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giovedì 30 aprile 2015

Un Primo Maggio orfano dell'Art.18, un fardello che per sempre segnerà il Sindacato

di Giorgio Cremaschi

Questo Primo Maggio sarà senza l'articolo 18. Basterebbe questa constatazione per sottolineare che ogni vuota e retorica celebrazione della ricorrenza, ogni sanremese Concertone, sono oramai totalmente fuori contesto. Il Primo Maggio è nato come data di lotta e ora torna ad esserlo. Giornata di lotta per i tanti lavoratori che rischiano i diritti, il salario o il proprio lavoro, ultimi quelli della Whirpool e dell'Auchan, che il Primo Maggio saranno costretti a lavorare in attesa di essere licenziati.

Questo Primo Maggio sarà prima di tutto una giornata di lotta contro il governo. Renzi ha dimostrato quanto fosse vera l'affermazione di Giuseppe Di Vittorio che la Costituzione doveva entrare nelle fabbriche per realizzarsi davvero. Completando l'opera avviata dal suo grande sponsor Marchionne e dai suoi predecessori, l'attuale presidente del consiglio con il Jobs Act ha definitivamente abolito ogni libertà di chi lavora e garantito all'impresa un potere assoluto di stampo medievale. Reduce da questo successo, il governo ha quindi iniziato a procedere allo smantellamento anche della costituzione formale, dopo aver cancellato quella reale. L'Italicum e le altre riforme cancellano l'equilibrio tra i poteri previsto dalla nostra Carta e creano la figura di un capo del governo padrone assoluto delle istituzioni del paese. Si chiude così il cerchio, dalla fabbrica, alla società, alle istituzioni.

mercoledì 29 aprile 2015

Ma cosa deve ancora succedere,....

di Marco Travaglio.

Ma che cosa deve ancora accadere perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ritrovi la favella? 
Le scene di ieri a Montecitorio parlano da sole. 
Un'aula ridotta a bivacco di manipoli, o di ridicoli, da un governo che espropria definitivamente il Parlamento del suo potere di legiferare, imponendo la fiducia su se stesso per far passare una legge elettorale di squisita competenza parlamentare. 
Una presidente della Camera, brava donna per carità, ma palesemente inadeguata al ruolo, che assiste impassibile ai funerali dell'istituzione che presiede e inghiotte supinamente il diktat di Palazzo Chigi, terrorizzata dai giannizzeri governativi pronti a fare con lei ciò che han già fatto con i parlamentari disobbedienti, destituendo prima al Senato e poi alla Camera chiunque si mettesse di traverso sulla strada del premier padrone. E invoca, con voce monocorde e burocratica, "i precedenti"Ci sono sempre dei precedenti, nella patria di Azzeccagarbugli
È vero, la ministra Boschi non è la prima a imporre la fiducia su una legge elettorale: prima di lei l'avevano già fatto il ministro dell'Interno Mario Scelba nel 1953 sulla cosiddetta "legge truffa"(un bijou di democrazia, al confronto dell'Italicum) e il governo Mussolini nel 1923 sulla legge Acerbo (questa sì, degna progenitrice dell'Italicum).   




martedì 28 aprile 2015

“Varoufakis dilettante? Ministri Ue veri incompetenti”

di JAMES GAIBRAITH 

La stampa italiana ha ripreso ieri, acriticamente, la notizia che i ministri europei, riuniti a Riga, hanno definito un "dilettante" Yanis Varoufakis, ministro della Grecia. Un vero economista replica ai cialtroncelli della UE. La Repubblica, 26 aprile 2015
«Quello che è successo a Riga è surreale. Ma chi sono questi signori che si permettono di dare del dilettante a Varoufakis? Chi è questo Djisselbloem, i ministri austriaco, maltese, sloveno, slovacco? Solo politici preoccupati del loro destino personale in patria, per lo più esponenti della destra estrema in coalizioni di centrodestra, oppure terrorizzati che a casa loro accada qualcosa di simile all’ascesa di Syriza. Magari in Spagna o Portogallo, Paesi dove si sta per votare».
James Galbraith, economista della Texas University di Austin, proprio non ci sta a vedere vilipeso e offeso di fronte a tutta Europa il suo compagno di istituto e grande amico Yanis Varoufakis.
«Ma lo sanno che è uno dei migliori economisti del nostro tempo, loro che preparazione economica ne hanno zero? E che ha il solo torto, lui che era bandito dai talk-show politici in patria fino a poco tempo fa per ragioni politiche, di essersi messo al servizio del suo Paese per cercare di salvarlo dal naufragio dopo decenni di gestione, quella sì, incompetente e corrotta?»
Però anche il ministro italiano Padoan, che non può essere certo accusato di essere un politico attaccato alla poltrona, ha accusato il governo di greco di tattiche dilatorie…

«Padoan è una persona troppo preparata e raffinata per non rendersi conto che bisogna dare un po’ di tempo alla Grecia. Io ho lavorato molto nelle passate settimane con Varoufakis e sono il primo ad ammettere che non tutti i documenti sono perfezionati, non tutte le tabelle sono complete in ogni loro parte, posso anche riconoscere che c’è qualche ritardo nelle traduzioni in inglese e francese dei testi. Ma bisogna rendersi conto che si tratta di riscrivere completamente le regole economiche con buon senso, ponderatezza, precisione. Su materie cruciali come stipendi, pensioni, privatizzazioni, evasione fiscale, corruzione, tasse. Il 20 febbraio a Bruxelles alla firma del preaccordo si era detto che il lavoro doveva essere completo per fine maggio: che senso ha ora, più di un mese prima, alzare così i toni? Solo per spaventare i mercati, o per riaffermare antiche gerarchie di potere in Europa? O forse non si vuole accettare il fatto che queste regole la Grecia ha deciso di scriverle da sola senza accettare quelle preparate dalla Troika o qualcosa di simile?».

Renzi è ai limiti del colpo di Stato. Intervenga Mattarella

di Aldo Giannuli.

