Rottamare la democrazia? No, grazie. Anche quella sarebbe una “riforma”, certo. Ma ne faremmo volentieri a meno. Così la pensa Salvatore Settis, già direttore della Normale di Pisa. «La riforma di Renzi – dice – è contraria alle regole più elementari della democrazia». Quindi, innanzitutto, occorre fermare la «svolta autoritaria» del governo, perché il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal premier è «affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo». Tanto per cominciare, «non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta sia un Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio nominato e non eletto». Questo Parlamento «non può fare una riforma di questa portata, né tantomeno anteporla alla riforma elettorale, che è la vera urgenza». Il guaio è che il male viene da lontano: si tratta di «decisioni prese in stanze segrete», che «non ci sono mai state spiegate», perché sono i diktat del neoliberismo che vorrebbe sbaraccare lo Stato democratico, visto come ostacolo al grande business.
Il professor Settis, intervistato da Beatrice Borromeo per “Libertà e Giustizia”, pensa ad esempio al famoso rapporto della Jp Morgan del 2013, «riportato quasi alla lettera nel progetto di riforma del governo Letta e ora citato come un testo sacro». Via la “vecchia” Costituzione antifascista, che difende i lavoratori. Pressioni esterne sul governo Renzi? «Di certo – sottolinea Settis – c’è una vulgata neoliberista secondo la quale il mercato è tutto, l’eguaglianza è poco significativa e la libertà è quella dei mercati, non delle persone. E a questa vulgata si sono piegati in molti. Solo che finché si adeguanoBerlusconi e Monti mi stupisco ben poco. Ma che ceda il Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una nuova emorragia di votanti». Secondo Settis, «La sinistra sta proprio perdendo la sua anima: si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo».
Renzi cavallo di Troia di questo neoliberismo che ha colonizzato la sinistra? «Certamente l’unico elemento chiaro del suo stile di governo è la fretta», dice Settis. «Dovrebbe prima spiegarci qual è il suo traguardo e poi come vuole arrivarci. Non basta solo la parola “riforma”, che può contenere tutto. Anche abolire la democrazia sarebbe una riforma». Quello che cerca Renzi, continua Settis, «è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli slogan. Se il premier sostiene che la Camera alta non è più elettiva, ma doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di che cosa voglia dire “democrazia”». Un nuovo Senato composto da sindaci e presidenti di Regione? «Mi pare una concessione volgare agli slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri figli rischiano di non celebrare il 200esimo compleanno».
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