«O compagni sul letto di morte, / O fratelli su libero suol». Così scriveva Alessandro Manzoni nella sua ode “Marzo 1821”. Pochi giorni fa si sono tenute le elezioni proprio nel mese di marzo, una coincidenza ovviamente, ma non per questo priva di suggestione. Se Carlo Alberto di Savoia avesse già quell’anno varcato il Ticino e liberato dagli austriaci il Lombardo-Veneto, si sarebbero evitatele sofferenze dei successivi decenni di dominazione austriaca. Ma così non fu. Furono necessari ancora quasi quarant’anni per liberare la Lombardia.
Vedendo ciò che accade oggi nel nostro Paese, a distanza di circa duecento anni da allora, le elezioni politiche del 4 marzo hanno lanciato un segnale chiaro ed inequivocabile: la volontà popolare, nella misura di oltre la metà dei voti, non vuole più saperne del progetto europeo così com’è stato concepito finora con la costruzione dell’Ue. Ma non solo.
Non è forse un’Italia divisa quella che esce da queste elezioni tra un Nord a trazione leghista e un Sud pentastellato? C’è chi ha parlato addirittura di un ritorno al Regno delle Due Sicilie, guardando come si è distribuito il voto. Non è proprio così perché le due forze politiche che hanno ottenuto il miglior risultato in queste elezioni, Lega e M5S, aspirano entrambe a radicarsi sull’intero territorio nazionale, e la Lega ha abbandonato ogni idea secessionista. Ma non si può negare una spaccatura tra il Nord, che vuole meno tasse, e il Sud che avrebbe bisogno in realtà di più lavoro e non del reddito di cittadinanza (OdU* in attesa del Lavoro che non c'è, non si può condannare all'indigenza la gente). È dunque un risultato contraddittorio; per un verso la voglia di Nazione prevale in tutto il Paese contro la Ue, per l’altro la Nazione pare ancora divisa.
DOMINIO STRANIERO
A ben vedere di un’attualità sorprendente risulta Manzoni, proprio per superare questa divisione. L’esigenza di un intero popolo di liberarsi dal «dominio straniero» viene fuori anche oggi con una forza dirompente, quasi inarrestabile. Il dominatore sovranazionale, cambiando le vesti, è ancora vivo e vegeto. E detta le sue leggi. Sono mutati soggetti e strumenti, ma non l’obiettivo, che rimane invece sempre lo stesso: sottomettere i popoli ai voleri delle élite. Sotto una veste patinata di perbenismo, ben condita di ipocrisia e becero europeismo, si nasconde il dominio dell’usurpatore. Ieri l’Impero asburgico sul Nord-Italia, oggi l’Unione Europea sull’intero Paese.
Ed ecco che “Marzo 1821” diventa un’ode di nuovo attuale. Non si può di certo restare indifferenti quando Manzoni scrive «O stranieri, nel proprio retaggio / Torna Italia, e il suo suolo riprende; / O stranieri, strappate le tende / Da una terra che madre non v’è. / Non vedete che tutta si scote, / Dal Cenisio alla balza di Scilla? / Non sentite che infida vacilla / Sotto il peso de’ barbari piè?». Non è possibile non avvertire in questi versi una similitudine con la situazione attuale, soprattutto quando Manzoni fa riferimento ad una Terra, l’Italia, che non è madre dello straniero usurpatore che vi ha piazzato le sue «tende», il proprio dominio, con l’invito alla liberazione. Quell’Italia che si scuote, da Nord a Sud, è forse la stessa che oggi non vuole il dominio dell’Unione europea? Il contesto è ovviamente differente, ma la situazione di sottomissione trova senz’altro un tangibile riscontro anche ai giorni nostri.