La vicenda della legge elettorale sta andando oltre ogni limite costituzionale. Un Parlamento eletto grazie ad un sistema elettorale incostituzionale e nel quale quasi un quinto degli eletti ha cambiato bandiera, sta per varare una legge elettorale che ha gli stessi difetti di incostituzionalità.
Per di più questa è opera di un solo partito che, grazie al premio di maggioranza ed ai cambi di casacca, ha trasformato il suo 25% in una probabile maggioranza di seggi, che non si capisce chi rappresentino, anche perché una parte importante dei deputati di quello stesso partito è contraria e gli elettori avevano votato per quelli che oggi sono in minoranza.
Già questo è un quadro di totale anomalia, che segnala la degenerazione autoritaria delle nostre istituzioni.
Per di più, lo spirito della Costituzione (art. 72) vorrebbe che le leggi elettorali fossero terreno di prevalente -se non esclusiva- competenza parlamentare e non governativa, ed il costume costante, nella storia repubblicana, è stato sempre quello di lasciare la massima autonomia ai gruppi parlamentari su questo tema. E si suppone che, in una materia tanto delicata, sia auspicabile lasciare ai parlamentari massima libertà di voto.

lunedì 27 aprile 2015

INCREDIBILE: LO STATO ITALIANO SCOMMETTE IN DERIVATI E PERDE 42,6 MILIARDI

DI LEONARDO MAZZEI
sollevazione.blogspot.it

Solo negli ultimi 4 anni il debito pubblico italiano è salito di 16,95 miliardi di euro per le scommesse perse sui contratti derivati compiute dal Ministero dell'Economia nelle bische del capitalismo-casinò.
C'è di peggio: le perdite future sono ad oggi calcolate in 42,06 miliardi (fonte: il Sole 24 Ore). Perché queste scommesse? Perché queste perdite? Chi sono gli scommettitori? Qual è il volto dei biscazzieri?
Immaginate quanti posti di lavoro si sarebbero potuti costruire con 42,6 miliardi, e quanti tagli alla spesa sociale e sacrifici dei cittadini evitare!( video Report Fidati di Mef )


Spesso si parla dello Stato biscazziere, colui che gestisce il gioco d'azzardo nazionale traendone benefici economici non piccoli. Ma c'è anche un altro Stato, quello che nella bisca ci va come un giocatore qualunque per farsi spennare dal biscazziere di turno. In questo caso la bisca è quella globale del capitalismo-casinò, mentre il biscazziere è normalmente un signore ben vestito che rappresenta gli interessi di qualche grande banca d'affari, solitamente americana. 

domenica 26 aprile 2015

Gli schiavisti sono tra noi

di Giorgio Cremaschi

Il film "Amistad" di Spielberg, che narra la storia vera di schiavi ribellatisi su una nave ai propri negrieri e finiti così negli Stati Uniti, si conclude con il bombardamento da parte della flotta britannica del forte schiavista di Lomboko, sulle coste dell'attuale Sierra Leone. Magari questa storia del primo 800 avrà ispirato Matteo Renzi e quanti nella UE pensano di affrontare le migrazioni con il bombardamento dei barconi, ma è proprio la falsità e la malafede del paragone a definire tutta l'infamia di questa intenzione.

Nel 1839 gli africani della nave Amistad erano stati rapiti e consegnati ai mercanti di schiavi europei, molti gli italiani tra questi, per essere trasportati e venduti nel sud degli Stati Uniti. La loro ribellione li fece approdare al Nord ove, dopo un celebre processo, furono liberati. Essi allora chiesero e ottennero di essere riportati in Africa.

sabato 25 aprile 2015

Quell'America che attraverso la Nato gestisce l'Europa e ci porterà in guerra

di Pino Cabras.

Bastano undici minuti e mezzo per capire cos'è in questo momento l'imperialismo nordamericano. Non dico altro: spendete questa piccola porzione della vostra esistenza,guardate questo video tradotto da Pandora TV per accorgervi alla fine di saperne di più senza troppe mediazionigiornalistiche, ascoltando tutto dalla viva voce di George Friedman, il capo della Stratfor, un'influente società privata di spionaggio legata a doppio filo con il complesso militare-industriale USA.


venerdì 24 aprile 2015

Fa crollare l’Italia, poi se la compra. Ma chi è BlackRock?

Faccio scoppiare l’Italia con la crisi dello spread, la costringo a svendere i gioielli di famiglia e quindi arrivo io, col portafogli in mano, pronto a rilevare a prezzi stracciati interi settori vitali dell’economia italiana, messa in ginocchio dalla manovra finanziaria. Secondo “Limes”, l’architetto supremo del complotto non è la Germania, ma il colossale fondo d’investimenti statunitense BlackRock, azionista rilevante della Deutsche Bank che nel 2011, annunciando la vendita dei titoli di Stato italiani, fece esplodere il divario tra Btp e Bund causando la “resa” di Berlusconi e l’avvento di Monti, l’emissario del grande business straniero. La rivista di Lucio Caracciolo, riassume Maria Grazia Bruzzone su “La Stampa”, ha messo a fuoco un po’ meglio le dimensioni, gli interessi e il vero potere del primo fondo d’investimenti mondiale, fattosi sotto con l’ascesa di Renzi a Palazzo Chigi, dopo che ormai il Pil italiano era stato letteralmente raso al suolo dai tecnocrati nostrani, in accordo con quelli di Bruxelles. Il “Moloch della finanza globale” vanta la gestione di 30.000 portafogli, per un totale di 4.650 miliardi di dollari: non ha rivali al mondo ed è una delle 4-5 “istituzioni” che ricorrono tra i maggiori azionisti delle banche americane.

giovedì 23 aprile 2015

Troppi dipendenti pubblici? E’ una leggenda metropolitana

I dipendenti pubblici italiani? Sfaticati e inefficienti. Ma soprattutto: troppi. Quella dell’ipertrofia del pubblico impiego è una delle più tenaci leggende metropolitane sul sistema italiano. Resiste a ogni stagione politica, nonostante le evidenze che la smentiscono. Impietosi i dati forniti dall’Eurispes, che risalgono all’autunno 2014: insieme alla sola Germania, l’Italia è il paese europeo con il minor numero di dipendenti pubblici, in proporzione agli abitanti. Si calcola che bisognerebbe assumerne almeno 200.000, e subito, tra Comuni, scuole, ospedali. Ma i vari governi non sono mai di questo avviso: preferiscono tagliare, lasciando ovviamente inalterate le super-retribuzioni dei massimi dirigenti, cinghia di trasmissione dell’élite che da decenni continua a smantellare la struttura pubblica e la sua capacità di erogare servizi vitali per il cittadino. Ovvia, quindi, la scure di Renzi, che dietro al verbo “sburocratizzare” nasconde la volontà di colpire i lavoratori per tagliare ulteriormente il settore, già oggi tra i più “magri” d’Europa, con appena 58 impiegati ogni mille abitanti, contro i i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito e i 65 della Spagna.

mercoledì 22 aprile 2015

Mentono e vi derubano ogni giorno, e voi gli credete ancora?

