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giovedì 10 aprile 2014

A che punto è la Grande Crisi?

di Joseph Halevi
1. la crisi bancaria non se ne è andata anzi è come un focolaio di peste o colera che riprende appena può (vedi Austria questi giorni).
2. la cosiddetta unione bancaria che avrebbe dovuto creare le condizioni per formare una sorta di Federal Deposit Insurance Corporation tipo Stati Uniti volta al salvataggio delle banche non è decollata, tra l'altro proprio perchè non vogliono salvare il pubblico (cioè la massa dei correntisti) bensì prevalentemente i detententori di titoli che poi in maggioranza sono banche e fondi vari. Inoltre la principale ragione finanziaria per cui l'unione bancaria è stata insabbiata è proprio l'assenza di una fiscalità europea. Di conseguenza devono escogitare veicoli finanziari molto particolari ed aleatori sui quali, in sostanza, c'è poco accordo perchè lascerebbero fuori molte banche.

3. Le operazioni di Draghi hanno ridotto la pressione speculativa sui titoli pubblici (anche perchè c'è una grossa quantità di denaro proveniente dalla rinnovata bolla borsistica USA che cerca collocamenti ovunque) però non hanno prospettiva in quanto non risolvono il problema bancario europeo che può essere affrontato solo nazionalizzando le banche più esposte e mettendo l'intero settore sotto controllo svuotandolo dei titoli marci. Il problema si aggrava perchè questi titoli vengono sepolti come in una latrina da altri titoli e quindi si fondono con l'insieme delle attività cha appaiono nei bilanci bancari. La vicenda del Monte dei Paschi di Siena è istruttiva riguardo la maniera in cui i contratti sui derivati vennero nascosti tra i vari emails.
4. L'Europa è molto più finanziarizzata degli USA. Ironia della sorte: fino pochi anni fa i Merkozy accusavano gli USA per la sua supposta accentuata finanziarizzazione; invece l'Europa era molto più avanti nel processo. Lo sapevano e millantavano? Credo che non lo sapessero perchè, come venne poi fuori dalla buffonata degli stress test tedeschi le banche e le autorità locali nascondevono tutto. La gravità del caso austriaco di questi giorni sta oltretutto nel fatto che le banche gravano sul paese tre volte l'ammontare del pil.
5. Il debito pubblico non fa che aumentare. Nel caso austriaco aumenta esattamente come aumentò in Irlanda ed in Spagna quando lo stato si accollò il fardello dei fallimenti bancari. Ma sta aumentando anche per via dell'austerità come dimostra la situazione italiana e spagnola. Ora se sulla base del (largamente prevedibile) fallimento degli Alesina-Giavazzi, cioè dell'austerità espansiva, si fosse passati al rifinanziamento pubblico del debito, essenzialmente con la sua monetizzazione, ciò non costituirebbe un problema così grave, così come non è grave il fatto che il debito pubblico in Giappone sia circa il 240% del pil (semmai è grave il fatto che la spesa pubblica giapponese non riesca a rilanciare il paese). Ma ciò avrebbe richiesto consolidare il debito europeo dentro un matrimonio tra Tesoro europeo e BCE. Matrimonio impossibile perchè non c'è un partner, cioè il Tesoro europeo. Non lo si può fare senza una fiscalità europea ed una giurisdizione europea della BCE. A mio avviso la BCE non ha i poteri che ha una banca centrale nazionale come ad esempio la Bundesbank prima dell'euro. Si ritorna pertanto al punto di partenza, l'assenza di un sistema europeo. Sono permesse, da parte della BCE, solo operazioni di fleboclisi (quelle che vanno bene) e di coma indotto. Il sistema non solo bancario ma l'intera economia oscilla pertanto tra la flebo (soprannominata ripresa) e coma indotto.
6. Quanto sopra significa che (a) il sistema bancario più avvelenato - che si trova nelle zone francogermaniche (Francia, Germania, Belgio, Austria) - non può essere disinfettato dalla sua tossicità, (b) il debito pubblico grava sui paesi perchè non ci sono meccanismi che ne garantiscano il finanziamento ma solo espedienti e situazioni fortuite (come la bolla azionaria USA).
7. Bene, facciamo l'Europa federale dunque? NO! Le difficoltà sono insormontabili anche ipotizzando che la ragione vinca sugli interessi specifici e che quindi tutti concordino sull'urgenza di passare ad un ordinamento federale in cui il Parlamento di Strasburgo sia una vera Camera legislativa e ove il governo a Bruxelles scaturisca dalle elezioni per Strasburgo.
8. L'economista Jacques Sapir ha calcolato quanto costerebbero i trasferimenti solo all'interno dell'eurozona dai paesi nordici (in cui ci sarebbe anche la Francia!) ai paesi del sud: i 2 iberici ed i 2 ionici. Il suo calcolo ipotizza convergenza verso livelli di performance comuni (in rapporto al pil) in due campi: quello dell'istruzione pubblica e della ricerca e sviluppo. Dai calcoli risulta un trasferimento pari al 10% del pil dei paesi del blocco nordico, cosa ovviamente impossibile. Come ho già scritto ho dei dubbi circa i criteri usati da Sapir, però come thought experiment l'esercizio non è senza valore. Ora se si dovesse costituire un' Europa federale per tutta l'UE, i trasferimenti sarebbero veramente massicci soprattutto verso i paesi dell'est europeo dell'UE ed il valore di questi sarebbe sicuramente nell'ordine dei valori calcolati da Sapir per l'Eurozona. Ne consegue che la prospettiva federale è fuori dagli orizzonti europei per motivi oggettivi. Faccio questa osservazione per far capire agli spinelliani che il non detto (spingiamo verso l'Europa federale) non funziona. Bisogna riconoscere l'UE per quello che è.
9. Conclusione: senza un accordo UE per la riacquisizione dell'autonomia fiscale e della politica monetaria non c'è via d'uscita dall'austerità mentre non c'è soluzione per la tossicità bancaria.
10. L'anno prossimo cominceremo a vedere cose interessanti dato che nessun paese può attuare il fiscal compact, neanche la Germania il cui debito è di circa il 90% del Pil, senza tentare forti manovre restrittive. Per l'Italia e la Spagna dovranno essere mostruose ed il debito aumenterà!!

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