“Meno crescita, piu’ deficit: davanti al rallentamento dell’economia il governo italiano vuole da Bruxelles ancora piu’ di flessibilita’, citando circostanze eccezionali come la crisi migratoria o il terremoto” scrive il quotidiano francese commentando le cifre dei conti pubblici dell’Italia.
“L’obbiettivo del presidente del Consiglio Matteo Renzi e’ di avere a disposizione risorse supplementari tra i 9 ed i 10 miliardi di euro. Per farne cosa? – si domanda il giornale -“. Figaro cita i progetti di grandi infrastrutture, un aiutino fiscale alle imprese ed un aumento delle pensioni piu’ basse; inoltre niente aumento dell’Iva e stimolo agli investimenti che, secondo Renzi, devono diventare “la priorita’ per l’Italia e l’Europa”.
Ecco cosi’ riemergere l’idea del ponte sullo Stretto di Messina: un vero “serpente di mare della politica italiana”, come lo definisce il Figaro, un’idea che appare e scompare da decenni e che non diventa mai realta’.
Questa volta a rilanciarla e’ Renzi: lo scopo e’ di “avvicinare la Sicilia alla Calabria” e “creare 100 mila posti di lavoro” nelle due regioni. Pietro Salini, il presidente esecutivo dell’azienda Btp Impregilo incaricata dell’ultimo progetto in materia, ha dichiarato che l’opera potrebbe essere realizzata in sei anni e si e’ detto pronto a rinunciare al colossale indennizzo che ha chiesto allo Stato (790 milioni di euro oltre ai 350 milioni gia’ accordati) se otterra’ di nuovo il contratto che era stato poi annullato nel 2012 dal governo di Mario Monti.
Il ponte sospeso lungo 3.300 metri dovrebbe costare complessivamente 8 miliardi di euro, in larga parte finanziati dal settore privato. Il Movimento 5 stelle (M5s) di Beppe grillo ha subito criticato il progetto bollandolo come “un’opera inutile”; Massimo D’Alema, uno dei principali avversari di Renzi in seno al suo Partito democratico (Pd), a sua volta ha definito l’idea come “un regalo a Berlusconi”, che aveva tentato inutilmente di realizzarla e che proprio ieri ha festeggiato i suoi 80 anni.
Il fatto e’ – scrive Figaro – che Renzi si sta giocando il futuro politico con il referendum del 4 dicembre prossimo sulla “sua” riforma costituzionale: secondo i sondaggi i “No” sarebbero in vantaggio e il vasto schieramento dei suoi oppositori affila le armi sperando di scalzarlo dal governo. Da qui la necessita’ di una Finanziaria “elettorale”; ed ecco allora che Renzi sempre ieri ha presenziato alla conferenza stampa in cui l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato (FS), Renato Mazzoncini, ha presentato un ambizioso piano industriale la cui locomotiva saranno massicci investimenti per 94 miliardi di euro.
Un piano con cui le FS intendono andare ben aldila’ dei binari e persino dei confini dell’Italia: gran parte della crescita del gruppo dovra’ avvenire nel trasporto stradale, in coordinamento con quello ferroviario; l’azienda inoltre intende approfittare dell’apertura del mercato del trasporto ferroviario che l’Unione Europea sta imponendo ai paesi membri; e vuole infine diventare il partner privilegiato nella realizzazione di infrastrutture in area geografiche del mondo che attualmente sono in forte ritardo, come il Medio Oriente, l’India, l’Africa o il Sud-Est asiatico.
Al piano lo Stato contribuira’ con 35 miliardi, spalmati da qui al 2026: un ulteriore schiaffo ai severi guardiani di Bruxelles, a cui Renzi offre in sostanza solo l’impegno a riprendere le privatizzazioni, il cui cammino quest’anno e’ stato assai rallentato: nel 2017 ad esempio le stesse FS avvieranno la privatizzazione parziale delle sue attivita’, a cominciare dalle linee TAV ed intercity di Trenitalia. Renzi promette anche che l’anno prossimo l’enorme debito pubblico dell’Italia scendera’ di qualche decimale, ma la battaglia con la Commissione europea sara’ dura: a piu’ riprese Bruxelles ha gia’ fatto sapere all’Italia di essere stata finora anche troppo conciliante e che nessuna flessibilita’ e’ piu’ possibile.
Di fatto – conclude il quotidiano – Renzi sta preparando lo scontro frontale con la Commissione europea per avere una “buona ragione” per dare – se sconfitto al referendum, com’è probabile – le dimissioni, così da farlo apparire il “paladino” dell’Italia mascherando il fallimento della sua azione “riformatrice” non condivisa dagli italiani.
Fonte: Il Nord
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