I dati forniti dall’Istat smentiscono l’interessato ottimismo sparso a piene mani dal premier Matteo Renzi e dal suo ministro del lavoro Giuliano Poletti. La disoccupazione, con buona pace del Jobs Act, continua ad aumentare, mentre la crescita resta un miraggio. Da quasi quattro anni, dall’arrivo cioè di Mario Monti sul trono d’Italia, i grandi media annunciano senza sosta l’imminente ripresa di un’Italia sempre più povera, stanca e sfiduciata. Chi di voi ricorda le promesse del professore di Varese, ridicolo fino al punto da ipotizzare un aumento del Pil prossimo al 10% in virtù delle famose liberalizzazioni riguardanti quattro tassisti e qualche farmacista? E chi di voi ha dimenticato il “piano giovani” varato da Enrichetto Letta, approvato in teoria per dare un futuro a generazioni intere senza speranze né prospettive? E come sarà possibile scordare in fretta le tante menzogne veicolate dell’attuale premier Matteo Renzi, degno successore dei vari Monti e Letta? Il gioco è semplice e scoperto: mentire, mentire e poi mentire ancora. Anche di fronte all’evidenza, anche a costo di sfidare la logica e di umiliare la verità e il buon senso.

martedì 21 aprile 2015

La strage dei migranti e le responsabilità dell'Europa

di Annamaria Rivera

Almeno 1.800 morti dall’inizio dell’anno. Vittime del neocolonialismo occidentale, delle sue politiche di rapina, guerra, ingerenza “umanitaria”, destabilizzazione, che spesso trovano complici nelle élite locali. Vittime anche delle politiche proibizioniste, quindi migranticide, di un’Unione europea che ha gettato alle ortiche perfino i più basilari fra i diritti umani – il diritto alla vita e all’asilo – sui quali pure si fondano i suoi ordinamenti. Un’Unione che, come scrive Barbara Spinelli, insieme con i suoi 28 Stati e i suoi europarlamentari, ma anche con lo stesso Alto commissariato dell’Onu, è di fattocolpevole “di crimini di guerra e sterminio in tempo di pace”

Di fronte alla strage più grave nella storia degli esodi nel Mediterraneo – subito seguita da un altro naufragio mortale, questa volta nei pressi dell’isola di Rodi – la miseria politica e morale d’istituzioni e dirigenti politici, europei e italiani, si mostra in tutta la sua evidenza. 

Per Federica Mogherini, quest’immane tragedia “si risolve solo agendo alla radice, cioè impedendo che i barconi partano”.  Sarà pure fine stratega, perciò divenuta Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ma Mogherini mostra di non saper distinguere tra radice, cioè causa, ed effetto. Lo stesso presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, pur deplorando (e ciò va a suo merito) l’abbandono della missione Mare Nostrum in favore di Triton, afferma, in un’intervista, che “i responsabili delle morti dei migranti nel Mediterraneo sono gli scafisti, trafficanti e criminali”. 

lunedì 20 aprile 2015

I 3 dell’Ave Bavaglio

di Marco Travaglio, da Il Fatto Quotidiano, 18 aprile 2015

Ma che gentili. Gli esimi procuratori della Repubblica Edmondo Bruti Liberati (Milano), Giuseppe Pignatone (Roma) e Franco Lo Voi (Palermo) offrono su un piatto d’argento alla Banda Larga che ci sgoverna tra un furto e l’altro, un bel bavaglione per la stampa sugli scandali del potere. 

Bruti, Pignatone e Lo Voi si possono a buon diritto definire i “procuratori Y 10”: piacciono alla gente che piace. Si sono conquistati la benevolenza e la riconoscenza dei politici di ogni colore. Bruti ha messo all’angolo il suo aggiunto Robledo, che indagava su Expo e altri totem intoccabili, e l’ha espropriato di inchieste che gli spettavano di diritto come capo del pool PA in base alle regole dettate dallo stesso procuratore; così, quando il Csm si accingeva a sanzionarlo, intervenne Napolitano a salvarlo. 

Pignatone, da procuratore aggiunto di Grasso a Palermo, partecipò alla estromissione dall’Antimafia di tutti i pm “caselliani” che indagavano su mafia e politica e all’archiviazione di alcuni fascicoli scottanti, diventando poi capo delle Procure di Reggio Calabria e di Roma. 

Lo Voi fu nominato rappresentante italiano in Eurojust dal governo Berlusconi (una medaglia al valore), e poi procuratore di Palermo dal Csm, scavalcando colleghi ben più anziani e titolati (Lo Forte e Lari),grazie al solito Napolitano che bloccò il Plenum mentre stava per nominare uno dei due concorrenti più meritevoli.

Stato-mafia: pentito, Alfano eletto con voti Cosa nostra

Lo ha detto Carmelo D'Amico in aula,'l'ho appreso in carcere'

"Tra i politici che hanno fatto accordi con Cosa nostra ci sono anche Angelino Alfano e Renato Schifani, che sono stati eletti con i voti della mafia". Lo ha detto il pentito messinese Carmelo D'Amico deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. D'Amico ha detto di avere appreso la circostanza in carcere. "Alfano - ha aggiunto - lo aveva portato la mafia, ma lui poi le ha girato le spalle". Il collaboratore di giustizia ha anche aggiunto: "Forza Italia è nata perché l'hanno voluta i Servizi segreti, Riina e Provenzano per governare l'Italia. Berlusconi era una pedina di Dell'Utri, Riina, Provenzano e dei Servizi". D'Amico, infine, ha rivelato che in carcere i boss votarono tutti Forza Italia.

   "Finora non ho detto tutto per paura. temo per me e per la mia famiglia, ma se mi tutelate, dico tutto". Lo ha detto il pentito Carmelo D'Amico che sta facendo rivelazioni inedite sulla trattativa Stato-mafia. Il presidente della corte d'assise, davanti alla quale il collaboratore depone, lo ha invitato a dire tutta la verità, assicurandogli protezione per sé e la famiglia.

domenica 19 aprile 2015

TTIP, Stiglitz: Non firmate!

DI THOMAS FAZI

Parallelamente all'accordo commerciale attualmente in discussione con l'Unione Europea (il TTIP), gli USA stanno negoziando un accordo analogo con 11 paesi dell'Asia e del Pacifico: l'accordo TransPacifico (Trans-Pacific Partnership, TPP). Walden Bello, uno dei critici più importanti della globalizzazione neoliberista delle multinazionali, identifica qual è la strategia globale che sostiene i due trattati. Il giornalista italiano Thomas Fazi l'ha intervistato per il sito web Open Democracy.



