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venerdì 2 novembre 2018

Perchè tutti guardano a Salvini per far saltare il Banco?

di Marco Travaglio


Renzi telefona a Salvini e concorda le mosse per logorare i 5 Stelle. Chiamparino si appella a Salvini perché “non sacrifichi la Torino-Lione”, sennò (brrr che paura) “ce la paghiamo noi, magari con l’aiuto delle altre regioni coinvolte dal tracciato Est-Ovest: Friuli, Veneto, Lombardia” (amministrate dagli amici leghisti Fontana, Zaia e Fedriga).
Confindustria si affida a Salvini per salvare “le ragioni delle imprese” (cioè i soliti miliardi pubblici). Repubblica intervista Alessandro Morelli, “direttore del sito Il Populista e responsabile comunicazione della Lega”, per salvare i giornali pagati dai contribuenti a loro insaputa (dei contribuenti) e titola trionfante: “Fondi all’editoria, la Lega non li vuole abolire.





Il pluralismo è nella Carta” (esatto: il pluralismo, non le marchette a spese nostre). Repubblica pubblica articoli pieni di comprensione per il povero Salvini, costretto a governare con quell’“alleato da sopportare”, cioè i 5Stelle, che incidentalmente han preso il doppio dei suoi voti, ma pretendono addirittura di cambiare qualcosa.



La lobby degli avvocati e degli imputati, dunque il Pd e FI, implorano Salvini di bocciare la riforma blocca-prescrizione che ha sottoscritto nel Contratto di governo e che quel pericoloso legalitario del ministro Bonafede pretende financo tradurre in legge: altrimenti poi i delinquenti in galera ci vanno per davvero.

Il Foglio e la retrostante lobbettina nazarena si appella a Salvini perché “dall’alta velocità dipende il suo futuro” e perché non si faccia metter sotto dai 5Stelle, visto che questo non è mica il governo Salvini – come ci avevano raccontato fino all’altroieri – ma il “governo Di Maio” dove “in economia Salvini non tocca palla”.

I pensionati d’oro senza contributi tremano per gli annunciati tagli e fanno la ola a Salvini perché salvi i loro assegni indebiti. Plotoni di evasori fiscali ancora sperano in un emendamento notturno della Lega, last minute, magari con l’ausilio di qualche Tesoro di manina, che reinfili nella manovra il condono sui capitali all’estero e sull’autoriciclaggio cancellato dai giustizialisti pentastellati.

La società Autostrade, cacciata dalla porta della ricostruzione del Ponte Morandi, spera in Salvini per rientrare dalla finestra, in base al noto principio “chi rompe non paga e i cocci sono nostri”. Le altre concessionarie di beni pubblici e comuni, puntano su Salvini per conservare i privilegi alla facciazza nostra.




I poteri marci romani sperano in Salvini perché, casomai non ci pensi la magistratura, si prenda pure il Campidoglio e li liberi finalmente da quell’impiastro della Raggi. Una che per gli appalti bandisce addirittura le gare (mai viste prima), non si decide a rubare e si permette pure di far piangere i palazzinari: ma scherziamo?

Tutto l’Ancien Régime, riavutosi a fatica dal kappaò del 4 marzo, s’è rimesso in piedi e ora sfila in processione sotto il balcone del Viminale al grido di “Forza Salvini, sei tutti noi!”, “Matteo, salvaci tu!”. Tutti col numeretto in coda per un’udienza, una parola buona, una carezza del Capitano.

Non fatevi ingannare dalle polemicuzze sui leghisti fascisti e razzisti: i primi a infischiarsene sono proprio quelli che agitano lo spauracchio. L’Italia dell’eterno Gattopardo, persi per strada B. & Renzi, ha scelto il suo nuovo campione, sperando che impedisca al “governo del cambiamento” di cambiare alcunché.

E lui, finora, si è rivelato perfetto per la bisogna: si fa dare volentieri del fascista dai media di sinistra, così i suoi fan sono contenti come pasque, e può pure fare la vittima sui giornali di destra (spettacolare, ieri, l’esito dell’inchiesta incautamente aperta su di lui dalla Procura di Agrigento sulla nave Diciotti, che gli ha consentito prima di automartirizzarsi sventolando l’avviso di garanzia per sequestro di persona e altri quattro o cinque reati, e ora di autobeatificarsi con l’inevitabile richiesta di archiviazione della Procura di Catania).

È al Cazzaro Verde, al restauratore travestito da rivoluzionario, non certo agli inutili Pd e FI, che devono rivolgersi tutte le caste e le lobby per restare aggrappate alle greppie. E lui garantisce tutti, tirando il freno a mano ogni qual volta i suoi ingenui alleati pentastellati provano a cambiare qualcosa.
Tanto sa che i suoi elettori lo seguirebbero in capo al mondo, scordandosi che la Lega è il partito più antico di tutti, guidato dal politico più longevo di tutti. La coerenza non gli è richiesta, le promesse mancate non gli verranno mai rinfacciate.

Il suo sì al Tav è un tradimento del Contratto di governo, così come il no alla blocca-prescrizione. Ma nessuno glielo ricorda: senza di lui, gli affari del Partito del Cemento andrebbero in fumo e tanti editori-prenditori perderebbero il salvacondotto che li tiene ancora a piede libero. Ieri, su La Stampa, Mattia Feltri ironizzava su chi nega che “questi signori da cui abbiamo il privilegio di essere governati” siano “fascisti” (forse ce l’aveva con Paolo Mieli), poi spiegava perché lo sono e soprattutto chi lo è: i “bifolchi del diritto” come il truce Bonafede, “uno che quanto a cultura giuridica dev’essere rimasto al codice di Hammurabi” e alla “civiltà degli oranghi”.
E lo sapete perché? Perché il camerata Bonafede vuole fermare la prescrizione al rinvio a giudizio, cioè un po’ dopo di quando si ferma in tutto il resto del mondo libero (i grandi paesi d’Europa e più ancora gli Usa sono tutte tirannidi popolate di oranghi e governate da bifolchi del diritto fedelissimi del codice di Hammurabi).
E come farà La Stampa a spacciare gli amici colpevoli e prescritti per innocenti e perseguitati? Ecco, Salvini faccia la grazia al gruppo Agnelli-De Benedetti & F.lli e blocchi la blocca-prescrizione.
Così, da fascista che era, tornerà a essere un sincero democratico.

Fonte: QUI

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