di Flaminia Camilletti
Le richieste europee arrivate a Gennaio scorso da Bruxelles consistevano nella correzione di 3,4 miliardi per aggiustare i conti pubblici. La manovrina, così l’hanno chiamata, quasi a renderla innocua, vale lo 0,2% del Prodotto interno lordo. L’esecutivo italiano ricevette a inizio anno un vero e proprio ultimatum dalla Commissione europea che subito minacciò di avviare una procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia.
Questo a causa del mancato rispetto della regola sul debito, che, secondo le stime di Bruxelles, senza interventi avrebbe raggiunto il 2,4 % del Pil, superando di due decimale il target concordato a Bratislava ovvero il limite che la Commissione considera come tetto massimo.
Peccato che secondo le ultime stime del FMI (Fondo Monetario Inernazionale) i Paesi con il debito più alto sembrano essere Stati Uniti e Giappone, terza l’Italia e quarta la Gran Bretagna, con la sostanziale differenza che gli unici a continuare con il taglio della spesa pubblica siamo proprio noi italiani, mentre gli altri Paesi citati non godono della nostra stessa pessima fama a quanto pare.
Nella sostanza la manovrina impone diverse correzioni. Innanzitutto si punta sullo split payment per quanto riguarda il contrasto all’evasione che verrà ampliato dal primo luglio anche alle società pubbliche e alle quotate. Aumenterà l’Iva, come confermato anche se in minor peso rispetto alle previsioni, l’aliquota agevolata fissata ad oggi al 10% salirà all’11,5% mentre per l’aliquota ordinaria, oggi al 22%, passerà a ben il 25% nel 2018 per poi salire ancora al 25,4% nel 2019 e poi riscendere al 25% solo nel 2021. Verrebbe da commentare che siamo spacciati. La famosa web tax che veniva paventata invece, non è una vera e propria tassa: consiste infatti in una regolamentazione prevista per le imprese che superano il miliardo di fatturato e che effettuano in Italia operazione superiori a 50 milioni di euro le quali potranno accordarsi con l’Agenzia delle Entrate ed evitare le inchieste della magistratura. A seguito della manovra anche Airbnb e Booking dovranno pagare la cedolare secca del 21%, ed è finita la pacchia anche per tutti quelli che affittano case e camere per uso turistico, che al pari degli alberghi dovranno richiedere la tassa di soggiorno all’affittuario.
Mentre il dopo voucher tanto atteso è infine arrivato. Abolito a Marzo con festeggiamenti annessi dei sindacati, oggi sempre più questi ultimi sembrano aver avuto un ruolo in una strategia che effettivamente ha portato all’abolizione di uno strumento dai mille difetti, ma che forse poteva essere messo come oggetto di voto in un referendum. Oggi di fatto il voucher viene reintrodotto, come era stato ampiamente previsto. Ora si chiamerà “contratto di prestazione occasionale” e consisterà in un nuovo strumento online che potrà essere utilizzato solo dalle aziende con meno di 6 dipendenti e fino ad un massimo di 5000 euro l’anno complessivi, ogni lavoratore potrà essere pagato fino a 2500 euro. In edilizia e appalti questo strumento non potrà essere utilizzato e per le famiglie ci sarà un libretto telematico che potrà prevedere il pagamento di piccoli lavoretti domestici, baby sitting, lezioni private, o l’assistenza domiciliare con un tetto fissato a 2500 euro annui.
Le richieste europee arrivate a Gennaio scorso da Bruxelles consistevano nella correzione di 3,4 miliardi per aggiustare i conti pubblici. La manovrina, così l’hanno chiamata, quasi a renderla innocua, vale lo 0,2% del Prodotto interno lordo. L’esecutivo italiano ricevette a inizio anno un vero e proprio ultimatum dalla Commissione europea che subito minacciò di avviare una procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia.
Questo a causa del mancato rispetto della regola sul debito, che, secondo le stime di Bruxelles, senza interventi avrebbe raggiunto il 2,4 % del Pil, superando di due decimale il target concordato a Bratislava ovvero il limite che la Commissione considera come tetto massimo.
Peccato che secondo le ultime stime del FMI (Fondo Monetario Inernazionale) i Paesi con il debito più alto sembrano essere Stati Uniti e Giappone, terza l’Italia e quarta la Gran Bretagna, con la sostanziale differenza che gli unici a continuare con il taglio della spesa pubblica siamo proprio noi italiani, mentre gli altri Paesi citati non godono della nostra stessa pessima fama a quanto pare.
