di Rossella Guadagnini
Magistrati in politica sì o no? Un tema scottante su cui gli stessi giudici non sono concordi. Ieri, ad esempio, alla giornata di studi “Questioni e visioni di giustizia. Prospettive di riforma”, organizzata dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, i pareri sono stati tre, tutti diversi.
Il primo, quello espresso da Piercamillo Davigo, presidente della II Sessione Penale della Corte di Cassazione, davanti a un pubblico entusiasta, che gli ha tributato nell'Auletta dei gruppi alla Camera molti applausi e una 'standing ovation' per il suo brillante intervento sul “Contrasto alla corruzione: nuovi strumenti di indagine”.
Alla domanda se volesse fare il ministro, ha risposto tranchant : “Non mi interessa la politica. Mi occupo di politici solo quando rubano”.
“Ritengo che la politica sia un’attività nobile ed elevatissima, ma i magistrati per loro conformazione mentale, non sono capaci di prendere voti, di cercare il consenso”.
Il secondo quello di Raffaele Cantone, attuale presidente dell’Anac, che ha ribadito come non si possa “impedire ai magistrati di entrare in politica”, sottolineandone tuttavia gli esiti molto vari. E il terzo parere, infine, possibilista: è stato, a sorpresa, quello di Nino Di Matteo, sostituto procuratore di Palermo. Applauditissimo, con il suo intervento sulle “Nuove prospettive di lotta contro le vecchie e le nuove mafie”, il pm ha mandato in visibilio la platea, in piedi per applaudirlo, alla fine di una manifestazione lunga oltre otto ore, che ha sviscerato i temi cruciali del pianeta giustizia.
Quando, infatti, il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, gli ha rivolto l’unica domanda possibile a causa del poco tempo a disposizione, cioè se lui sarebbe stato disponibile, eventualmente, a fare da tecnico il ministro di Giustizia in un futuro governo, il magistrato ha detto: “Io ministro? Risponderò in questo modo alla sua domanda: per me un magistrato, può fare politica. L'impegno di un pm non mi scandalizza. Ma penso che una scelta di questo tipo debba essere fatta in maniera definitiva e irreversibile, ovvero è incompatibile con la pretesa di tornare poi a fare il giudice”.
“La politica – ha sostenuto Di Matteo – non va criminalizzata. A me spesso è capitato di essere accusato di delegittimarla. Tuttavia, da cittadino, sogno una politica che sia in prima linea nella lotta alla mafia, quella che fu di tanti parlamentari e di Pio La Torre. La questione mafiosa costituisce oggi un gravissimo fattore di condizionamento della democrazia, un’intollerabile violazione dei diritti costituzionali. Ecco perché ritengo che il contrasto alla mafia dovrebbe essere ciò che finora non è stato: il primo obiettivo di ogni governo, di ogni colore e orientamento”.
“Un Parlamento – ha sottolineato ancora il magistrato – che mentre dibatteva sulla decadenza di un membro condannato, si poneva negli stessi giorni il problema di fare norme affinché non fossero candidati i magistrati, sembra lo specchio di un ‘mondo al contrario’”. Perciò è un'iniziativa positiva l’approvazione del codice del M5S, che – richiamandosi all’articolo 54 della Costituzione – richiede di “adempiere alle funzioni pubbliche con disciplina e onore”.
“Per troppo tempo, fingendo di rispettare la presunzione di innocenza, la politica ha sovrapposto due tipi di responsabilità, che sono ontologicamente diversi: la responsabilità penale e quella politica. È grazie a questo meccanismo perverso che si è creata la santificazione di Andreotti, per cui Dell’Utri e Cuffaro sono stati rieletti ed è per questo che Silvio Berlusconi è ancora in grado di ricoprire un ruolo importante nel contesto politico nazionale. Da cittadino, ancor prima che magistrato, questo mi sembra paradossale”.
“Oggi per non tradire la memoria di Giovanni Falcone abbiamo una sola strada che costerà sangue a chi avrà il coraggio di perseguirla: dobbiamo pretendere, noi cittadini, verità e giustizia. Solo così la memoria di Falcone e Borsellino continuerà a vivere oggi. Nei giorni dell’anniversario della strage di Capaci abbiamo assistito al trionfo dell’ipocrisia, alla sterile retorica di chi fingeva di commemorare i morti, dopo averli mortificati da vivi. Mi sono volontariamente astenuto dal partecipare al coro delle dichiarazioni, delle passerelle televisive”.
