Doveva essere il presidente del popolo contro le banche e si è piegato a tutti i diktat dei creditori. A pochi giorni dall’Eurogruppo che deciderà del nuovo piano di aiuti alla Grecia, la situazione del Paese è disastrosa.
di Lorenzo Vita
Gli uomini seguono soltanto chi regala loro illusioni”. Ci potremmo servire di questa frase lapidaria di Cioran per comprendere in poche parole la parabola discendente di Alexis Tsipras e il suo continuo tentativo di farsi carico dell’oneroso dovere di far finta che la Grecia abbia il potere di dire di no a ciò che la Troika impone.
Giunti al 2017, possiamo purtroppo confermare quanto si poteva già prevedere negli ultimi mesi, o nell’ultimo anno: quella del governo di Syriza è stata una meravigliosa illusione, cui il popolo greco ha deciso di concedere fiducia e riporre le ultime flebili speranze.
Del resto, se gli uomini seguono chi regala loro illusioni, soltanto un grande illusionista poteva servire non soltanto per farsi eleggere ma anche per capovolgere i motivi per cui fu votato e piegarsi a qualsiasi richiesta dei grandi creditori. E Alexis Tsipras, nei giorni di Piazza Syntagma, fu un grande illusionista, un prestigiatore che giocava con le folle, ma che poi, con il tempo, ha finito i trucchi lasciando il suo pubblico ammutolito e affranto.
Iniziò tutto con un voto di protesta, il famoso referendum sul “si” e sul “no” al piano di risanamento greco. Il popolo quel giorno votò NO in massa, probabilmente contro le aspettative dello stesso Tsipras, e la Grecia, illusa ancora, pensava di aver deciso del proprio destino e finalmente dato un colpo di assestamento a tutta la tecnocrazia europea e alla grande finanza mondiale. In quel momento il popolo aveva ancora l’illusione di poter scegliere, ma dovette ben presto fare i conti con la realtà. La realtà fu semplicemente quella di un voto inutile, che anzi, al contrario, consegnò la Grecia nelle mani dell’ira dell’Eurogruppo e della Troika tutta, a quel punto più stizzita da un governo arrogante che impaurita dalla scelta popolare.
Da quel momento, la Grecia di Alexis Tsipras non è stata più la Grecia ribelle che poteva far saltare il banco al Leviatano eurocratico, bensì la Grecia impoverita, disillusa e condanna all’austerità che conosciamo oggi. Quel referendum, terminato con un “no” gridato a gran voce, e il cui effetto fu una sonora pernacchia di risposta da parte dell’Europa, ha definitivamente consegnato al mondo la vera figura di Alexis Tsipras e del suo governo. Si presentò agli elettori dicendo che con quel referendum si sarebbe scelto non solo se rimanere in Europa, ma anche di vivere con dignità, ed è riuscito a rimanere nell’euro e a perdere la dignità.
Da quel momento la sinistra europea ribelle, e tutti coloro che, euroscettici, vedevano in Syriza il faro tra le tenebre, si sono dovuti svegliare dal grande illusionismo. Alexis Tsipras non era più il paladino della giustizia sociale europea, il campione dei popoli in lotta, ma il volto edulcorato e sognatore della sinistra pieghevole e rispettosa dei dettami di Bruxelles e Washington, nient’altro che quello. Ed è così che iniziato la sua politica di tagli al sociale, dettati punto su punto dai grandi creditori, la sua politica di vendita di beni pubblici per far fronte al debito pubblico, la sua politica di tassazione sempre più elevata nei confronti della classe media. Ed è così che la Grecia ha conosciuto il vero volto del partito che aveva condotto al potere pochi mesi prima.
La Grecia di oggi è in sostanza tutto il contrario di quanto sognato durante le gradi rivolte degli anni scorsi, ed è tutto il contrario di quanto agognato dalla sinistra europea, italiana in primis, quando le urne greche innalzarono Alexis Tsipras alla guida di Atene. La Grecia di oggi è semplicemente il volto di cosa significhi essere obbligato a rimanere in Europa: ovvero essere costretto a rimanere nei rigidi parametri imposti dalla BCE e dal FMI, ma anche illuso di poter contare qualcosa e di correggere il tiro per la cosiddetta giustizia sociale. Tutto questo, però, con due costanti, che flagellano comunque il popolo ellenico: la crisi e il malcontento.