Nella sostanza la manovrina impone diverse correzioni. Innanzitutto si punta sullo split payment per quanto riguarda il contrasto all’evasione che verrà ampliato dal primo luglio anche alle società pubbliche e alle quotate. Aumenterà l’Iva, come confermato anche se in minor peso rispetto alle previsioni, l’aliquota agevolata fissata ad oggi al 10% salirà all’11,5% mentre per l’aliquota ordinaria, oggi al 22%, passerà a ben il 25% nel 2018 per poi salire ancora al 25,4% nel 2019 e poi riscendere al 25% solo nel 2021. Verrebbe da commentare che siamo spacciati. La famosa web tax che veniva paventata invece, non è una vera e propria tassa: consiste infatti in una regolamentazione prevista per le imprese che superano il miliardo di fatturato e che effettuano in Italia operazione superiori a 50 milioni di euro le quali potranno accordarsi con l’Agenzia delle Entrate ed evitare le inchieste della magistratura. A seguito della manovra anche Airbnb e Booking dovranno pagare la cedolare secca del 21%, ed è finita la pacchia anche per tutti quelli che affittano case e camere per uso turistico, che al pari degli alberghi dovranno richiedere la tassa di soggiorno all’affittuario.
Mentre il dopo voucher tanto atteso è infine arrivato. Abolito a Marzo con festeggiamenti annessi dei sindacati, oggi sempre più questi ultimi sembrano aver avuto un ruolo in una strategia che effettivamente ha portato all’abolizione di uno strumento dai mille difetti, ma che forse poteva essere messo come oggetto di voto in un referendum. Oggi di fatto il voucher viene reintrodotto, come era stato ampiamente previsto. Ora si chiamerà “contratto di prestazione occasionale” e consisterà in un nuovo strumento online che potrà essere utilizzato solo dalle aziende con meno di 6 dipendenti e fino ad un massimo di 5000 euro l’anno complessivi, ogni lavoratore potrà essere pagato fino a 2500 euro. In edilizia e appalti questo strumento non potrà essere utilizzato e per le famiglie ci sarà un libretto telematico che potrà prevedere il pagamento di piccoli lavoretti domestici, baby sitting, lezioni private, o l’assistenza domiciliare con un tetto fissato a 2500 euro annui.
Prima e dopo i voucher
Tra le altre disposizioni si dirà addio alle monetine da 1 e 2 centesimi, la speranza di potergli dare un valore reale in effetti era svanita già dopo i primi mesi di introduzione dell’euro. Novità anche sul fronte Slot, il governo continua a far cassa promettendo però diminuzioni delle stesse: dal primo ottobre, i prelievi sui gratta e vinci, superenalotto e videolottery passeranno dal 6% al 12%, raddoppiando di fatto, ma solo nelle vincite superiori a 500 euro. Il prelievo erariale unico per slot passa dal 17,9% al 19% e per le videolottery dal 5,5% al 6%, il taglio delle slot è fissato al 34% e dovrà avvenire entro aprile 2018. La legge stanzia solo 1 miliardo per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 nelle aree terremotate del centro-Italia, confermando la scarsa predisposizione degli ultimi governi a spendere soldi per il sociale. Sono stabilite inoltre anche le modalità della fusione Fs-Anas: il ministro dell’Economia dovrà trasferire le azioni dell’azienda delle strade alla società ferroviaria «entro trenta giorni dal verificarsi» delle condizioni poste dalla norma stessa al riordino societario.
Tra le ultime novità anche una norma che salva i direttori dei musei: dopo che il Tar ha annullato le nomine dei cinque direttori, la nuova disposizione prevede che nella procedura di selezione internazionale non si applichino i limiti previsti per il lavoro pubblico che impediscono ai cittadini europei di accedere a posti che implichino esercizio diretto o indiretto dei poteri. Di fatto dal 16 Giugno i direttori sono tornati in servizio. Con questa manovra voluta dal Ministro Padoan su imposizione della solita Ue vengono confermate le scarse se non scarsissime disposizioni sulla spesa pubblica, che con questa legge non sono previste affatto. Addirittura si è deciso di spendere pochissimo per la ricostruzione delle aree terremotate che riguardano tutto il centro Italia, non una notizia in merito. L’iva aumenta e di tanto, arrivando ai picchi dei Paesi del Nord che però vantano dei servizi assistenziali che noi ci sogniamo. Stato dove sei?
“Lo stato sociale non è beneficenza, è un diritto. Rende più forte la democrazia ed è anche un elemento di sviluppo economico. È chiaro che mantenerlo e migliorarlo ha un costo, però produce guadagno; smantellarlo, invece, significa finire per spendere molto di più”.
Professor Paolo Leon (Venezia, 26 aprile 1935 – Roma, 11 giugno 2016) è stato un economista keynesiano.
fonte: l'Intellettuale Dissidente
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