Thomas Fazi: Oggi gli accordi di libero commercio bilaterali e regionali (o meglio, gli accordi megaregionali, come il TTIP e il TPP) hanno di fatto sostituito i negoziati nel seno dell'OMC. Siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione?
 Walden Bello: Si. Credo che la fase trionfale della globalizzazione, che ebbe il suo zenith negli anni '90 e poi cominciò a decadere dopo le mobilitazioni di Seattle del 1999, sia definitivamente finita.
Oggi ci troviamo in una situazione nella quale la globalizzazione spinta dalle grandi imprese e dal neoliberismo ha condotto ad una grande crisi. Potremmo dire che il concetto stesso di globalizzazione spinto dalle grandi imprese è in crisi. La sua credibilità è stata gravemente danneggiata. Però, naturalmente, esistono tutt'ora interessi molto forti (appoggiati dalle elites tecnocratiche e da gran parte del mondo accademico) che continuano a promuovere soluzioni neoliberiste, come il TTIP e il TTP.



In che misura il movimento anti-globalizzazione e anti-libero commercio del finale dei '90 e primi 2000 ha contribuito a minare il paradigma della globalizzazione spinta dalle grandi imprese?
Credo che il risultato più importante del movimento fu che diede un autentico scossone al trionfalismo e alla credibilità di tutto il progetto di una globalizzazione spinta dalle grandi imprese. Seattle fu un avvenimento veramente storico, nel quale l'azione della gente nelle strade rivelò alla fine che il Re era nudo. Anche prima di Seattle, risultava già chiaro in molte statistiche che la globalizzazione stava portando ad una maggior povertà e disuguaglianza e stava creando vari tipi di inefficienze, però in un certo senso questa realtà non riusciva a farsi strada. Ciò a cui assistemmo fu non solo lo sgretolarsi del livello ministeriale dell'OMC, ma quello di tutto il paradigma. Credo che questo fu un risultato chiaro del movimento antiglobalizzazione: esso realmente mostrò che c'era un lato oscuro della globalizzazione, che stava creando il contrario di ciò che prometteva.

sabato 18 aprile 2015

Ora il Fondo Monetario Internazionale riconosce l'inutilità del Jobs Act

Dopo 8 anni di crisi feroce il Fondo Monetario Internazionale si rimangia le parole sulla mitologica liberalizzazione del mercato del lavoro. A leggere l'ultimo World Economic Outlook dell'istituzione con sede a Washington "il livello di regolamentazione del mercato del lavoro non ha evidenziato correlazioni statisticamente significative con la produttività complessiva". In poche parole non si può sostenere ad un livello scientifico che per aumentare la competitività dell'economia sia necessario tagliare i diritti dei lavoratori, rendendo più facili i licenziamenti alle imprese e più vantaggiose le assunzioni.
In un moto di onestà intellettuale il Fmi riconosce addirittura che le determinanti della crescita economica e della produttività stanno altrove:spesa per investimenti, ricerca e sviluppo, competenze dei lavoratori, concorrenza nel mercato dei beni.
Peccato che lo stesso Fmi, insieme alla Commissione europea e alla Bce, abbia vincolato in questi anni l'erogazione di prestiti finanziari a rigide misure di austerità, inclusa la stessa liberalizzazione del mercato del lavoro. Dopo che la Grecia ha perso circa il 25% del reddito nazionale e l'eurozona è diventata il buco nero della crescita mondiale, ci viene detto candidamente che l'unica via per uscire da una recessione di portata storica è mantenere elevata la qualità del lavoro, stimolando le competenze dei lavoratori e curando l'innovazione tecnologica attraverso la ricerca e gli investimenti.

Il fallimento della finanza

di Andrea Baranes

Lo scandalo SwissLeaks, in cui la HSBC è accusata di avere aiutato decine di migliaia di clienti a nascondere i propri soldi su conti cifrati, è tornato alla ribalta in queste settimane. L'ennesimo caso che mostra come troppo spesso i maggiori gruppi bancari giochino un ruolo di primo piano in operazioni di al limite, e spesso ben oltre il limite, della legalità.
Parliamo di una banca sola. E' quasi impossibile anche solo elencare gli scandali, gli abusi e i crimini recentemente emersi a carico del sistema finanziario: dalle manipolazioni del mercato delle valute a quello dei tassi di riferimento (Libor e Euribor), dagli episodi di corruzione all'evasione fiscale, a moltissimi altri ancora. La stessa HSBC nel 2012 ha ricevuto una multa di 1,9 miliardi di dollari dalle autorità statunitensi per una vicenda legata al riciclaggio del denaro di cartelli della droga messicani.
Se le conseguenze delle operazioni illecite o apertamente illegali sono devastanti, paradossalmente sono ancora peggiori, se possibile, gli impatti del "normale" funzionamento di questo sistema finanziario. Uno degli esempi più vergognosi, non certo l'unico, è l'utilizzo dei derivati per scommettere sul prezzo del cibo e delle materie prime.

venerdì 17 aprile 2015

APRITE GLI OCCHI, L'EURO STA PORTANDO L'EUROPA IN GUERRA

FONTE: LIBREIDEE.ORG

Gettare l’euro nella spazzatura della storia. Lo chiede a gran voce il partito euroscettico tedesco “Alternative für Deutschland”, che dopo le ultime elezioni è entrato nelle assemblee locali di molti länder tedeschi. In allarme per le reazioni anti-tedesche in tutta Europa, nel suo recente memorandum sulla questione della Grecia, Afd si pronuncia a favore di un’uscita di Atene dall’Eurozona e per uno smantellamento generale di quest’ultima. I problemi di competitività dei paesi membri dell’area euro? Irrisolvibili, se non si possono svalutare le monete rispetto a quelle di economie più competitive.

giovedì 16 aprile 2015

Primo sì Europarlamento rapporto su malasanità e antibiotici targato M5S

BRUXELLES - Ridurre i casi di malasanità e lottare contro la resistenza agli antibiotici: la Commissione ambiente e salute pubblica del Parlamento Ue ha approvato oggi all'unanimità il rapporto di iniziativa 'Cure più sicure in Europa: miglioramento della sicurezza dei pazienti e lotta contro la resistenza antimicrobica' presentato dal 5 Stelle Piernicola Pedicini. Il voto in plenaria è atteso per maggio. Ogni anno 25 mila persone muoiono nella Ue per resistenza agli antibiotici ed altre 3 milioni hanno a che fare con casi di malasanità. Per ridurre entrambe le cifre la Commissione ambiente e sanità pubblica del Parlamento Ue ha approvato oggi all'unanimità il rapporto di iniziativa 'Un'assistenza sanitaria più sicura in Europa: migliorare la sicurezza del paziente e combattere la resistenza antimicrobica', promosso e presentato dal deputato 5 Stelle Piernicola Pedicini.

