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mercoledì 3 agosto 2016

Con Monte Paschi a rischio fallimento è l'Italia. Ora il "Buco" fatto da grandi speculatori vogliono socializzarlo e farlo pagare ai cittadini

Oggi la Borsa di Milano ha chiuso con un drammatico -2,76% provocato da più disastri di più banche avvenuti contemporaneamente. Mps ha perso il 16% – avete letto bene: meno sedici per cento – mentre Unicredit ha perso il 7% la Bper ha perso l’11,2% e Ubi banca il 6%. Motivo di questa tempesta? Facciamo un passo indietro.

Lo scorso venerdì sera, a mercati chiusi, la BCE ha pubblicato i risultati degli stress test compiuti sulle banche europee. Sulla reale utilità di questi test si potrebbe discutere per settimane intere, ma non è l’obbiettivo di questo pezzo. 




Quello su cui vogliamo soffermarci è sui risultati delle banche italiane, dato che i media nazionali hanno suonato subito la gran cassa affermando che tutti i nostri maggiori istituti di credito, tranne MPS avevano superato “alla grande” la prova. E’ proprio così?

Il parametro di riferimento su cui basare il giudizio è quello di un CET 1 (il rapporto tra il capitale di cui dispone la banca e le attività ponderate per il rischio) del 5,5%, soglia sotto la quale la tenuta della banca è considerata a rischio. Tra le 51 banche prese in esame, Monte dei Paschi ha letteralmente stracciato la concorrenza, peccato l’abbia fatto in senso negativo, conseguendo un CET1 negativo (-2,23%) in caso di scenario avverso. L’istituto vicino al PDI (per usare un eufemismo) è risultato la peggior banca in assoluto tra le 51 prese in considerazione.

Non che ad Unicredit sia andata molto meglio: quarantottesima in classifica con un CET1 del 7,012%. E qui stiamo parlando della principale banca nazionale, mica bruscolini. Certo, possiamo consolarci con una Commerzbank e una Deutsche Bank, anch’esse tra le peggiori dieci banche europee, con buona pace della presunta solidità teutonica.

Purtroppo nessuna banca italiana è presente tra le prime dieci più solide secondo gli stress test: per trovare la prima nostrana, Intesa San Paolo, dobbiamo scendere fino al diciottesimo posto. Dieci gradini più in basso troviamo il Banco Popolare, mentre al trentunesimo troviamo UBI Banca. Si tratta di risultati per nulla incoraggianti, soprattutto visto il costante deterioramento dei crediti che le nostre banche hanno in pancia e che potrebbero portare ad un rapido ed ulteriore deterioramento del CET1.

I mercati, che hanno ben compreso che aria tira, difatti hanno ricominciato a vendere in massa i titoli bancari, in particolare MPS e Unicredit. D’altra parte le casse previdenziali dei liberi professionisti hanno annunciato in massa di non voler minimamente partecipare ad Atlante II per salvare MPS e le altre banche in difficoltà. E non potrebbe essere diversamente: qui si sta parlando dei contributi dei lavoratori con i quali gli enti dovranno pagare le pensioni future. Buttarli nel salvataggio di MPS equivarrebbe a gettarli nel caminetto e fare un bel falò.

La realtà è che tutte le banche nostrane hanno necessità di fare ingenti aumenti di capitale per rimanere competitive e soprattutto solide. Il problema è che la cifra necessaria alle diverse operazioni è assolutamente al di fuori delle possibilità del mercato attuale, a meno di un pesante intervento pubblico, sulla falsa riga di quanto fatto dalla Germania qualche anno fa e successivamente dichiarato non più fattibile dalla “kommissionen” europea.

Cosa ci possiamo quindi attendere? Ancora forti, fortissime tensioni sui mercati e sulle rispettive quotazioni dei titoli bancari, alla mercè della speculazione internazionale che non vede l’ora di portarsi via per un tozzo di pane le nostre banche che, per quanto malconce, tengono in pancia i risparmi di una vita degli italiani, una massa di denaro che fa estremamente gola alle oligarchie finanziarie che dettano le regole tramite la Ue e che stanno perseguendo l’obbiettivo di eliminare il ceto medio per creare una massa indistinta di disperati disponibili a lavorare per un piatto di minestra e, soprattutto, costretti ad acquistare gli scadenti prodotti che arriveranno nel nostro continente per effetto del TTIP che la UE ha fretta di sottoscrivere, soprattutto in caso di vittoria della “democratica” Clinton alle presidenziali USA.

E quale potrebbe essere il futuro, a breve? Con perdite di questa portata dei valori azionari delle banche italiane, non sono a rischio di bail in solo Mps, la Bper, perfino Unicredit, se non troverà sul mercato i miliardi (almeno 7) per l’aumento di capitale ormai indispensabile, vista la mole enorme dei crediti marci che ha in pancia.

A rischio di bail in è l’Italia. Non va dimenticato che banche come Mps hanno in cassaforte decine di miliardi di euro di titoli di stato italiani, e se Mps fosse messa in liquidazione col bail in, questo portafoglio dovrà essere venduto, per trasformalo in denaro contante al fine di garantire i depositi (sotto i 100.000 euro). Quindi, una mole enorme di Btp finirebbe sul mercato, e provate a indovinare?

A che prezzo verrebbero liquidati? Diciamo che sarebbe credibile un meno 10% del loro valore facciale. Avete un’idea di che significa? L’effetto immediato si rifletterà su tutti i titoli di stato in circolazione, con lo spread che salirà a mille punti dai 125 di oggi. Ecco perchè sarebbe il bail in non di Mps, ma dell’Italia. Per amore di cronaca: oggi Renzi ha dichiarato che le banche italiane vanno bene, sono solide perchè hanno superato gli stress test…

Fonte: Qui

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