– di Filippo Ronchi –
Quello portato avanti da Renzi e dalla sua banda è un pericoloso tentativo di instaurazione di un regime liberista autoritario, che trova il suo blocco sociale di riferimento nel padronato della Confindustria ed in quello ancor più oltranzista alla Marchionne, negli speculatori finanziari alla Davide Serra e nell’ apparato partitico – burocratico- assistenziale parassitario del PD o ruotante attorno al PD. Le ultime occasioni di voto (europee, amministrative) hanno ampiamente dimostrato, peraltro, che questo blocco non rappresenta affatto le aspirazioni della “maggioranza” degli Italiani, poiché raccoglie non più del 22-25% a livello di elettorato complessivo, considerando il dilagante astensionismo, le schede bianche o nulle, le preferenze raccolte dalle opposizioni ancora in piedi. Cerchiamo quindi di focalizzare alcuni aspetti essenziali che rendono la situazione particolarmente grave.
Elettività e funzioni del Senato
Tutte le argomentazioni portate avanti dalla “maggioranza” per giustificare la riforma costituzionale, nata agli inizi del 2013 con il misterioso “Patto del Nazareno” tra Berlusconi ed il suo giovane pupillo (fino ad un certo punto) Renzi, si sono dimostrate inconsistenti. La prima è quella secondo cui il Senato farebbe perdere un sacco di tempo rallentando l’emanazione delle leggi. Allora perché non abolirlo del tutto, invece di mantenerlo con i suoi notevoli costi pressoché inalterati (dato che gli stipendi dei senatori- cancellati per i nuovi nominati- costituiscono una voce minore nel bilancio dell’ assemblea, rispetto agli apparati di Palazzo)? D’ altra parte è ampiamente dimostrato che in media ogni legge è stata approvata – da quando il sistema bicamerale “perfetto” è in vita nella Repubblica italiana – in meno di due mesi, ogni decreto in un mese e mezzo, ogni legge finanziaria in meno di tre mesi. Non sembrano proprio tempi biblici…
Le perdite di tempo le hanno provocate semmai i governi e le burocrazie ministeriali che nel corso degli anni non hanno emanato i decreti attuativi, mentre la “doppia lettura” delle leggi ha consentito un controllo che spesso ha evitato varie porcherie, bloccate appunto dai senatori dopo che i deputati le avevano fatte passare senza problemi. È stato detto inoltre che, con la riforma, il Senato diventa il luogo dove le Regioni e gli altri Enti locali esprimeranno la loro posizione. Peccato che questo luogo istituzionale esista già ed abbia un nome: “Conferenza Stato-Regioni”. Quanto alla diversificazione delle funzioni tra le due assemblee nessuno – neppure tra chi si oppone alla “riforma” – si è mai detto contrario, però non si capisce perché un Senato “diverso” non debba essere eletto. I paragoni evocati con il sistema tedesco e francese sono, in questo senso, del tutto fuorvianti.
Ad esempio nel Bundesrat siedono i presidenti ed i rappresentanti dei governi dei Lander, in numero variabile a seconda dell’importanza del Land, con un peso diverso anche al momento delle deliberazioni, potendo disporre ciascun Land di un numero di voti da 3 a 6 per ogni deliberazione. In Francia i cittadini eleggono ben 150.000 Grandi elettori che, a loro volta, eleggeranno i 348 senatori. Invece con la riforma partorita dalla bella ammiratrice di Amintore Fanfani e dal fan di Fonzie e di Giorgio La Pira, poco più di mille consiglieri regionali e provinciali eleggeranno 95 senatori. Dunque, altro che Lander tedeschi… Questi ultimi sono gli eredi di tradizioni e culture plurisecolari, al contrario la classe dirigente che andrebbe a formare il nuovo Senato italiano targato Boschi-Renzi sarebbe la duplicazione delle burocrazie partitiche dal livello centrale a quello locale. E non a caso si tratta di personale politico di serie B, quasi tutto inquisito per ruberie sui rimborsi pubblici, tangenti, sperperi, oppure illegittimo per le firme false sulle liste elettorali in cui era candidato.