"Il rapporto - ha spiegato in una nota Pedicini - nasce principalmente dall'esigenza di tutelare i diritti dei pazienti di tutta l'Ue. Diritti negati - continua - da politiche economiche sbagliate (austerity), e dalla gestione politico/clientelare dei sistemi sanitari". Un paragrafo del testo chiede espressamente che i responsabili delle strutture sanitarie siano nominati per merito e non per "affiliazione politica". Sempre sul versante della lotta agli errori ospedalieri, fenomeno che tocca circa il 10% della popolazione europea con danni pari a 2,7 miliardi di euro all'anno, il rapporto chiede la creazione di un sistema di allerta per gli 'eventi avversi', l'incoraggiamento delle denunce, anche anonime, la promozione della formazione continua del personale e la creazione di meccanismi di compensazione collettiva.

mercoledì 15 aprile 2015

La mobilitazione contro Expo costruisce il futuro

di Giorgio Cremaschi

Quando prima dei Mondiali di calcio a Rio de Janeiro ci furono giganteschi cortei che denunciavano le ingiustizie sociali e gli sperperi di denaro per quell'evento, tutti i mass media espressero interesse e simpatia per i manifestanti. Non mi pare che si prepari lo stesso atteggiamento per la mobilitazione No Expo, è molto più facile fare i progressisti in casa altrui che in quella propria. 

Eppure la contestazione di Expo coglie con facilità quanto di profondamente negativo ci sia in tutta la fiera, dalla sua impostazione, alla sua realizzazione, al suo funzionamento.

Si tenta di mascherare con uno scopo nobile e progressivo, nutrire il pianeta, quella che è una grande esposizione delle multinazionali del cibo e degli organismi geneticamente modificati. Che non potranno mai nutrire con giustizia e rispetto della natura la nostra terra, perché se il modello McDonald dovesse prevalere non ci sarebbero aree agricole a sufficienza per alimentarlo. Ma la multinazionale degli hamburger è tra i primi sponsor della fiera. Come lo è la Coca Cola, sotto accusa per la devastazione ambientale e il massacro di sindacalisti in Colombia. Come sono sponsor le grandi multinazionali che non nutrono ma saccheggiano il pianeta. 

Accanto a loro saranno presenti in forze le grandi imprese del cosiddetto terzo settore, dal mondo delle Coop a quello legato a CL. E viste le cronache giudiziarie non si può certo affermare che la presenza di queste imprese sia in qualche modo da equilibrio a quella delle multinazionali. Condisce il tutto Eataly, che ha un ruolo centrale in Expo senza neppure il regolare appalto.

martedì 14 aprile 2015

Papa Francesco: quello degli armeni, primo genocidio del XX secolo

da Spondasud.it.
«La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana».
«Quella tragedia -  ha detto papa Francesco all'inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal martirio - , ha colpito il popolo armeno insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi».
«Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo - ha aggiunto -. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l'umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente».
«Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell'immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso - ha aggiunto Papa Francesco -, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!».

lunedì 13 aprile 2015

Genova era solo l’inizio.

La folla che riempie lo stadio di La Spezia, un silenzio livido e uno spettro sul palco, Bob Dylan, alle prese con uno strano concerto segnato dal lutto per la morte di Carlo Giuliani poche ore prima, a una manciata di chilometri di distanza, in mezzo alla follia criminale esplosa a Genova dopo un’accurata preparazione logistica e militare. Lo ha detto un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel libro “G8 Gate”: i colossi finanziari e le multinazionali che avevano portato Bush al potere temevano i No-Global più di ogni altra cosa, inclusa Al-Qaeda. Per questo furono ben 1.500 gli agenti della National Security Agency impegnati nell’operazione-Genova, insieme a 700 operatori dell’Fbi. Missione: organizzare (e far eseguire alla polizia italiana) la più feroce punizione collettiva della storiaoccidentale contemporanea. Lo conferma il generale Fabio Mini, già comandante della missione Nato in Kosovo: esistono “strutture” abilitate a smistare falsi militanti, facendoli passare indenni attraverso più frontiere. Loro, i black bloc, incaricati di devastare Genova in modo da creare un alibi per la repressione indiscriminata dei manifestanti pacifici.

domenica 12 aprile 2015

I numeri dopo il Jobs Act? No Comment

di Roberto Ciccarelli

Il saldo è zero. E infatti ieri Renzi e Poletti hanno mantenuto un rigoroso silenzio sui dati Inps comunicati ieri in una tabella diffusa in lungo e in largo. Si parla di occupazione. Stavolta niente annunci roboanti. Nemmeno un cinguettìo su twitter. Una dichiarazione da «governo del fare» tipo: «Bene, ma non basta. Andiamo avanti così». Ma così come? In attesa del Jobs Act, cioè della riverniciatura dei contratti precari esistenti nella formula magica «a tutele crescenti». I precari verranno mascherati con un contratto «a tempo indeterminato», ma saranno licenziabili in ogni momento o dureranno fino alla data di scadenza degli incentivi garantiti alle imprese dal governo Renzi (3 anni).

La figuraccia sui dati sull'occupazione di venerdì 26 marzo ha indotto ad un'insolita prudenza i cacciatori di farfalle di Palazzo Chigi. I 79 mila occupati in più nei primi mesi 2015 spacciati dal governo erano in realtà 64.637 attivazioni nette. Il lunedì successivo il ministero del Lavoro (quello di Poletti) ha comunicato le cessazioni, cioè le interruzioni del lavoro per licenziamento, dimissioni o altro nello stesso periodo: 75.535 .Dunque: il saldo è negativo: - 10 mila circa.