NON PIÙ SERVA
«Dove già libertade è fiorita, / Dove ancor nel segreto matura, / Dove ha lacrime un’alta sventura, / Non c’è cor che non batta per te». Il sano sentimento patriottico,che soltanto a pronunciarlo oggi si finisce per essere tacciati di essere pericolosi populisti, viene fuori nei concetti di libertà, sventura nazionale e amor patrio. Non v’è dubbio che, nell’Ottocento come nel Terzo Millennio, può capitare che chi governa faccia gli interessi altrui e non quelli nazionali, ma la libertà prima o poi si risveglia: «Per l’Italia si pugna, vincete! / Il suo fato sui brandi vi sta».
Il destino della Patria è nelle nostre mani. Il dilemma più attuale che mai è: «O risorta per voi la vedremo/ Al convito de’ popoli assisa, / O più serva, più vil, più derisa/ Sotto l’orrida verga starà». Il percorso è tracciato: spetta a noi decidere se voler continuare a vedere un’Italia ancora succube da Nord a Sud della «dominazione straniera», oppure renderla libera e sovrana, non più serva, mai più derisa.
Dal Blog di Paolo Becchi
P.S: OdU*: Onda d'Urto
DOMINIO STRANIERO
A ben vedere di un’attualità sorprendente risulta Manzoni, proprio per superare questa divisione. L’esigenza di un intero popolo di liberarsi dal «dominio straniero» viene fuori anche oggi con una forza dirompente, quasi inarrestabile. Il dominatore sovranazionale, cambiando le vesti, è ancora vivo e vegeto. E detta le sue leggi. Sono mutati soggetti e strumenti, ma non l’obiettivo, che rimane invece sempre lo stesso: sottomettere i popoli ai voleri delle élite. Sotto una veste patinata di perbenismo, ben condita di ipocrisia e becero europeismo, si nasconde il dominio dell’usurpatore. Ieri l’Impero asburgico sul Nord-Italia, oggi l’Unione Europea sull’intero Paese.
Ed ecco che “Marzo 1821” diventa un’ode di nuovo attuale. Non si può di certo restare indifferenti quando Manzoni scrive «O stranieri, nel proprio retaggio / Torna Italia, e il suo suolo riprende; / O stranieri, strappate le tende / Da una terra che madre non v’è. / Non vedete che tutta si scote, / Dal Cenisio alla balza di Scilla? / Non sentite che infida vacilla / Sotto il peso de’ barbari piè?». Non è possibile non avvertire in questi versi una similitudine con la situazione attuale, soprattutto quando Manzoni fa riferimento ad una Terra, l’Italia, che non è madre dello straniero usurpatore che vi ha piazzato le sue «tende», il proprio dominio, con l’invito alla liberazione. Quell’Italia che si scuote, da Nord a Sud, è forse la stessa che oggi non vuole il dominio dell’Unione europea? Il contesto è ovviamente differente, ma la situazione di sottomissione trova senz’altro un tangibile riscontro anche ai giorni nostri.
NON PIÙ SERVA
«Dove già libertade è fiorita, / Dove ancor nel segreto matura, / Dove ha lacrime un’alta sventura, / Non c’è cor che non batta per te». Il sano sentimento patriottico,che soltanto a pronunciarlo oggi si finisce per essere tacciati di essere pericolosi populisti, viene fuori nei concetti di libertà, sventura nazionale e amor patrio. Non v’è dubbio che, nell’Ottocento come nel Terzo Millennio, può capitare che chi governa faccia gli interessi altrui e non quelli nazionali, ma la libertà prima o poi si risveglia: «Per l’Italia si pugna, vincete! / Il suo fato sui brandi vi sta».
Il destino della Patria è nelle nostre mani. Il dilemma più attuale che mai è: «O risorta per voi la vedremo/ Al convito de’ popoli assisa, / O più serva, più vil, più derisa/ Sotto l’orrida verga starà». Il percorso è tracciato: spetta a noi decidere se voler continuare a vedere un’Italia ancora succube da Nord a Sud della «dominazione straniera», oppure renderla libera e sovrana, non più serva, mai più derisa.
Dal Blog di Paolo Becchi
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