Non si deve, poi, dimenticare che la legge elettorale che sta per essere varata, l’Italicum, con il meccanismo dei capilista bloccati avrà come effetto la formazione di maggioranze monopartitiche composte da due terzi di deputati nominati e minoranze composte da partiti che porteranno a Palazzo di Montecitorio solo capilista bloccati. In questo contesto, ai cittadini si vorrebbe togliere anche la scheda per il Senato. Il tutto deciso da un governo di avventurieri, formatosi al di fuori di ogni trasparente procedura democratica nel febbraio 2014, sostenuto da una maggioranza scaturita l’ anno precedente attraverso una legge elettorale dichiarata poi incostituzionale dalla Consulta.
Il “Suk” del Partito della Nazione
Ma Renzi non ha i numeri sicuri per far passare la sua riforma a Palazzo Madama ed allora ecco che arraffa senatori con promesse e minacce, pur di cambiare la Costituzione con qualche punto di scarto. Le prime votazioni in scioltezza a Palazzo Madama sembrerebbero dargli ragione, con il facile affondamento delle pregiudiziali di costituzionalità e della richiesta di rinvio del disegno di legge in Commissione, dopo l’esautoramento imposto dal PD. In effetti il “suk”, il “mercato delle vacche” funziona, seguendo vecchi schemi collaudati: voti in cambio di posti, cariche, favori. Se le stesse cose le stesse facendo Berlusconi, cadrebbe giù il mondo. Il “popolo viola”, il “popolo dei girotondi”, insomma il “popolo di sinistra” insulterebbe, brucerebbe in effigie, lapiderebbe non solo metaforicamente, ma magari servendosi di una statuetta del duomo di Milano.
È vero. Tutto ciò che il Discepolo sta compiendo (abolizione dell’ articolo 18, “Buona Scuola”, “riforma della Costituzione”), il Maestro aveva già ai suoi tempi tentato di attuare, ma a lui non fu consentito per la mobilitazione di folle orientate e incanalate dai mass-media “progressisti” che oggi invece acconsentono. Sarebbe interessante confrontare ciò che la stampa tutta (tranne gli house organ di Arcore) scriveva nel dicembre 2010, quando Berlusconi si comprava i senatori, gli Scilipoti e i Razzi, per rimpiazzare i seguaci di Fini in fuga, esattamente come sta facendo Renzi per rimpiazzare la “Sinistra PD” infida. Con l’aggravante che questo scempio, agli occhi di chi semplicemente tiene ad un minimo di decenza delle istituzioni repubblicane, avviene non su leggi ordinarie, ma addirittura sulla “riforma” di più di un terzo degli articoli della Costituzione.
E però, se all’epoca di Berlusconi si parlava di “mercato delle vacche”, “vergogna”, “scandalo”, oggi pudicamente si ragiona sulla necessità del “soccorso” degli “indecisi dell’opposizione” per “salvare le riforme”. La verità è che tramite l’ esercizio del voto di scambio a Palazzo Madama, il Rottamatore (il quale dichiarava nel 2010-2011: “E’ ora di finirla con chi viene eletto con qualcuno e poi passa di là. Vale per quelli di là, per quelli di sinistra, per tutti […] Se uno se ne va, deve fare il favore di lasciare anche il seggiolino”) divenuto Compratore sta assemblando il futuro Frankenstein-Partito della Nazione. Sarà questo il fondamentale effetto della “riforma” del Senato, se andrà in porto: il sorgere del Partito della Nazione costituito dal grosso del PD con annessi e connessi (cooperative, enti di assistenza nel “sociale”, in odore di corruzione e di intrecci para-mafiosi), fuoriusciti da Forza Italia (verdiniani, alfaniani, fittiani, grandi autonomisti per le libertà), dalla Lega Nord (tosiani), dal Movimento Cinque Stelle, tutti in attesa fiduciosa di rielezioni future e di “rimpasti” presenti, che consentano di accaparrarsi qualche “incarico”, cioè poltrone di sottogoverno o di commissione.