Altro che ripresa, ha confermato l'Istat martedì 31 marzo. La disoccupazione è aumentata a febbraio (+12,7%), i giovani tra i 15 e i 24 anni senza lavoro sono aumentati di 34 mila unità.

sabato 11 aprile 2015

Lettera a un partito mai nato: abbandoniamo questo Pd

Siamo un gruppo di iscritti e fondatori del Pd, abbiamo partecipato con entusiasmo e impegno alla nascita del Pd nel 2007 cercando in questi anni ripetutamente, nelle varie sedi istituzionali e di partito, di orientare le scelte del partito verso la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile, la tutela del lavoro e delle regole della concorrenza, una sanità trasparente ed efficiente, il rispetto della legalità, la questione morale, la certezza del diritto ed il rispetto dei valori costituzionali dettati dai nostri padri fondatori. In occasione dell’ultimo congresso nazionale abbiamo sostenuto la candidatura di Pippo Civati. Nel corso degli anni ci siamo imbattuti costantemente in una resistenza dell’apparato politico del partito, impermeabile a qualsiasi critica e cambiamento. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un’ulteriore involuzione del Partito democratico, ridotto ormai ad un vero e proprio comitato elettorale che ha volutamente dimenticato le radici “uliviste” che avevano contribuito in modo determinante alla sua nascita.

Un " No " incomprensibile per Di Matteo alla guida della Procura Nazionale Antimafia

Il pm di Palermo bocciato nella corsa per la Procura nazionale antimafia: “Sono amareggiato, deluso e preoccupato. Ho anzianità doppia rispetto agli altri. E nessuno ha criticato il mio operato. Vince la logica delle appartenenze”.

intervista a Nino Di Matteo di Liana Milella, da Repubblica, 9 aprile 2015

Non è a Palermo Nino Di Matteo. Fuori, per Pasqua, con la sua famiglia. Lì, da lontano, il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, apprende che il Csm, «pur dopo 20 anni di indagini sulla criminalità organizzata», non lo ha votato per la Procura nazionale antimafia, la Dna. Gli hanno preferito tre colleghi, di certo assai meno noti (Pontassuglia di Bari, Del Gaudio di Napoli, Dolce di Catanzaro). È finita 16 a 5. Con Repubblica Di Matteo si è sfogato a caldo.

Ha saputo allora, niente da fare per lei...
«Sì, l’ho appena appreso. Me l’aspettavo, ma sono molto amareggiato, deluso e preoccupato. Amareggiato, perché non sono stati sufficienti più di 20 anni di lavoro dedicati ai processi di mafia a Caltanissetta e a Palermo. Deluso, perché nella relazione della commissione che ha indicato gli altri colleghi non ho rintracciato nessuna censura critica al mio operato. Mi chiedo perché non sia stata valutata un’anzianità che è pari al doppio degli altri. Sono preoccupato non solo per me, ma perché questo è un altro piccolo segnale di un problema più grande».

E quale sarebbe?
«Tra i criteri del Csm continua a incidere pesantemente la logica dell’appartenenza correntizia. Il primo criterio è a quale corrente appartieni. E chi, come me e tanti altri, non appartiene a nessuna corrente, e anzi osa criticare la patologia del sistema, vede bocciata ogni aspirazione».

venerdì 10 aprile 2015

Il G8 a Genova al di la della Sentenza

DI HS
comedonchisciotte.org

Non è certamente facile per un giovane "vegliardo" come me spiegare ad un ragazzo che, magari all'epoca non era ancora nato o era molto piccolo, cosa significò Genova per noi che ce la sorbimmo tutta anche fra le quattro mura delle nostre case davanti al televisore o all'ascolto della radio.


Loro appartengono a un altro mondo, nel senso che sono cresciuti in un contesto in cui la digitalizzazione dei segni, dei simboli e pure dei comportamenti ha quasi oscurato il senso concreto e tangibile delle cose e la loro aguzza durezza. In un certo qual modo smartphone, blueberry, iPod, Whatsapp, Twitter, Facebook e compagnia cantante sono diventate parte integrante delle nostre vite e per i nostri figli o nipoti non è quasi concepibile un mondo senza la tecnologie digitali.

Nel nostro nuovo mondo postmoderno digitalizzato e "virtualizzato" il tempo scorre via veloce come lo scoccare di una scintilla nel buio, si scompone in fantastiliardi di millisecondi, frazionati e separati, insinuando un senso di comprensibile vuoto e di assenza di memoria...

L'intervista al senatore Nicola Morra riassume l'onestà ,la competenza e la capacità del M5S

giovedì 9 aprile 2015

Proprio come in Basilicata.....

di 

I più ricchi del mondo? Sorpresa, sono i norvegesi
Il fondo sovrano gestito dal governo vale oltre 800 miliardi grazie al petrolio. È azionista di 9mila società, ha il 2% delle azioni mondiali e ogni cittadino ha un credito di 160mila euro
Da Oslo – Lo chiamano sparegris , salvadanaio. Contiene circa 820 miliardi di euro; circa perché domani sarà già cresciuto di varie centinaia di milioni, non riesci a stargli dietro. Un contatore che galoppa, come quelli che ospitiamo malvolentieri a casa nostra, solo che i norvegesi questo lo controllano sul sito del ministero delle Finanze per tirarsi su il morale nelle giornate uggiose.
È il Norwegian government pension fund global, più comunemente Petroleum fund, il fondo sovrano più grande del mondo, istituito con i proventi statali del petrolio, un salvadanaio per le generazioni a venire, una macchina da soldi che marcerà anche se il resto del mondo dovesse andare in malora e soprattutto in previsione del giorno in cui verrà estratto l’ultimo barile di Brent.
Un patrimonio pari al Pil dello Stato di New York che garantisce ai cinque milioni di norvegesi un credito di 160mila euro ciascuno, un dato che non si può crudelmente non paragonare ai circa 40mila euro di debito che accompagnano invece la nascita di ogni italiano.

RISOLVERE IL PROBLEMA DELLA DISOCCUPAZIONE IN 2 SEMPLICI MOSSE

FONTE: UTOPIARAZIONALE (BLOG)

Se vi chiedessi di esporre la miglior soluzione per risolvere l'attuale crisi economica, quasi certamente mi rispondereste che bisognerebbe far crescere l'economia in modo da creare lavoro, risolvendo così il problema della disoccupazione. A quel punto i consumi ripartirebbero e il sistema economico si rimetterebbe in moto. Fine della crisi.

Bene, se la pensate in questo modo iniziate a preoccuparvi: i mass-media hanno fatto un ottimo lavoro su di voi, avete imparato in maniera ineccepibile quello che dovevate imparare, pensate esattamente ciò che dovete pensare e ripetete a pappagallo la presunta verità utile al potere.

Vi assicuro che esiste almeno una soluzione di gran lunga migliore. Come faccio ad esserne sicuro?

Semplice, perché quella appena illustrata è la soluzione di cui abbisogna il capitale, la classica idea diffusa a Ballarò per intenderci, e dal momento che il capitale trae vantaggio dallo sfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorse, io già intuisco che quella di certo non può essere la soluzione ottimale, perché i capitalisti non guardano al benessere collettivo ma al loro egoistico interesse.

