da Spondasud.it.
«La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana».
«Quella tragedia - ha detto papa Francesco all'inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal martirio - , ha colpito il popolo armeno insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi».
«Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo - ha aggiunto -. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l'umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente».
«Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell'immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso - ha aggiunto Papa Francesco -, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!».
«Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, - ha concluso Francesco - professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all'opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione».
PROTESTA DELLA TURCHIA - La reazione della Turchia alle parole del Papa non si è fatta attendere. L'ambasciatore del Vaticano ad Ankara, il nunzio apostolico Antonio Lucibello, è stato convocato dal ministero degli esteri di Ankara. Nel colloquio, ha precisato Monsignor Lucibello, le autorità turche hanno espresso «il loro disappunto per le parole del pontefice. La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di stati.
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