Il delirio di onnipotenza
Ha cominciato qualche settimana fa il Corriere della Sera a sostenere che la epocale “riforma” del Senato era attesa dagli Italiani da ben 36 anni (forse la modifica dei poteri, non certo l’abolizione del diritto di voto). Rompendo ogni freno inibitorio, dopo pochi giorni Renzi e la sua amata ministra Boschi, in due diverse occasioni, hanno dichiarato che gli Italiani attenderebbero “questa riforma da 70 anni”. Cioè secondo i due giovani politici toscani, dal 1945 – ossia da due anni prima che la nuova Costituzione repubblicana fosse discussa, elaborata e promulgata – gli Italiani protestavano contro il bicameralismo paritario. Eppure nessun Italiano, per quel che se ne sa, negli anni Settanta e Ottanta scese nelle piazze per esprimere il suo cordoglio dinanzi al naufragio delle tante “Commissioni bicamerali” (Bozzi, De Mita-Iotti, D’Alema-Berlusconi) che avrebbero voluto togliere poteri al Senato, o eliminare del tutto questa assemblea, nell’illusione di creare così una “democrazia efficiente”, invece di pensare alla corruzione, all’inconcludenza e rissosità che già in quel periodo minavano dall’interno i partiti.
Del resto, l’ultimo sondaggio effettuato dall’Ipsos rivela che solo il 3% degli Italiani conosce il contenuto della riforma del Senato dettagliatamente, il 28% “a grandi linee”, tutti gli altri non ne sanno niente, per dire come sia attesa da 70 anni la riforma di Renzi e della sua bella ministra. L’unica cosa che tutti hanno capito, guarda caso, è che il Senato – se passa detta riforma – non sarà più elettivo e infatti il 73% vuole continuare ad eleggerlo. Ma una volta rotti gli argini, è difficile fermarsi, così sempre Maria Elena Boschi ha rincarato la dose affermando che l’approvazione della sua “riforma” costituirebbe “un impegno da mantenere con i cittadini”. Una simile assurdità fornisce l’occasione per toccare un altro tasto dolente, dato che il PD nelle ultime elezioni politiche generali del 2013 era arrivato primo anche promettendo di far eleggere direttamente tutti i parlamentari dopo quasi dieci anni di “Porcellum” (la legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta, proprio perché non lo consentiva).
Per concludere su questo aspetto, l’unico bicameralismo che gli Italiani abolirono 70 anni fa fu quello creato dal fascismo, in cui entrambe le assemblee, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni ed il Senato, erano formate da “nominati”. La prima, da membri inseriti in un listone unico deciso dal Gran Consiglio del Fascismo, dal Consiglio Nazionale del Partito Fascista e dal Consiglio Nazionale delle Corporazioni, tutti organismi presieduti dal Duce. Il secondo, da membri in carica a vita, scelti dal re, ma su suggerimento del governo. I giovani politici toscani, detti “Giglio Magico”, arrivati a Palazzo Chigi stanno riuscendo nell’impresa di ricreare quasi quel sistema, con una Camera di nominati (capilista bloccati dell’Italicum) e un Senato di nominati (senatori inviati da quella sorta di associazioni a delinquere che sono diventati i consigli regionali).
Orwell 2015
Ciò che in questi giorni rende difficoltoso capire che cosa accadrà, come andrà a finire, è la particolare tecnica di disinformazione che Renzi ed i suoi accoliti stanno mettendo in atto. Quotidianamente una dose di “notizie” non vere, sotto forma di “veline”, vengono fatte filtrare da Palazzo Chigi. Esse, riprese dalla grande stampa e dal sistema mediatico televisivo pubblico sotto controllo della Presidenza del Consiglio, alterano la realtà o ne modificano la percezione, disorientando anche coloro che sarebbero ancora disposti a battersi in difesa delle istituzioni e della Repubblica. Una volta che l’informazione, ovviamente favorevole al premier o sfavorevole ai suoi oppositori, viene fatta “trapelare” da Renzi e dai suoi collaboratori, i mass-media asserviti se ne impadroniscono e la diramano, anche se nessuno ha potuto controllarla per capire se si tratta di verità, verosimiglianza, o falsità completa.
