di sussidi. E numerosi studi hanno dimostrato che molti dei sussidi della categoria "Green Box" sono in realtà di carattere distorsivo.
Con questa manovra, i sussidi utilizzati in agricoltura dalle economie più forti sono stati mantenuti, o addirittura sono aumentati. Ad esempio, i dati del WTO dimostrano come gli interventi di supporto al settore agricolo negli Stati Uniti siano cresciuti dai 61 miliardi di dollari del 1995 ai 130 miliardi nel 2010.
Una più ampia modalità di misurazione dei livelli di protezione dell'impresa agricola, nota come "stima del supporto complessivo", che è utilizzata dall'OCSE, mostra come i sussidi all'agricoltura dei paesi membri sviluppati siano cresciuti dai 350 miliardi di dollari del 1996 ai 406 miliardi del 2011.
Gli effetti di queste mai interrotte politiche di sostegno sono stati devastanti, per i paesi poveri. Prodotti alimentari venduti sotto il costo di produzione continuano a inondare i paesi più poveri, spesso mangiandosi redditi e livelli di sussistenza dei produttori e delle famiglie locali. Ironicamente, la maggior parte dei paesi in via di sviluppo sono nella condizione di non poter utilizzare le stesse politiche di sostegno.
La ragione è che le regole del settore agricolo stabiliscono che tutti i paesi siano tenuti a tagliare il livello dei propri interventi di sostegno "distorsivi". Così, se un paese in via di sviluppo non ha mai, in passato, utilizzato lo strumento dei sussidi ai produttori, non gli è consentito di adottarli oggi, se non nel limite di una piccola percentuale (il dieci per cento del valore della produzione agricola totale) noto come il supporto "de minimis". La maggior parte dei paesi in via di sviluppo aveva ben pochi interventi di sostegno - o non ne aveva del tutto - al momento della propria adesione al WTO, data la cronica mancanza di fondi.
Questa è la situazione nel momento in cui la controversia in seno al WTO è sorta. I paesi in via di sviluppo che aderiscono al G33 chiedono che il cibo acquistato dai contadini poveri ed immagazzinato dai governi dovrebbe essere considerato, senza condizioni, come compreso nella "Green box".
Le regole attualmente in vigore stabiliscono delle condizioni inique. Anche se i piani di accumulo di riserve di cibo per scopi di sicurezza alimentare fossero ammessi come compresi nella "Green box", esiste una disposizione che prevede che l'elemento di sussidio presente in una simile politica di acquisto di scorte dovrebbe essere considerato come parte della "misura aggregata di supporto" (AMS) di quel paese. Tale grandezza costituisce la principale categoria di sussidi che i trattati WTO considerano ad effetto distorsivo, e per i quali per la maggior parte dei paesi in via di sviluppo l'ammontare concesso è limitato alla cosiddetta quota "de minimis" pari al dieci per cento della produzione complessiva.
Altre forme di sussidi comprese nel "Green box", incluse quelle che più comunemente vengono utilizzate dai paesi ricchi, non sono soggette a tale limite.
L'iniquità di questa condizione è resa ancora maggiore dal modo in cui gli interventi di sussidio sono misurati nell'ambito degli accordi WTO sull'agricoltura, ossia come differenza tra il prezzo di acquisto dei prodotti e il "prezzo esterno di riferimento".
Il problema nasce dal fatto che il prezzo di acquisto corrisponde al prezzo corrente, mentre il "prezzo esterno di riferimento" è definito come la media dei prezzi a livello mondiale nel biennio 1986/1988 (si tratta del periodo in cui si negoziava il c.d. "Uruguay Round" in vista dell'approvazione definitiva degli accordi del WTO).
Dal 1986/1988, i prezzi del cibo e dei prodotti agricoli, a livello globale e locale, sono cresciuti tremendamente. Il prezzo del 1986/88 è un riferimento obsoleto, e troppo basso per poter essere utilizzato per determinare se un paese in via di sviluppo stia effettivamente fornendo sussidi ai suoi agricoltori.
Tra i paesi che sono oggi a rischio di superamento della soglia di AMS, o del livello massimo della soglia del "de minimis" c'è l'India. Il Parlamento indiano ha appena approvato una legge che dà diritto ai poveri (ossia ai due terzi della popolazione indiana) ad ottenere cibo da un programma di intervento governativo che prevede l'acquisto del cibo dai produttori locali.
Ma la stima di 20 miliardi di dollari che il governo indiano ha in programma di spendere annualmente potrebbe eccedere le soglie AMS e "de minimis", perché l'India, al momento dell'entrata in vigore delle regole del WTO, non aveva in atto programmi di incentivi significativamente grandi.
Altri paesi in via di sviluppo che attualmente forniscono sussidi ai propri agricoltori ed ai consumatori poveri, come Cina, Indonesia e Thailandia, potrebbero anch'essi, un giorno, trovarsi in una situazione di non conformità agli accordi del WTO.
Per i paesi più ricchi, che stanno pagando un totale di 407 miliardi di dollari all'annuo sotto forma di interventi di sussidio ai propri agricoltori, vietare ai paesi più poveri la possibilità di adottare la stessa politica nei confronti dei propri piccoli coltivatori è realmente una delle peggiori forme di discriminazione e ipocrisia.
Che la controversia in atto possa essere risolta in modo equo prima della prossima Conferenza di Bali è tutto da vedere.

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