“Quella del governo di Syriza è stata una meravigliosa illusione, cui il popolo greco ha deciso di concedere fiducia e riporre le ultime flebili speranze”
I dati macroeconomici e sociali del Paese sono infatti tutt’altro che rosei. La disoccupazione continua ad esistere con numeri davvero allarmati, in cui almeno un quarto della popolazione greca è senza lavoro, quantomeno senza un lavoro dignitoso, mentre la popolazione dei giovani, degli under-35, ha un tasso di disoccupazione che si assesta imperterrito sopra il 40%. I salari sono bassi, nonostante le riforme per alzare di qualche spicciolo i salari minimi garantiti. Le tasse aumentano, con un impoverimento della classe media che induce a rivedere al ribasso le stime di crescita del mercato interno greco. I pensionati, molti e anche giovani a causa delle precedenti errate riforme del lavoro pre-crisi, vedono continuamente tagliate le loro entrate e scendono continuamente in piazza, devastati da tagli che non permettono di vivere una vita degna di questo nome. I sindacati continuano la loro rivolta, che ormai non è più una rivolta contro il governo X o il governo Y, ma è diventata presidio permanente contro riforme che stanno falcidiando la classe lavoratrice e dei piccoli imprenditori greci.
L’aumento delle tasse, purtroppo, non va minimamente ad incidere sulla situazione dei servizi pubblici che anzi, continuano ad essere oggetto di attacchi da parte del governo, su iniziativa della Troika. Gli ospedali sono ormai al collasso, rendendo di fatto difficile qualsiasi cura per il cittadino greco medio. Chiudono gli ospedali periferici, collassano gli ospedali delle grandi città, tagliano il personale, tagliano i soldi, aumentano il costo dell’accesso alle cure. I medici non vengono assunti, chi va in pensione non viene rimpiazzato. I giovani medici fuggono all’estero, perché sanno che non avranno lavoro nel loro Paese.
L’emigrazione, altro gravissimo colpo all’economia greca dovuto ad anni di crisi e mancanza di creazione di posti di lavoro, oltre che di impossibilità a fare impresa nel Paese.
I dati macroeconomici e sociali del Paese sono infatti tutt’altro che rosei. La disoccupazione continua ad esistere con numeri davvero allarmati, in cui almeno un quarto della popolazione greca è senza lavoro, quantomeno senza un lavoro dignitoso, mentre la popolazione dei giovani, degli under-35, ha un tasso di disoccupazione che si assesta imperterrito sopra il 40%. I salari sono bassi, nonostante le riforme per alzare di qualche spicciolo i salari minimi garantiti. Le tasse aumentano, con un impoverimento della classe media che induce a rivedere al ribasso le stime di crescita del mercato interno greco. I pensionati, molti e anche giovani a causa delle precedenti errate riforme del lavoro pre-crisi, vedono continuamente tagliate le loro entrate e scendono continuamente in piazza, devastati da tagli che non permettono di vivere una vita degna di questo nome. I sindacati continuano la loro rivolta, che ormai non è più una rivolta contro il governo X o il governo Y, ma è diventata presidio permanente contro riforme che stanno falcidiando la classe lavoratrice e dei piccoli imprenditori greci.
L’aumento delle tasse, purtroppo, non va minimamente ad incidere sulla situazione dei servizi pubblici che anzi, continuano ad essere oggetto di attacchi da parte del governo, su iniziativa della Troika. Gli ospedali sono ormai al collasso, rendendo di fatto difficile qualsiasi cura per il cittadino greco medio. Chiudono gli ospedali periferici, collassano gli ospedali delle grandi città, tagliano il personale, tagliano i soldi, aumentano il costo dell’accesso alle cure. I medici non vengono assunti, chi va in pensione non viene rimpiazzato. I giovani medici fuggono all’estero, perché sanno che non avranno lavoro nel loro Paese.
L’emigrazione, altro gravissimo colpo all’economia greca dovuto ad anni di crisi e mancanza di creazione di posti di lavoro, oltre che di impossibilità a fare impresa nel Paese.