La fonte non è mai indicata, si tratta sempre di “ambienti”, “voci”, “indiscrezioni”, “dichiarazioni a microfono spento”, ecc. . I soggetti interessati si vedono attribuire così intenzioni, comportamenti, affermazioni inesistenti (fino ad oggi sono stati colpiti soprattutto esponenti della minoranza PD e il presidente del Senato Grasso, descritti come pronti all’accordo con il governo o al centro di manovre oscure). Coloro che finiscono nel mirino della disinformazione sono quindi costretti a smentire, ma a quel punto la menzogna ha sortito il suo effetto. Lo schema della comunicazione è sempre lo stesso: Renzi e la sua bella Boschi, i loro collaboratori sono pronti a cercare e trovare la “mediazione”, ma le opposizioni, interne al PD o esterne, non vogliono arrivare ad un’ intesa, perché interessati solo a “gufare”, a danneggiare l’ Italia. In realtà il “Giglio Magico” non intende arretrare di un millimetro. Il famoso “lodo” di cui si parla da mesi (e che non è stato comunque nemmeno formalizzato) consiste nell’ affiancare alle liste elettorali per i Consigli regionali altrettanti “listini” in cui gli elettori indichino quali dei consiglieri, in caso di elezioni, potranno diventare senatori. Ma questa non è l’ elezione diretta dei senatori, che continuerebbero ad essere scelti dai cittadini per fare in primo luogo i consiglieri regionali e si trasformerebbero in componenti di Palazzo Madama nei ritagli di tempo, beninteso con l’agognata immunità parlamentare.
Fonte: Opinione-Pubblica
P.S. di Vincenzo Cirigliano
Elettività e funzioni del Senato
Tutte le argomentazioni portate avanti dalla “maggioranza” per giustificare la riforma costituzionale, nata agli inizi del 2013 con il misterioso “Patto del Nazareno” tra Berlusconi ed il suo giovane pupillo (fino ad un certo punto) Renzi, si sono dimostrate inconsistenti. La prima è quella secondo cui il Senato farebbe perdere un sacco di tempo rallentando l’emanazione delle leggi. Allora perché non abolirlo del tutto, invece di mantenerlo con i suoi notevoli costi pressoché inalterati (dato che gli stipendi dei senatori- cancellati per i nuovi nominati- costituiscono una voce minore nel bilancio dell’ assemblea, rispetto agli apparati di Palazzo)? D’ altra parte è ampiamente dimostrato che in media ogni legge è stata approvata – da quando il sistema bicamerale “perfetto” è in vita nella Repubblica italiana – in meno di due mesi, ogni decreto in un mese e mezzo, ogni legge finanziaria in meno di tre mesi. Non sembrano proprio tempi biblici…
Le perdite di tempo le hanno provocate semmai i governi e le burocrazie ministeriali che nel corso degli anni non hanno emanato i decreti attuativi, mentre la “doppia lettura” delle leggi ha consentito un controllo che spesso ha evitato varie porcherie, bloccate appunto dai senatori dopo che i deputati le avevano fatte passare senza problemi. È stato detto inoltre che, con la riforma, il Senato diventa il luogo dove le Regioni e gli altri Enti locali esprimeranno la loro posizione. Peccato che questo luogo istituzionale esista già ed abbia un nome: “Conferenza Stato-Regioni”. Quanto alla diversificazione delle funzioni tra le due assemblee nessuno – neppure tra chi si oppone alla “riforma” – si è mai detto contrario, però non si capisce perché un Senato “diverso” non debba essere eletto. I paragoni evocati con il sistema tedesco e francese sono, in questo senso, del tutto fuorvianti.
