La notte dei lunghi coltelli non è ancora finita, modulata in più sequenze prima sul palco del teatro Vittoria di Roma, dove è andata in onda in diretta la prima puntata di “The Scission’s day” … poi all’Assemblea Nazionale di domenica … l’avevano ribattezzata la kermesse dei tre tenori della minoranza dem (Enrico Rossi, Roberto Speranza e Michele Emiliano), però alla fine si è sentito un unico assolo: quello di Michele Emiliano, data la dialettica da fagiani morti degli altri due.
Il governatore della Puglia, tutto concretezza e cozze pelose, si è rivelato l’oratore che più degli altri sa accendere il pubblico, lo fa sognare, lo fa piangere, proponendo una possibile palingenesi alla ricerca degli atavici valori di un partito, che ormai rappresenta soltanto l’evoluzione postmoderna del PCI, e si riduce miseramente ad un ectoplasma nato ibrido e incapace di raccogliere le sfide del presente, operando sulla società secondo politiche plurali, laiche e democratiche.
Sempre Emiliano, dopo aver incontrato i congiurati, Roberto Speranza ed Enrico Rossi, chiede a Renzi di fermarsi, la stessa richiesta che fa Andrea Orlando, regolando i conti nei Giovani turchi e schiacciando la minoranza filo-renziana di Orfini.
La stessa richiesta del resto di Piero Fassino, che auspica un rallentamento della corsa verso il congresso lampo per disinnescare la scissione. Ma anche Franceschini è preso dalla stessa paranoia, e spinge poi l’ex premier a riflettere: «Tanto le elezioni a giugno non ci saranno, e forse neanche a settembre. Valuta tu se è il caso di insistere subito con un congresso che inizia con un pezzo del partito che se n’è già andato».
Intanto D’Alema dal palco sembra dare l’impressione di essere già oltre: «I partiti sono diventati tutti delle macchine elettorali asfittiche. Quando c’ero io il mio partito aveva 600mila iscritti, poi ci siamo uniti per fare un partito più grande, ora siamo 180mila. Vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Il contenitore deve avere un buco».
Poi è proprio Matteo Renzi a proporre una forte mediazione: congresso nei prossimi mesi e silenziatore sulla data delle elezioni. La bufera del 4 dicembre sgronda con affanno, ed esige una nuova legittimazione del popolo piddino, date le nuove sciagure in agenda: babbo Renzi indagato per gli appalti truffa della Consip, l’affare Monte dei Pacchi da sbrogliare, una nuova manovra correttiva ad aprile, i rilievi mossi da Bruxelles a cominciare da quello sul «debito» e sui «fattori rilevanti» (bassa crescita, deflazione ecc.) che gravano sullo scostamento dai target.
Ma l’ex premier sembra avere in programma solo lo sprint delle primarie, quando sul suo blog lancia un primo appuntamento in un luogo simbolo per il Pd, il Lingotto di Torino, dove dieci anni or sono Walter Veltroni partorì la prima candidatura nel congresso fondativo del partito.
«Per prepararci a vivere il congresso non come scontro sulle poltrone, ma come confronto di idee, ho bisogno del vostro aiuto. Intanto sui progetti per il futuro dell’Italia, dal 10 al 12 marzo con gli amici che sosterranno la mozione congressuale ci vedremo a Torino, al Lingotto. Nel luogo dove nacque il PD a fare … Ma anche a fare le pulci all’azione di governo di questi tre anni per costruire il prossimo programma. Cosa ha funzionato, cosa no. Una discussione vera, senza rete. Su ambiente, cultura, scuola, lavoro, università, sanità, infrastrutture, tasse, giustizia e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Venite al Lingotto, se potete».
Il Partito Democratico era nato nel lontano ottobre 2007, dalla malsana confluenza kattocomunista (Margherita-PCI), una sorta di spurio politico, immediatamente rispondente al neoliberismo dilagante, contenente nel suo manifesto augurale una spiccata e confusa confluenza di riformismo, europeismo, socialismo, democrazia e progresso. Forse pura illusione, certamente un aborto molto distruttivo verso il benessere degli italiani, i risparmi delle famiglie (le più ricche d’Europa, perché proprietarie per l’80% delle loro abitazioni) … distruttivo verso la produzione industriale con l’adozione dell’euro e verso l’occupazione, con il dumping salariale indotto dalle politiche dei trattati capestro, Jobs Act, immigrazione selvaggia.
Dopo il vertice notturno di San Valentino al Nazareno per fingere di mediare, Matteo Renzi perseverava nella finzione di voler ricucire, in realtà il suo progetto prevede proprio la scissione del partito, per trasformare la decennale mutazione genetica del PCI, da partito dei lavoratori italiani, col simbolo “falce e martello”, a quello del neoliberismo finanziario, secondo il modello di Tony Blair, col simbolo dell’euro, non una moneta, ma un progetto politico distruttivo del benessere e della pace sociale.
Un weekend carnevalesco, la sceneggiata patetica di un comitato d’affari che non ha più alcun contatto con la società civile, ma divenuto vassallo dei poteri finanziari, agisce alle dirette dipendenze della Troika. L’euro e l’Europa sono stati una disgrazia, nonostante ciò gli officianti del Partito dei Banksters non cessano di esaltare il sogno europeista, come fosse l’unica aspirazione di un’Italia che ha visto calpestare diritti, redditi, occupazione e dignità.
Emiliano appare particolarmente impegnato nel cercare un compromesso, del tutto diverso da D’Alema, che da tempo teorizzava e praticava la rottura, così da indebolire il leader del Pd e garantire alla «ditta» un ruolo che nel partito aveva ormai perso.
