Ora è ufficiale: Sergio Mattarella ha scelto Paolo Gentiloni per formare il nuovo governo in seguito alle dimissioni di Matteo Renzi sconfitto al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Lo stallo, dunque, è superato. Mattarella ha sostenuto con enfasi, al termine delle consultazioni, che l’Italia «ha bisogno di un governo in tempi brevi», giacché vi sono «scadenze e impegni da rispettare, sul piano interno, europeo e internazionale».
Testuali parole: né più, né meno. Diretto, chiaro e puntuale. Insomma, la solita logora retorica europeista del “ci vuole più Europa”, il mantra a cui gli euroinomani a reti unificate ci hanno da anni abituato. Nulla di nuovo, certo. Sono ormai anni che sentiamo frasi di questo genere, slogan fatti apposta per negare ogni possibile seria discussione (aprioricamente silenziata come “eurofoba” e “populista”). Ciò che stupisce nel caso specifico è che Gentiloni sia ora stato nominato da Mattarella all’indomani di un referendum in cui il popolo italiano si è espresso contro la riforma della Costituzione.
La riforma – non dimentichiamolo – si fondava in larga parte sul tentativo di costituzionalizzare l’Unione Europea, di modo che gli ordini di Bruxelles venissero cadavericamente eseguiti a Roma, nel superamento dell’ancora vigente conflitto tra Trattati Europei e Costituzione italiana. Il popolo italiano ha detto no a questa riforma e, con essa, alla perdita della sovranità nazionale. E Mattarella nomina ora il Gentiloni apologeta entusiasta delle cessioni di sovranità in nome dell’Unione Europea, eufemisticamente detta democratica (e, in realtà, democratica quanto Attila re degli Unni).
Come talvolta usa dire, rientra dalla finestra ciò che si era cacciato dalla porta. Ci permettiamo, allora, di rammentare che il teorema di Gentiloni e degli euristi – «dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica» – è incompatibile con la Costituzione italiana (art. 11) che lo scorso 4 dicembre il popolo italiano ha democraticamente scelto di mantenere e di difendere. Possiamo, dunque, immaginare con quali propositi e con quale spirito l’Italia si presenterà all’appuntamento con l’Unione Europea.
Come dopo il referendum in Grecia nel 2015, anche ora in Italia la scelta democratica del popolo sovrano è carta straccia. I signori del mondialismo e dell’eurocrazia hanno già deciso. Tutto il resto è un fastidioso intralcio o, per citare Mario Monti, un inopportuno «eccesso di democrazia».
Fonte: lettera43
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