L'ENI IN ITALIA
Nel 2014 l'Eni ha conseguito un fatturato di 154 miliardi di euro (più della ricchezza totale di uno Stato di medie dimensioni come l'Ungheria) e un utile netto di quasi di 7 miliardi. Una montagna di soldi che solo in minima parte ritornano, però, nelle casse pubbliche. Da quando nel 1992 l'Eni è stata convertita in società per azioni i suoi utili non vanno più tutti ai cittadini italiani. Nel suo azionariato, infatti, sono presenti altri attori istituzionali fra i quali la Gran Bretagna, l'Irlanda, gli Stati Uniti, il Canada. Tutti insieme detengono oltre il 50% del capitale della compagnia petrolifera, ormai non più italiana.
Fino a quando l'Eni era una società' al 100% dello Stato italiano i benefici dello sfruttamento del sottosuolo venivano ripartiti fra tutti i cittadini, ma adesso non è più così nonostante una legge italiana dica che le risorse del sottosuolo appartengono allo Stato italiano.
Con 27 pozzi e 104 mila barili al giorno, l'Eni estrae in Basilicata circa l'80% della produzione nazionale. Le royalty concesse agli enti locali sono appena il 7% + 3%, (nel 2014 sono valse appena 95 milioni di euro). Questa percentuale è fra le più basse al mondo. Enrico Mattei, che dell'Eni è stato il primo Presidente, pensava che imporre royalty al 15% ai Paesi africani fosse un rigurgito neo imperialista. L'Eni in Italia fa di peggio. In Venezuela, Bolivia ed Ecuador le royalty imposte alle compagnie petrolifere sono al 50%, in Norvegia e Indonesia addirittura al'80%. Le compagnie petrolifere sanno di avere in Italia una controparte politica debole e diventano insaziabili: non solo pagano cifre irrisorie ma vogliono pure lo sconto, così come chiesto lo scorso 18 maggio in un ricorso al Tar della Lombardia (Eni e Shell hanno chiesto un taglio da 21 milioni di euro alle royalty destinate a Stato, Regione Basilicata e comuni valdagrini).
IL PETROLIO PORTA POVERTA'
Altro che Eldorado, la Basilicata è la regione più povera d'Italia: il 31,6% dei giovani fra i 15 e i 34 anni è disoccupato, il 28% delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà. A Matera non arriva neppure la ferrovia. La Commissione europea ha, inoltre, avviato una procedura d'indagine per verificare la situazione ambientale e sanitaria provocata dalle estrazioni petrolifere in Val d'Agri, dove è ubicato il più grande giacimento su terraferma d'Europa. I dati forniti dall'Acquedotto pugliese non lasciano dubbi: nell'acqua che sgorga dall'impianto di potabilizzazione a valle della diga del Pertusillo sono stati trovati una ventina di metalli pesanti in quantità oltre i limiti consentiti. La maggior parte di questi metalli è riconducibili alle attività estrattive del petrolio. Questa è l'acqua che bevono i lucani e i pugliesi.
Con il decreto Sblocca Trivelle, il governo vuole importare questo modello di sfruttamento e di degrado ambientale anche ad altre Regioni italiane. Il Movimento 5 Stelle dice no alle trivelle in Adriatico e in Sicilia perché le conseguenze su ambiente, pesca e turismo sarebbero troppo grandi e imprevedibili.
L'ENI NEL MONDO
L'attuale amministratore delegato dell'Eni Claudio Descalzi è indagato per corruzione internazionale dalla Procura di Milano per presunte tangenti in Nigeria. Dopo il discorso di Beppe Grillo all'assemblea Eni, il Movimento 5 Stelle ha depositato al Senato una proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'Eni per analizzare il legame tra le sue attività e il fenomeno della corruzione.
Il modello di sviluppo legato al fossile ha fallito: oltre a portare disastri ambientali, ha ripercussioni economiche e sociali negative per i Paesi più poveri. Lo sviluppo di quelle zone viene frenato, infatti, dall'avidità delle multinazionali che ne corrompono i dirigenti. Lobby petrolifere e governi fantocci sfruttano le risorse disponibili senza che le popolazioni ne abbiano vantaggio, producendo solo miseria e rancore verso l'Occidente. Ecco come nascono le migrazioni selvagge e disordinate.
La Germania ha puntato tutto sull'energia rinnovabile, ha approvato una moratoria sul fracking fino al 2021 e impiega nel settore delle rinnovabili ben 370 mila persone. In Italia, invece, gli incentivi alle rinnovabili vengono addirittura tagliati retroattivamente: una decisione assurda e antistorica tant'è che la stessa Unione europea l'ha duramente criticata. Il nostro petrolio sono il sole e il vento.
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