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giovedì 30 aprile 2015

Un Primo Maggio orfano dell'Art.18, un fardello che per sempre segnerà il Sindacato

di Giorgio Cremaschi

Questo Primo Maggio sarà senza l'articolo 18. Basterebbe questa constatazione per sottolineare che ogni vuota e retorica celebrazione della ricorrenza, ogni sanremese Concertone, sono oramai totalmente fuori contesto. Il Primo Maggio è nato come data di lotta e ora torna ad esserlo. Giornata di lotta per i tanti lavoratori che rischiano i diritti, il salario o il proprio lavoro, ultimi quelli della Whirpool e dell'Auchan, che il Primo Maggio saranno costretti a lavorare in attesa di essere licenziati.

Questo Primo Maggio sarà prima di tutto una giornata di lotta contro il governo. Renzi ha dimostrato quanto fosse vera l'affermazione di Giuseppe Di Vittorio che la Costituzione doveva entrare nelle fabbriche per realizzarsi davvero. Completando l'opera avviata dal suo grande sponsor Marchionne e dai suoi predecessori, l'attuale presidente del consiglio con il Jobs Act ha definitivamente abolito ogni libertà di chi lavora e garantito all'impresa un potere assoluto di stampo medievale. Reduce da questo successo, il governo ha quindi iniziato a procedere allo smantellamento anche della costituzione formale, dopo aver cancellato quella reale. L'Italicum e le altre riforme cancellano l'equilibrio tra i poteri previsto dalla nostra Carta e creano la figura di un capo del governo padrone assoluto delle istituzioni del paese. Si chiude così il cerchio, dalla fabbrica, alla società, alle istituzioni.



Questo è proprio ciò che chiedeva l'ufficio studi della Banca Morgan, quando il 28 maggio 2013 scriveva che le costituzioni antifasciste europee sono troppo segnate dal pensiero socialista e dal peso della sinistra e che per questo sono un ostacolo da rimuovere, per realizzare le riforme liberiste chieste della finanza internazionale. Come scriveva Primo Levi, il fascismo si ripresenta in ogni epoca e sempre in forme diverse. Ed è bene ricordare che tra gli scopritori di Renzi c'è quel Tony Blair che è consigliere lautamente retribuito della banca Morgan.

Naturalmente Renzi non avrebbe mai realizzato la sua resistibile ascesa da solo o con i suoi pur considerevoli appoggi finanziari. Decisivo, come per un'altra scalata al potere negli anni 20 del secolo scorso, è stato il sostegno istituzionale della più alta carica dello stato, quel presidente Napolitano verso il quale la storia democratica futura non sarà impietosa nel paragone con Vittorio Emanuele III. E ancora più importante è stato il potere bancario e finanziario europeo, impersonato da Mario Draghi. Che assieme al suo predecessore Trichet scrisse il 5 agosto del 2011 una lettera nella quale sono contenute tutte le disposizioni attuate e in via di realizzazione da parte dei governi della Repubblica; dalle pensioni, ai licenziamenti, allo smantellamento dei contratti nazionali e dello stato sociale, alle privatizzazioni. Così da noi viene realizzata in modo e per vie diverse quella stessa politica che la famigerata Troika ha imposto e vuol continuare ad imporre alla Grecia.

Per questo chi vuole difendere i diritti del lavoro, lo stato e l'eguaglianza sociale oggi ha di fronte a sé il governo Renzi come primo e più diretto avversario. Ora l'accelerazione brutale sulle riforme fa sì che l'opposizione oggi comprenda anche vasti settori del sindacalismo confederale, la Cgil in primo luogo, e gran parte della vecchia classe dirigente del PD e del centro sinistra. Ma costoro, pur nella onesta indignazione che esprimono, sono destinati a mostrare le stesse debolezze e contraddizioni dei liberali di novant'anni fa verso il fascismo. La vecchia leadership del centrosinistra e CGIL CISL UIL sono corresponsabili di molte delle riforme economiche e politiche liberiste , fino a quelle dei governi Monti e Letta. La loro opposizione attuale è quindi debolissima e sostanzialmente inefficace, cosa che Renzi ha compreso perfettamente e che usa per rafforzare il proprio potere.

La resistenza sociale che sicuramente vedremo crescere ed organizzarsi è quella che sarà in corteo a Milano il Primo Maggio contro Expo. Quella fiera è diventata la prima grande opera del nuovo regime. L'Expo si è avvolta nella bandiera della nazione, si alimenta della propaganda a reti unificate, condanna come antipatriottico chiunque la contesti. Che invece ne ha ben motivo, tra lavoro sottopagato gratuito, speculazione sulle aree, ruberie varie, il tutto sotto la sponsorizzazione e l'occhio vigile delle peggiori multinazionali del cibo.

Expo è la vetrina del peggio di questo paese e delle peggiori ipocrisie della globalizzazione, e per questo è diventata così importante. Expo è la fiera di tutto ciò che il mondo del lavoro nei suoi momenti più duri e veri ha combattuto con la data del Primo Maggio e non è un caso che ora essa sia diventata anche una scusa per cancellare il diritto di sciopero. I movimenti ambientalisti, i precari, le lavoratrici ed i lavoratori organizzati nel sindacalismo conflittuale si troveranno assieme contro il modello Expo, e saranno l'embrione di quella coalizione sociale che può davvero contrastare il governo Renzi e ciò che rappresenta.

Il Primo Maggio sarà di lotta contro il governo in tutta Italia, ma la sua capitale quest'anno è a Milano.

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