Non c'è bisogno di creare più lavoro, di lavoro ce n'è anche troppo, solo che è mal ripartito. C'è chi lavora 10 ore al giorno sabato incluso e chi è disoccupato.

mercoledì 8 aprile 2015

Nella corruzione siamo tanto bravi da non star dietro neppure a noi stessi


di 
Rossella Guadagnini

Italiani corrotti e contenti? A quanto pare sì. Se ne sono accorti in molti, se ne sono accorti in troppi. È un coro a più voci, per niente angelico. Stavolta tocca al settimanale tedesco "Der Spiegel" che ci dedica un servizio del corrispondente da Roma, Hans-Jürgen Schlamp, con un duro e motivato giudizio sul nostro Paese: collusi e impenitenti siam fatti così.

Basta scorrere le immagini a corredo per avere un panorama chiaro: Expo, Lupi, Mose, Orsoni sindaco con una gondolina in mano, Mafia Capitale con Carminati tra i carabinieri, Alemmano con Berlusconi che sostiene sorridendo il nuovo sindaco di Roma, una via piena di rifiuti non raccolti, il viadotto appena costruito e appena crollato ad Agrigento. Da aggiungere anche il caso Ischia-Cpl Concordia: da nord a sud della Penisola, il guaio è che non si riesce ad aggiornare i dati così rapidamente. In questo siamo tanto bravi da non star dietro neppure a noi stessi. A nulla sono valse le parole di Papa Francesco, a Scampia, sulla corruzione "che spuzza". Hanno fatto il giro del mondo, non delle nostre case evidentemente.

martedì 7 aprile 2015

La trentennale guerra al lavoro: dal rampantismo craxiano al Jobs Act

di Maria Mantello


Mentre i dati Istat di marzo 2015 ci dicono che la disoccupazione è al 12,7%, e quella giovanile al 46,2%, Renzi promette tali e tante mirabilie occupazionali, da far impallidire sotto il cerone anche l’illusionista Berlusconi col suo milione di posti di lavoro. Ne restarono imbambolati tanti italiani. Renzi è andato oltre: in virtuosismo mediatico ha superato il maestro. Eclissata finanche la parvenza d’argomentazione, tutto è spot-twitter. Leggi comprese. Le spara tra slide e frasi ad effetto. Così il ribellismo è accontentato e tutti credono al nuovo miracolo. E poi carta bianca al governo con i decreti attuativi.


Fashion Jobs Act

Renzi promette diritti e contratti a tempo indeterminato, ovvero la fine della precarietà. Ecco il nuovo miracolo promesso col Jobs Act. L’inglese fa trendy. Così perfino il termine jobs dal significato vago può diventare fashion. Fashion Jobs Act, lo si potrebbe chiamare, visto l’effetto illusionista da fascinazione ipnoide a cui mira.

Basterebbe forse qualche pizzicotto di realismo per svegliarsi e capire come stanno le cose.

Già perché il trucco c’è e si vede se non ci si strappano gli occhi per non vedere.

Norma salva Berlusconi & Co. cosa fatta è

di Olinda Moro

Nella convinzione generale che la legge sulla tenuità del fattopossa finalmente archiviare il furtarello di cioccolata al supermercato (purché non reiterato), in realtà nel silenzio generale è passata la tanto temuta norma "ad personam" o "ad castam".
Diverse riviste di diritto cominciano a far notare che in realtà a beneficiare di questa norma non saranno solo cosiddetti reati "bagatellari" ma anche diversi reati societari, fallimentari e tributari nonché numerosi delitti contro la pubblica amministrazione (falso in bilancio, impedito controllo alla formazione fittizia del capitale, aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza pubblica, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili, omesso versamento di ritenute certificate e di Iva, indebita compensazione, ipotesi non aggravata di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, peculato d'uso, abuso d'ufficio, rifiuto di atti d'ufficio, percezione di indebite erogazioni a danno dello Stato, corruzione per esercizio della funzione, traffico d'influenze illecite, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, frode nelle pubbliche forniture, finanziamento illecito ai partiti, truffa, alcune fattispecie di falso materiale e ideologico, frode processuale, favoreggiamento, usura impropria, frode in emigrazione, appropriazione indebita ecc). Tutti reati in buona parte documentali e che molto più facilmente sono suscettibili di giungere ad una condanna.

lunedì 6 aprile 2015

Tsipras ricorre a Russia e Cina: la sfida greca cresce

di Ambrose Evans-Pritchard.
Tradotto da ComeDonChisciotte.

Alexis Tspiras sta portando avanti con rinnovato vigore una "politica del rischio calcolato", cercando di forzare l'Europa a cedere terreno, oppure a rischiare una reazione a catena in grado di paralizzare l'Unione Europea.

Due mesi di bullonerie e rimproveri da parte dell'UE non sono riusciti ad intimidire la Grecia. Sta diventando sempre più chiaro che i paesi creditori [nord-europei] hanno mal giudicato la natura della crisi greca, e non possono più evitare di affrontare la "Forca di Morton" posta di fronte a loro [quando argomenti contraddittori portano alla stessa spiacevole conclusione].
Qualsiasi accordo che vada abbastanza lontano da placare l'afflitta popolazione della Grecia, dovrebbe portare automaticamente oltre quell'austerità che sta sfilacciando il resto dell'Europa Meridionale. Le necessarie concessioni incoraggerebbero la sfida populista in Spagna, Portogallo e Italia, ma porterebbe all'ebollizione l'euroscetticismo tedesco.
Il consenso per l'Unione Monetaria sta venendo pericolosamente meno in Baviera e nella maggior parte della Germania Orientale, nonostante i sondaggi non catturino a  pieno la forza delle correnti sotterranee.

Le dimissioni presentate questa settimana dal bavarese Peter Gauweiler, contrario all'estensione del salvataggio della Grecia può, naturalmente, aver contribuito. Costui è sempre stato un nemico dell'UEM. Ma la sua protesta costituisce senza alcun dubbio un colpo di avvertimento alla famiglia politica di Angela Merkel.

domenica 5 aprile 2015

Conoscere la verità, ecco la grande rivoluzione che faremo

Che altro deve succedere perché la mia generazione scenda in piazza e faccia una rivoluzione? E pure basta guardare a tassazione, disoccupazione (in particolare quella giovanile), precariato, il deficit democratico delle istituzioni europee, la violenta politica imperialista dei paesi Nato (Yugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e Ucraina sono le medaglie insanguinate che portiamo al petto) per rendersi conto che la società sta regredendo e l’Europa ha preso una svolta di tipo autoritario sia pure nascosta dagli specchi di istituzioni internazionali paramassoniche al servizio di forze reazionarie; la gente non lo capisce o se ne frega? Spesso sento dire che in Italia non faremo mai una rivoluzione perché siamo un paese di vecchi o perché il 70% degli italiani ha una casa di proprietà o anche perché ci basta guardare il calcio in televisione mangiare un piatto di pasta e fumarci una sigaretta con il caffè. 