Mentre i sondaggi mainstream tutti taroccati oscurano il collasso del partito, colpito a morte dai nuovi populismi, inevitabilmente i vertici stanno tentando di rimescolare le tessere del puzzle, per poter mantenere il potere. Le scissioni non sono presagio di morte, ma di metamorfosi politica, il Pd di Renzi, anche se ridotto, potrà così governare la solita ammucchiata di partitini di centro sinistra, del resto lo stesso schema metrico che usava il Berlusca negli anni d’oro della sua arrampicata al potere.
Non importa se il partito ha portato l’Italia nella più nera recessione, fregandosene alla grande degli alti tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, della chiusura di molte aziende, della delocalizzazione delle industrie, della perdita di un quarto del comparto industriale del Paese, della continua riduzione del welfare. Da quando sono iniziate le riforme liberiste, le privatizzazioni, lo smantellamento del Settore Pubblico e la progressiva demolizione delle Istituzioni Italiane nate nel Dopoguerra, l’Italia è all’ultimo posto mondiale per risultati di crescita. E Renzi non è che l’ultimo anello della catena di progetti politici volutamente fallimentari.
Ma le cause profonde vengono da lontano. Dopo la caduta del muro di Berlino, il capitalismo trionfava sul comunismo, dimostrando che la “fine della storia” prospettata da Francis Fukuyama non era che un bluff alla ricerca di nuovi nemici. L’Italia cresceva non solo per l’esigenza della ricostruzione post bellica, ma anche perché il capitalismo in quel momento si alimentava di produzione, quindi pretendeva quadri dirigenziali, welfare e settore pubblico, per i propri profitti, ora invece il capitalismo trae linfa vitale dalle rendite finanziarie, specula in borsa e sui Btp, dunque non ha più bisogno di welfare e della piena occupazione.
La stessa Costituzione Italiana, nata dal compromesso ideologico tra Dc e PCI, forgiava l’ossatura politica, economica e sociale dell’Italia del dopoguerra, sostenendo la nascita di un capitalismo produttivo di stato, che avrebbe garantito posti di lavoro e ricchezza della nazione, favorito inoltre da una moneta sovrana e libera dal debito, che avrebbe aumentato anche il benessere e il risparmio delle famiglie.
Il Pd ha sempre abbracciato l’idea di questa Europa antidemocratica, dove la nuova Germania unificata, più grande territorialmente e più forte, iniziava grazie al cambio fisso a perseguire una politica germanocentrica, molto pericolosa per i famigerati Piigs. Un’Europa mostruosa, un’idra deforme dominata politicamente e militarmente della testa americana ed economicamente dalla pancia tedesca.
Emiliano punta alla segreteria e divergendo dagli scissionisti potrebbe tentare una scalata solitaria contro Renzi, una una sorta di sceneggiata alle cozze pelose, dal titolo «Renzi, restiamo insieme per sempre, fraternamente! Io mi fido del mio segretario!» Insomma un giorno da rivoluzionario e 1000 da pecora, una giravolta spaziale che manco Goldrake o Jeeg Robot d’acciaio.
Un Partito Democratico al collasso, nonostante i media raccontino lucciole, con una struttura ormai totalmente liquida e in via di mutazione connaturale nel partito personale di Renzi, si è accorto solo ora dell’emorragia di consensi e sta cercando di correre ai ripari … una sorta di rimescolamento delle carte, fatto da bari esperti dell’inganno a scapito dei tanti cittadini ignari e ingenui, per salvare il salvabile.
Serve un cambio della guardia, più in termini cosmetici che strategici, Pisapia incoronato come nuovo federatore del centro-sinistra, rende bene l’idea dei valori sociali sostenuti in tema di lavoro e precarietà, dimenticando il suo passato di portatore insano del modello Expo.
Proprio il problema più rilevante che interessa il futuro dei giovani, che per l’81% ha votato NO al referendum, rimarcando in maniera eclatante l’enorme distanza tra le fasce giovanili della popolazione e questo partito sedicente di sinistra, che sembra odiarle, se ricordiamo le stupide dichiarazioni del ministro Poletti, riguardo alla fuga dei giovani all’estero «I giovani italiani vanno all’estero? Alcuni è meglio non averli tra i piedi».
Fuga dei cervelli in cambio del rimpatrio di sistemi privatistici del welfare, come nel marzo 2016, quando l’allora premier Matteo Renzi, durante il suo viaggio negli Stati Uniti, firmava a Boston un Memorandum of understanding con l’Ibm, corporation americana che farà sorgere a Milano – sull’area Expo, accanto all’ipotizzato polo di ricerca Human Technopole – un suo centro europeo, con investimenti per 150 milioni di dollari.
Quello che non si dice è che lo sbarco di Ibm è subordinato alla consegna a Ibm dei dati sanitari degli abitanti della Lombardia, una delle regioni più ricche d’Europa. Sono le cosiddette “Protected Health Information”, che includono “i dati dell’assistenza sanitaria”, le “cartelle cliniche personali”, le “informazioni fiscali nominative o anonimizzate”. Ibm potrà venderli alle industrie sanitarie o alle compagnie d’assicurazione. Cedendo all’azienda americana i “diritti all’uso per la memorizzazione ed elaborazione di tali dati a fini progettuali, una sorta di Grande Fratello della Sanità Privata. (Gianni Barbacetto)
Poi c’è Mps, e D’Alema che rigira il coltello nella piaga «Pd contro pubblicazione lista debitori? Mi vergogno di avere tessera» … «Le risorse per l’occupazione giovanile sono 15 volte più basse di quelle usate per ricapitalizzare Mps. Il Parlamento ha votato per non pubblicare le liste dei debitori, ricchi signori che non hanno restituito i soldi. Compreso il mio partito, di cui ho la tessera in tasca, con un qualche sentimento di vergogna».
fonte: ComeDonChiscotte
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