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martedì 15 settembre 2015

Un Mondo al contrario

- di Marco Cedolin

Ascoltando la cacofonia schizofrenica dell’universo massmediatico in queste ultime settimane, continua a ronzarmi nella testa il gingle di uno sciocco carosello degli anni 70 “Il paese dell’incontrario, dove sia non si sa, io lo so ma non lo dico”, dal momento che proprio in un “paese dell’incontrario”, assai meno idilliaco di quello della pubblicità di 40 anni fa, ho la sensazione di ritrovarmi a vivere in questo mio presente ricco di tinte fosche e scampoli di realtà dai toni drammatici….



Gli Usa e la Ue, nel bel mezzo di una crisi economica che sta scarnificando la dignità delle famiglie e violentando il futuro delle nuove generazioni, fingono che non sia successo nulla e si dedicano ad altri problemi, secondo loro più impellenti.

Dopo avere distrutto e gettato nella barbarie l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia, violentato la Siria e ridotto in miseria buona parte dell’Africa, gli stessi “distruttori di mondi” si scoprono improvvisamente “amici” degli africani, degli afgani, degli iracheni, dei siriani, ma soltanto qualora gli stessi abbandonino il proprio paese, per correre in occidente sotto forma di migranti che anelano ad un futuro migliore.

 Il tutto senza considerare minimamente il fatto che costoro un futuro migliore lo avevano già in patria, prima che le “volenterose” bombe della Nato lo mandassero in frantumi. Nè il fatto che nella maggior parte dei paesi occidentali il futuro sta diventando un incubo per le stesse popolazioni locali, anche grazie al dumping sociale che la politica dell’immigrazione indiscriminata senza dubbio favorisce.
Nel delirio dell’elitè mondialista e dei suoi figli che si tolgono per un paio d’ore le Tods per marciare a piedi scalzi contro Orban e tutti coloro che si oppongono all’immigrazione (o deportazione che sarebbe più corretto) in Europa di milioni di persone, il nemico principe è quello che ancora resta degli stati sovrani. Le identità, le tradizioni, le peculiarità dei singoli popoli, sono mostri che vanno espiantati, all’insegna di un mondo nuovo, senza frontiere, ma anche senza diritti. Il mondo McDonald’s, una distesa appiattita di “sopravviventi” apolidi, deprivati di qualsiasi identità e costretti a lavorare e consumare come ossessi per riuscire a tirare avanti la propria esistenza.

A Monaco ed a Vienna migliaia di profughi entrano trionfalmente in città fra gli applausi della popolazione, reggendo in mano la foto della Merkel, senza che a nessuno dei giornalisti impegnati ad immortalare l’evento venga in mente di domandarsi chi ha creato quei profughi e per quale ragione lo abbia fatto. Al largo delle coste siciliane, spesso più vicino a quelle africane che all’Italia, quasi quotidianamente naufragano barconi carichi di migranti, i più fortunati dei quali vengono tratti in salvo dalla marina nostrana, evitando di annegare come invece accade a molti altri. 

La “buona stampa” altrettanto quotidianamente documenta le tragedie con dovizia di particolari, senza però mai chiedersi chi stia inducendo, per ingrassare il proprio tornaconto, masse sempre più cospicue di disperati a salire sui quei barconi, alla ricerca di un Eldorado che non esiste, nè esisterà mai.

Come se tutto questo teatrino dell’assurdo non fosse già abbastanza disperato e disperante di suo, i professionisti della comunicazione, mai come oggi specializzati nell’orientamento del pensiero, non lesinano di condire il tutto con lo sciacallaggio sulle foto di bambini morti e sui migranti deceduti nelle circostanze più raccapriccianti, additando chiunque osi mostrare scetticismo verso la globalizzazione mondialista come il depositario di una colpa universale.

Gli economisti che attraverso la propria professionalità ci hanno condotti nel baratro di una crisi irreversibile, ci informano che nei prossimi 40 anni l’Europa dovrà accogliere 250 milioni di migranti che alla luce di un curioso ragionamento cervellotico dovrebbero servire (così come serve una merce) a pagare le pensioni degli europei. Ma nessun giornalista in carriera ha pensato bene di domandare a costoro quali prospettive di lavoro avranno gli europei nei decenni a venire, nè cosa ne sarà dei paesi di provenienza dell’immigrazione di massa.

Il bestiario politico non si mostra certo migliore del reparto orientamento del pensiero. Matteo Renzi afferma di ritenere una bestia chiunque non condivida il pensiero del PD e alla luce dei risultati elettorali del suo partito trasforma l’Italia in un paese di animali. La Merkel si trasforma da satanasso in fatina buona. Il premio Nobel Obama dimentica le proprie responsabilità nella distruzione di almeno una mezza dozzina di stati sovrani, continua a coccolare l’Isis.

Il paese dell’incontrario, dove i carnefici si trasformano nei “buoni” da ammirare, le bestie da macello vengono addittate come lupi assassini ed i radical chic marciano scalzi in segno di protesta, mentre chi scalzo lo è per davvero si suicida compostamente, senza che il circo mediatico ed i radical chic lo ritengano meritevole della propria attenzione.

Fonte: Il Corrosivo

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