Ad esempio nel Bundesrat siedono i presidenti ed i rappresentanti dei governi dei Lander, in numero variabile a seconda dell’importanza del Land, con un peso diverso anche al momento delle deliberazioni, potendo disporre ciascun Land di un numero di voti da 3 a 6 per ogni deliberazione. In Francia i cittadini eleggono ben 150.000 Grandi elettori che, a loro volta, eleggeranno i 348 senatori. Invece con la riforma partorita dalla bella ammiratrice di Amintore Fanfani e dal fan di Fonzie e di Giorgio La Pira, poco più di mille consiglieri regionali e provinciali eleggeranno 95 senatori. Dunque, altro che Lander tedeschi… Questi ultimi sono gli eredi di tradizioni e culture plurisecolari, al contrario la classe dirigente che andrebbe a formare il nuovo Senato italiano targato Boschi-Renzi sarebbe la duplicazione delle burocrazie partitiche dal livello centrale a quello locale. E non a caso si tratta di personale politico di serie B, quasi tutto inquisito per ruberie sui rimborsi pubblici, tangenti, sperperi, oppure illegittimo per le firme false sulle liste elettorali in cui era candidato.
Non si deve, poi, dimenticare che la legge elettorale che sta per essere varata, l’Italicum, con il meccanismo dei capilista bloccati avrà come effetto la formazione di maggioranze monopartitiche composte da due terzi di deputati nominati e minoranze composte da partiti che porteranno a Palazzo di Montecitorio solo capilista bloccati. In questo contesto, ai cittadini si vorrebbe togliere anche la scheda per il Senato. Il tutto deciso da un governo di avventurieri, formatosi al di fuori di ogni trasparente procedura democratica nel febbraio 2014, sostenuto da una maggioranza scaturita l’ anno precedente attraverso una legge elettorale dichiarata poi incostituzionale dalla Consulta.
Il “Suk” del Partito della Nazione
Ma Renzi non ha i numeri sicuri per far passare la sua riforma a Palazzo Madama ed allora ecco che arraffa senatori con promesse e minacce, pur di cambiare la Costituzione con qualche punto di scarto. Le prime votazioni in scioltezza a Palazzo Madama sembrerebbero dargli ragione, con il facile affondamento delle pregiudiziali di costituzionalità e della richiesta di rinvio del disegno di legge in Commissione, dopo l’esautoramento imposto dal PD. In effetti il “suk”, il “mercato delle vacche” funziona, seguendo vecchi schemi collaudati: voti in cambio di posti, cariche, favori. Se le stesse cose le stesse facendo Berlusconi, cadrebbe giù il mondo. Il “popolo viola”, il “popolo dei girotondi”, insomma il “popolo di sinistra” insulterebbe, brucerebbe in effigie, lapiderebbe non solo metaforicamente, ma magari servendosi di una statuetta del duomo di Milano.
È vero. Tutto ciò che il Discepolo sta compiendo (abolizione dell’ articolo 18, “Buona Scuola”, “riforma della Costituzione”), il Maestro aveva già ai suoi tempi tentato di attuare, ma a lui non fu consentito per la mobilitazione di folle orientate e incanalate dai mass-media “progressisti” che oggi invece acconsentono. Sarebbe interessante confrontare ciò che la stampa tutta (tranne gli house organ di Arcore) scriveva nel dicembre 2010, quando Berlusconi si comprava i senatori, gli Scilipoti e i Razzi, per rimpiazzare i seguaci di Fini in fuga, esattamente come sta facendo Renzi per rimpiazzare la “Sinistra PD” infida. Con l’aggravante che questo scempio, agli occhi di chi semplicemente tiene ad un minimo di decenza delle istituzioni repubblicane, avviene non su leggi ordinarie, ma addirittura sulla “riforma” di più di un terzo degli articoli della Costituzione.