La verità che è che il malcontento può portare la gente in piazza ma questo non basta a fare una rivoluzione, per quello ci vuole un’organizzazione pronta a succedere all’amministrazione uscente e tanti soldi, come ci ha mostrato il Dipartimento di Stato Americano, fabbrica di tutte le ultime rivoluzioni in giro per il mondo (il Venezuela o l’Ucraina sono esempi perfetti).

sabato 4 aprile 2015

Un augurio di Buona Pasqua con un video da non dimenticare
















Il fallimento europeo. Sei lezioni dallo scontro tra Atene e Bruxelles

di Enrico Grazzini

Le trattative tra il governo greco guidato da Alexis Tsipras e l'Eurogruppo, che riunisce i 19 paesi dell'euro con alla testa il governo di Berlino, sono ancora in corso, e l'esito è aperto: tuttavia si possono già trarre alcune lezioni.

La prima lezione è che la Germania è determinata come sempre, e più di sempre, a imporre la sua rigida austerità, e non deflette di un centimetro dalla sua politica. Rivuole tutti i suoi crediti, irresponsabilmente concessi ai paesi in crisi, anche a costo di ammazzare il debitore. Per la Germania la questione greca è però soprattutto politica: se concedesse credito alla Grecia di Tsipras dovrebbe smettere di imporre a tutti i paesi europei la sua folle politica d'austerità: riduzione accelerata del debito pubblico, taglio al welfare e al costo del lavoro, privatizzazioni. L'Europa degli ideali e della cooperazione, della pace tra i popoli è ormai sepolta: esiste solo una Unione Europea che si schiera con le banche creditrici del nord contro i popoli e le nazioni debitrici del sud. L'Europa è ormai solo una questione di crediti e di debiti. Una questione di soldi. Anche la pietà è morta.

Dove sono i Sindacati, compresa CGIL, che di fatto firmano il Jobs Act?


di Giorgio Cremaschi


Con la firma dei contratti del commercio e dei bancari la Cgil, fieramente schierata contro il Jobs Act, lo ha nei fatti sottoscritto, applicato e persino interpretato creativamente.

Il contratto del terziario peggiora i due contratti precedenti che la Cgil aveva avuto il coraggio di non sottoscrivere. Si potrebbe fare un elenco di tante piccole e grandi angherie verso i lavoratori che vengono confermate, ma credo basti sottolineare che il lavoro domenicale diventa regola e obbligo. Particolare attenzione è stata poi rivolta alla clausola di flessibilità, che consente all'impresa di obbligare il lavoratore a lavorare 44 ore settimanali per 16 settimane senza neanche pagargli lo straordinario. Con 5 milioni di disoccupati aumentare l'orario di lavoro è proprio una bella sensibilità sociale, ma c'è di peggio.




A livello aziendale o territoriale sarà possibile concordare orari di 48 ore per 24 settimane in un anno. Metà dell'anno si lavorerà con gli orari previsti dalla legge del 1923, senza neppure che sia riconosciuto lo straordinario. La Cgil nel passato si arrabbiò molto con il ministro berlusconiano Sacconi che aveva promosso il regime delle deroghe aziendali ai contratti nazionali. Ora sottoscrive una doppia deroga sugli orari di lavoro, realizzando un altro punto della famosa lettera di Draghi Trichet, che nel 2011 dettarono ciò che si doveva fare in Italia per obbedire alla Troika.

venerdì 3 aprile 2015

Questo piano potrebbe salvare l'Unione Europea. Vale la pena leggerlo

di Yanis Varoufakis
da yanisvaroufakis.eu, traduzione di Faber Fabbris
Questo discorso è stato tenuto da Yanis Varoufakis al Forum Ambrosetti il 14 marzo 2015.
Marzo 1971. L’Europa si prepara al ‘Nixon Gold Shock’, e comincia a progettare una unione monetaria europea, più vicina al Gold Standard che al sistema di Bretton Woods, ormai al tramonto. È in questo clima che l’economista Nicholas Kaldor, dell’Università di Cambridge, pubblica un articolo su The New StatesmanCito:
… sarebbe un errore pericoloso credere che un’unione monetaria ed economica possa precedere un’unione politica; o illudersi che l’unione monetaria funzionerà (secondo i termini del rapporto Werner) “da catalizzatore per l’evoluzione dell’unione politica, della quale nel lungo termine non potrà comunque farne a meno”. La creazione di una unione monetaria e di una aurorità comunitaria di controllo sui bilanci nazionali genererà infatti pressioni tali da portare il sistema al collasso; questo condurrà ad una brusca frenata del processo d’integrazione politica, invece di accelerarla.
Purtroppo, il lungimirante avvertimento di Kaldor fu ignorato; si preferì un retorico ottimismo sul tema dell’unione monetaria capace di creare legami più profondi fra le nazioni europee. Anche un’eventuale crisi del settore finanziario (come quella del 2008), avrebbe costretto i dirigenti europei a pervenire all’unione politica, comunque necessaria.
Così, mentre gli Stati Uniti riciclavano i surplus degli altri paesi su scala globale, l’Europa si lanciò nella creazione di una specie di Gold Standard: il risultato fu un ‘muro di capitali’ che alimentò la finanziarizzazione dell’economia americana e un’ondata mondiale di creazione monetaria da parte dei privati – nella quale i francesi e i tedeschi si lanciarono con entusiasmo.
All’interno dell’Eurozona, l’illusione di un rischio calcolato fu rafforzata dalla falsa idea che prestare ad un’istituzione greca o ad una bavarese comportasse più o meno gli stessi rischi (tutta l’unione era basata sul principio di Debiti pubblici totalmente separati e di Sistemi Bancari separati).
Di conseguenza, le bilance commerciali in surplus generarono flussi netti di capitali verso i paesi in deficit, cui seguirono bolle speculative insostenibili nel settore privato e in quello pubblico. Il nostro modello di crescita nell’Eurozona, signore e signori, si basava prevalentemente su un finanziamento delle esportazioni nette dei paesi in surplus fondato sul credito bancario privato.