“La Grecia di oggi è in sostanza tutto il contrario di quanto sognato durante le gradi rivolte degli anni scorsi, ed è tutto il contrario di quanto agognato dalla sinistra europea, italiana in primis, quando le urne greche innalzarono Alexis Tsipras alla guida di Atene”
Il popolo greco non solo invecchia, ma vede fuggire il suo futuro e con esso la forza motrice che in teoria sarebbe in grado di smuovere le paludi di un Paese completamente fallito e condannato a un lento ed inesorabile declino. E mentre i giovani fuggono, molti universitari tentano la via del successo altrove, consci che nel loro paese non c’è futuro, e a volte completamente disillusi e frustrati dalla mancanza di alternative, la vita dei giovanissimi greci non è certamente migliore, con le scuole al collasso, i servizi dedicati ai giovani ormai completamente recisi dalla crisi e dai tagli al sociale, e un continuo logorio di iniziative per dare un futuro a coloro che sono il futuro della Grecia.
A questo quadro, non si può infine non fare riferimento a quel fenomeno enorme, gigantesco e drammatico dei profughi che solcano le strade di Grecia per giungere in Europa centrale. La Grecia è diventata una centrale di sosta e smistamento di nuovi schiavi costretti a rimanere per mesi in un Paese devastato come quello greco perché impossibilitati a giungere nelle loro destinazione. Con la chiusura del confine macedone e con i gravi problemi di ordine pubblico nei paesi balcanici, sono molti i profughi ad attendere per mesi nei campi allestiti in tutto il territorio, portando con loro drammi che si sommano a quelli del popolo greco. La fame, la mancanza di denaro, l’impossibilità di ricevere aiuto dallo Stato sono tragedie che il fiume di clandestini che scorre attraverso il paese deve condividere con i cittadini che da anni vivono nell’indigenza e stremati da anni di crisi senza fine.
Il popolo greco non solo invecchia, ma vede fuggire il suo futuro e con esso la forza motrice che in teoria sarebbe in grado di smuovere le paludi di un Paese completamente fallito e condannato a un lento ed inesorabile declino. E mentre i giovani fuggono, molti universitari tentano la via del successo altrove, consci che nel loro paese non c’è futuro, e a volte completamente disillusi e frustrati dalla mancanza di alternative, la vita dei giovanissimi greci non è certamente migliore, con le scuole al collasso, i servizi dedicati ai giovani ormai completamente recisi dalla crisi e dai tagli al sociale, e un continuo logorio di iniziative per dare un futuro a coloro che sono il futuro della Grecia.
A questo quadro, non si può infine non fare riferimento a quel fenomeno enorme, gigantesco e drammatico dei profughi che solcano le strade di Grecia per giungere in Europa centrale. La Grecia è diventata una centrale di sosta e smistamento di nuovi schiavi costretti a rimanere per mesi in un Paese devastato come quello greco perché impossibilitati a giungere nelle loro destinazione. Con la chiusura del confine macedone e con i gravi problemi di ordine pubblico nei paesi balcanici, sono molti i profughi ad attendere per mesi nei campi allestiti in tutto il territorio, portando con loro drammi che si sommano a quelli del popolo greco. La fame, la mancanza di denaro, l’impossibilità di ricevere aiuto dallo Stato sono tragedie che il fiume di clandestini che scorre attraverso il paese deve condividere con i cittadini che da anni vivono nell’indigenza e stremati da anni di crisi senza fine.
La Grecia di Alexis Tsipras si avvicina così alla fatidica data del 20 febbraio 2017, quando l’Eurogruppo si riunirà e dovrà decidere il da farsi su come bloccare i finanziamenti per il nuovo piano di salvataggio per la Grecia., richiesto dai creditori internazionali e che lascia perplessi in sede FMI. La Germania è stata implacabile nelle parole del suo ministro Schauble che, intervistato al riguardo, ha sentenziato che la Grecia non ha rispettato gli accordi. Ma ci si può domandare quanto possano significare le parole di un ministro tedesco, di fronte alla sofferenza atroce di un popolo guidato da un pifferaio magico che ha perso da tempo il suono con cui illudeva la sua gente.
fonte: l'Intellettuale Dissidente
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