E però, se all’epoca di Berlusconi si parlava di “mercato delle vacche”, “vergogna”, “scandalo”, oggi pudicamente si ragiona sulla necessità del “soccorso” degli “indecisi dell’opposizione” per “salvare le riforme”. La verità è che tramite l’ esercizio del voto di scambio a Palazzo Madama, il Rottamatore (il quale dichiarava nel 2010-2011: “E’ ora di finirla con chi viene eletto con qualcuno e poi passa di là. Vale per quelli di là, per quelli di sinistra, per tutti […] Se uno se ne va, deve fare il favore di lasciare anche il seggiolino”) divenuto Compratore sta assemblando il futuro Frankenstein-Partito della Nazione. Sarà questo il fondamentale effetto della “riforma” del Senato, se andrà in porto: il sorgere del Partito della Nazione costituito dal grosso del PD con annessi e connessi (cooperative, enti di assistenza nel “sociale”, in odore di corruzione e di intrecci para-mafiosi), fuoriusciti da Forza Italia (verdiniani, alfaniani, fittiani, grandi autonomisti per le libertà), dalla Lega Nord (tosiani), dal Movimento Cinque Stelle, tutti in attesa fiduciosa di rielezioni future e di “rimpasti” presenti, che consentano di accaparrarsi qualche “incarico”, cioè poltrone di sottogoverno o di commissione.
Il delirio di onnipotenza
Ha cominciato qualche settimana fa il Corriere della Sera a sostenere che la epocale “riforma” del Senato era attesa dagli Italiani da ben 36 anni (forse la modifica dei poteri, non certo l’abolizione del diritto di voto). Rompendo ogni freno inibitorio, dopo pochi giorni Renzi e la sua amata ministra Boschi, in due diverse occasioni, hanno dichiarato che gli Italiani attenderebbero “questa riforma da 70 anni”. Cioè secondo i due giovani politici toscani, dal 1945 – ossia da due anni prima che la nuova Costituzione repubblicana fosse discussa, elaborata e promulgata – gli Italiani protestavano contro il bicameralismo paritario. Eppure nessun Italiano, per quel che se ne sa, negli anni Settanta e Ottanta scese nelle piazze per esprimere il suo cordoglio dinanzi al naufragio delle tante “Commissioni bicamerali” (Bozzi, De Mita-Iotti, D’Alema-Berlusconi) che avrebbero voluto togliere poteri al Senato, o eliminare del tutto questa assemblea, nell’illusione di creare così una “democrazia efficiente”, invece di pensare alla corruzione, all’inconcludenza e rissosità che già in quel periodo minavano dall’interno i partiti.
Del resto, l’ultimo sondaggio effettuato dall’Ipsos rivela che solo il 3% degli Italiani conosce il contenuto della riforma del Senato dettagliatamente, il 28% “a grandi linee”, tutti gli altri non ne sanno niente, per dire come sia attesa da 70 anni la riforma di Renzi e della sua bella ministra. L’unica cosa che tutti hanno capito, guarda caso, è che il Senato – se passa detta riforma – non sarà più elettivo e infatti il 73% vuole continuare ad eleggerlo. Ma una volta rotti gli argini, è difficile fermarsi, così sempre Maria Elena Boschi ha rincarato la dose affermando che l’approvazione della sua “riforma” costituirebbe “un impegno da mantenere con i cittadini”. Una simile assurdità fornisce l’occasione per toccare un altro tasto dolente, dato che il PD nelle ultime elezioni politiche generali del 2013 era arrivato primo anche promettendo di far eleggere direttamente tutti i parlamentari dopo quasi dieci anni di “Porcellum” (la legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta, proprio perché non lo consentiva).
