Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz ha scritto qualche giorno fa che “l’Italia è abbastanza grande, e con economisti abbastanza competenti e creativi, per gestire una uscita di fatto dall’eurozona, stabilendo un sistema flessibile di doppia valuta che potrebbe aiutare a ripristinare la prosperità del Paese”. Stiglitz chiarisce così che un regime di doppia valuta, l’euro e la moneta fiscale, potrebbe ridare slancio alla domanda aggregata e rivitalizzare finalmente l’economia italiana. Tuttavia, secondo lui “questo sistema violerebbe le norme sull’euro, anche se l’onere di una decisione sull’uscita formale dall’euro, con tutte le sue conseguenze, verrebbe trasferito a Bruxelles e a Francoforte, mentre l’Italia conterebbe sulla paralisi dell’UE per evitare l’uscita definitiva.
Partiamo da un fatto che Stiglitz denuncia con forza. Il crollo dell’Italia e forse dell’eurozona è vicino. Il debito pubblico è fuori misura e fuori controllo. E’ una spirale: l’Italia fa deficit solo per pagare gli interessi sul debito. Se il nuovo governo giallo-verde non riuscirà a sgombrare questo macigno fallirà entro breve e l’Italia rischia di uscire malamente dall’euro. Tutto il castello di carte dell’eurozona potrebbe crollare. I governi tedeschi e francesi, Merkel e Macron, stanno già allestendo una sorta di Fondo Monetario Europeo per “curare” la nostra economia prevedendo la crisi verticale del debito pubblico italiano. I grandi giornali italiani non lo dicono ma la Troika e il commissariamento sono vicini; e dobbiamo evitarli. Ma come?
Gli accademici mainstream suggeriscono da sempre, come una litania, di tagliare la spesa pubblica e il costo del lavoro: ma in questo modo il PIL si riduce in maniera più che proporzionale. La politica suicida d’austerità di Mario Monti – e poi dei governi successivi - ha dimostrato che i tagli alla spesa pubblica sono controproducenti.
Quando arrivò a Palazzo Chigi nel novembre 2011 per “salvare” il Paese, Monti trovò un rapporto debito/PIL al 119%, ma quando se ne andò, il rapporto era al 126,5%, semplicemente perché il PIL era diminuito. Nonostante quello che predicano gli economisti dell’austerità di scuola bocconiana e neo-liberista, i Giavazzi, gli Alesina, e i loro compagni di cordata, tagliare fa peggio. C’è un’altra soluzione.
Supponiamo che uno stato della periferia dell’eurozona, pur gravato da un forte debito pubblico, intenda avviare una manovra espansiva rispettando il vincolo di non aumentare il suo deficit di bilancio. Il governo in questione – per esempio quello italiano - potrebbe decidere di emettere in maniera massiccia, ovvero per miliardi di euro, dei nuovi strumenti finanziari, i Titoli di Sconto Fiscale. I TSF danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti fiscali dopo tre anni dall’emissione. Nel quarto anno i TSF potranno essere utilizzati al loro valore nominale per diminuire le tasse e altre obbligazioni verso lo stato (contributi, tariffe, multe, ecc.).
I TSF tuttavia, esattamente come tutti gli altri titoli di stato, come i Bot e i CCT, potranno essere ceduti immediatamente sul mercato finanziario in cambio di euro e possono quindi subito incrementare la capacità di spesa dell’economia. Essendo titoli a breve-media scadenza garantiti dallo stato per “pagare” le tasse, saranno scambiati sul mercato finanziario con un minimo tasso di attualizzazione. I TSF varranno certamente più dei BTP. 100 euro di TSF equivarranno in pratica a 100 euro, o poco di meno. Grazie a questa conversione, nell’economia reale circoleranno gli euro e non monete parallele (come invece sarebbero i mini-bot cartacei, che vorrebbero diventare un sistema di pagamento alternativo proibito da Maastricht).
I TSF non generano debito né al momento dell’emissione né in quello dell’utilizzo. Infatti all’emissione lo stato non sborsa soldi; inoltre i TSF non possono essere neppure contabilizzati come debito perché il governo s’impegna non a rimborsarli in euro ma soltanto a concedere sgravi sulle tasse future, e le riduzioni fiscali non sono mai, secondo i principi di contabilità, sia nel diritto pubblico che in quello privato, computabili come debito. Qualsiasi altra eventuale (ma improbabile) interpretazione sarebbe chiaramente contra legem e facilmente impugnabile con successo presso la Corte di Giustizia Europea. Inoltre, dopo tre anni dalla loro creazione, quando i TSF potranno essere utilizzati per pagare le tasse, il deficit fiscale che si creerebbe ceteris paribus verrà compensato dalla crescita del PIL (come dimostreremo in seguito).
I TSF godranno prevedibilmente di buona valutazione da parte delle agenzie di rating perché sono titoli pienamente utilizzabili per "pagare le tasse" anche se lo stato fallisse. Se i TSF avranno – come certamente avrebbero - un buon rating, o comunque un rating più che sufficiente, la BCE li accetterà automaticamente come garanzia collaterale per concedere prestiti alle banche. Così anche le banche li accetteranno molto volentieri. Anche i mercati promuoverebbero i TSF vedendo che aumentano il PIL e riducono bruscamente il rapporto debito pubblico/PIL fin dal primo anno. E la Commissione UE non potrebbe obiettare nulla sul piano regolamentare perché i TSF non sono moneta e non generano debito ma surplus di bilancio pubblico. Quindi nessuna Italexit.
I TSF verranno assegnati a titolo gratuito a famiglie, aziende ed enti pubblici per aumentare il potere d’acquisto senza aumentare il debito.
Le emissioni di TSF potrebbero partire da un livello pari al 2% circa del PIL - circa 35 miliardi di euro per l’Italia: l’incremento della domanda farà inizialmente crescere il PIL intorno al 2-3%, fino al recupero dell’”output gap” prodotto dalla crisi.
Nel periodo che va dall’emissione dei TSF fino alla loro maturazione entrerà in funzione il moltiplicatore del reddito: ogni nuovo euro in circolazione genererà un forte aumento del PIL.
Dopo tre anni dall’emissione dei TSF, la crescita del PIL nominale indotta dal moltiplicatore e dall’inflazione darà luogo a un aumento del gettito fiscale che compenserà il costo dei TSF senza incremento di deficit pubblico, anzi con surplus fiscale. Questo è in prima approssimazione dimostrabile grazie a semplici ma affidabili simulazioni eseguibili su foglio excel, come la seguente. Rispetto alle due variabili chiave - moltiplicatore del reddito e inflazione - nel modello si fanno ipotesi che appaiono assai prudenti ma anche realistiche e verosimili.
La tavola indica chiaramente che la manovra proposta aumenta significativamente il PIL, produce surplus di bilancio pubblico, e alla fine si ripaga grazie all’incremento dei ricavi fiscali.
Un governo ambizioso, intelligente e coraggioso potrebbe, sul piano tecnico, emettere TSF nel giro di poche settimane. Questo progetto non richiede riforme dei trattati dell’Unione Europea e non implica di chiedere soccorso ad altri Paesi, al Fondo Salvastati e alla Troika. Emettere TSF è una decisione che un governo può prendere autonomamente con grande consenso sociale. Questo progetto offre inoltre l’enorme vantaggio di potere essere essere attuato rafforzando la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro, yen, yuan, pound. La cosiddetta moneta fiscale dovrebbe essere considerata come l’ancora di salvezza di un’eurozona strutturalmente fragile e sempre sull’orlo del precipizio.
fonte: MicroMega
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