È stata smentita perciò, a fine giornata, la previsione di Di Maio che aveva detto a margine del convegno, organizzato dal M5S: “Qui, oggi, non reclutiamo ministri”. Mentre in serata ha commentato così le parole di Di Matteo: “Posso solo dire che è una buona notizia. Oltretutto noi non abbiamo ancora individuato il candidato premier, non abbiamo la squadra dei ministri. Ma, a breve, la presenteremo, perché pare che si vada a votare presto”.
Fonte: MicroMega
Il secondo quello di Raffaele Cantone, attuale presidente dell’Anac, che ha ribadito come non si possa “impedire ai magistrati di entrare in politica”, sottolineandone tuttavia gli esiti molto vari. E il terzo parere, infine, possibilista: è stato, a sorpresa, quello di Nino Di Matteo, sostituto procuratore di Palermo. Applauditissimo, con il suo intervento sulle “Nuove prospettive di lotta contro le vecchie e le nuove mafie”, il pm ha mandato in visibilio la platea, in piedi per applaudirlo, alla fine di una manifestazione lunga oltre otto ore, che ha sviscerato i temi cruciali del pianeta giustizia.
Quando, infatti, il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, gli ha rivolto l’unica domanda possibile a causa del poco tempo a disposizione, cioè se lui sarebbe stato disponibile, eventualmente, a fare da tecnico il ministro di Giustizia in un futuro governo, il magistrato ha detto: “Io ministro? Risponderò in questo modo alla sua domanda: per me un magistrato, può fare politica. L'impegno di un pm non mi scandalizza. Ma penso che una scelta di questo tipo debba essere fatta in maniera definitiva e irreversibile, ovvero è incompatibile con la pretesa di tornare poi a fare il giudice”.
“La politica – ha sostenuto Di Matteo – non va criminalizzata. A me spesso è capitato di essere accusato di delegittimarla. Tuttavia, da cittadino, sogno una politica che sia in prima linea nella lotta alla mafia, quella che fu di tanti parlamentari e di Pio La Torre. La questione mafiosa costituisce oggi un gravissimo fattore di condizionamento della democrazia, un’intollerabile violazione dei diritti costituzionali. Ecco perché ritengo che il contrasto alla mafia dovrebbe essere ciò che finora non è stato: il primo obiettivo di ogni governo, di ogni colore e orientamento”.
“Un Parlamento – ha sottolineato ancora il magistrato – che mentre dibatteva sulla decadenza di un membro condannato, si poneva negli stessi giorni il problema di fare norme affinché non fossero candidati i magistrati, sembra lo specchio di un ‘mondo al contrario’”. Perciò è un'iniziativa positiva l’approvazione del codice del M5S, che – richiamandosi all’articolo 54 della Costituzione – richiede di “adempiere alle funzioni pubbliche con disciplina e onore”.
“Per troppo tempo, fingendo di rispettare la presunzione di innocenza, la politica ha sovrapposto due tipi di responsabilità, che sono ontologicamente diversi: la responsabilità penale e quella politica. È grazie a questo meccanismo perverso che si è creata la santificazione di Andreotti, per cui Dell’Utri e Cuffaro sono stati rieletti ed è per questo che Silvio Berlusconi è ancora in grado di ricoprire un ruolo importante nel contesto politico nazionale. Da cittadino, ancor prima che magistrato, questo mi sembra paradossale”.
“Oggi per non tradire la memoria di Giovanni Falcone abbiamo una sola strada che costerà sangue a chi avrà il coraggio di perseguirla: dobbiamo pretendere, noi cittadini, verità e giustizia. Solo così la memoria di Falcone e Borsellino continuerà a vivere oggi. Nei giorni dell’anniversario della strage di Capaci abbiamo assistito al trionfo dell’ipocrisia, alla sterile retorica di chi fingeva di commemorare i morti, dopo averli mortificati da vivi. Mi sono volontariamente astenuto dal partecipare al coro delle dichiarazioni, delle passerelle televisive”.
È stata smentita perciò, a fine giornata, la previsione di Di Maio che aveva detto a margine del convegno, organizzato dal M5S: “Qui, oggi, non reclutiamo ministri”. Mentre in serata ha commentato così le parole di Di Matteo: “Posso solo dire che è una buona notizia. Oltretutto noi non abbiamo ancora individuato il candidato premier, non abbiamo la squadra dei ministri. Ma, a breve, la presenteremo, perché pare che si vada a votare presto”.
Fonte: MicroMega
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