Per concludere su questo aspetto, l’unico bicameralismo che gli Italiani abolirono 70 anni fa fu quello creato dal fascismo, in cui entrambe le assemblee, la Camera dei Fasci e delle Corporazioni ed il Senato, erano formate da “nominati”. La prima, da membri inseriti in un listone unico deciso dal Gran Consiglio del Fascismo, dal Consiglio Nazionale del Partito Fascista e dal Consiglio Nazionale delle Corporazioni, tutti organismi presieduti dal Duce. Il secondo, da membri in carica a vita, scelti dal re, ma su suggerimento del governo. I giovani politici toscani, detti “Giglio Magico”, arrivati a Palazzo Chigi stanno riuscendo nell’impresa di ricreare quasi quel sistema, con una Camera di nominati (capilista bloccati dell’Italicum) e un Senato di nominati (senatori inviati da quella sorta di associazioni a delinquere che sono diventati i consigli regionali).
Orwell 2015
Ciò che in questi giorni rende difficoltoso capire che cosa accadrà, come andrà a finire, è la particolare tecnica di disinformazione che Renzi ed i suoi accoliti stanno mettendo in atto. Quotidianamente una dose di “notizie” non vere, sotto forma di “veline”, vengono fatte filtrare da Palazzo Chigi. Esse, riprese dalla grande stampa e dal sistema mediatico televisivo pubblico sotto controllo della Presidenza del Consiglio, alterano la realtà o ne modificano la percezione, disorientando anche coloro che sarebbero ancora disposti a battersi in difesa delle istituzioni e della Repubblica. Una volta che l’informazione, ovviamente favorevole al premier o sfavorevole ai suoi oppositori, viene fatta “trapelare” da Renzi e dai suoi collaboratori, i mass-media asserviti se ne impadroniscono e la diramano, anche se nessuno ha potuto controllarla per capire se si tratta di verità, verosimiglianza, o falsità completa.
La fonte non è mai indicata, si tratta sempre di “ambienti”, “voci”, “indiscrezioni”, “dichiarazioni a microfono spento”, ecc. . I soggetti interessati si vedono attribuire così intenzioni, comportamenti, affermazioni inesistenti (fino ad oggi sono stati colpiti soprattutto esponenti della minoranza PD e il presidente del Senato Grasso, descritti come pronti all’accordo con il governo o al centro di manovre oscure). Coloro che finiscono nel mirino della disinformazione sono quindi costretti a smentire, ma a quel punto la menzogna ha sortito il suo effetto. Lo schema della comunicazione è sempre lo stesso: Renzi e la sua bella Boschi, i loro collaboratori sono pronti a cercare e trovare la “mediazione”, ma le opposizioni, interne al PD o esterne, non vogliono arrivare ad un’ intesa, perché interessati solo a “gufare”, a danneggiare l’ Italia. In realtà il “Giglio Magico” non intende arretrare di un millimetro. Il famoso “lodo” di cui si parla da mesi (e che non è stato comunque nemmeno formalizzato) consiste nell’ affiancare alle liste elettorali per i Consigli regionali altrettanti “listini” in cui gli elettori indichino quali dei consiglieri, in caso di elezioni, potranno diventare senatori. Ma questa non è l’ elezione diretta dei senatori, che continuerebbero ad essere scelti dai cittadini per fare in primo luogo i consiglieri regionali e si trasformerebbero in componenti di Palazzo Madama nei ritagli di tempo, beninteso con l’agognata immunità parlamentare.
Fonte: Opinione-Pubblica
P.S. di Vincenzo Cirigliano
E se ad un certo punto si trovasse il modo di dare un ruolo, al pari di quello che ha oggi, ad un Senato preventivamente sganciato dal voto popolare e nominato a livello Regionale, dove i vecchi partiti continuano a recitare un ruolo di primo piano con personaggi loschi in grado di raccattare e comprare letteralmente ingenti quantità di voti?
In questo caso la vecchia partitocrazia si sarebbe assicurata lunga vita nelle stanze del potere, tutelandosi magari da una eventuale vittoria che il M5S potrebbe guadagnare nell'altra camera. Ipotesi remota?
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