L’emarginazione di chi dissente avviene oggi, nell’epoca della globalizzazione, quando la canaglia mediatica del modo occidentale si scatena contro un qualche riconosciuto nemico dei così detti i”nostri valori” della “nostra democrazia” , quest’ultima, una parola che ha acquistato un significato tecnico orwelliano quando viene utilizzata con l’esaltazione retorica dal giornalismo conformista, per riferirsi agli sforzi degli Stati Uniti e dei suoi alleati per imporrre la democrazia liberale rappresentativa ed il sistema occidentale agli stati considerati “fuorilegge”, come il Venezuela o la Corea del Nord, la Siria di Assad o l’Iran o la Russia di Putin.
In questo contesto di propaganda mediatica, si è arrivati a considerare come luogo comune quanto più si afferma di voler riconoscere e difendere la “democrazia e le libertà”, tanto subdolamente si reprime la facoltà di criticare e di analizzare i fatti sviluppando un pensiero controcorrente.
Il “Pensiero Unico” dominantecorrisponde in questi casi al “politicamente corretto“, quello che Paolo Borgognone definisce “una forma di evangelizzazione laica delle masse post moderne, tesa a perseguire l’integrazione conformistica delle masse acritiche dei cittadini o meglio delle nuove plebi postproletarie e flessibilizzate”.
L’aspetto innovativo è costituito dal fatto che la repressione del dissenso ormai non ha frontiere. Tuttavia accade che nel nuovo sistema globale e nel contesto della guerra ibrida in corso a tutto campo, coloro che mettono in questione l’ordine egemonico stabilito e non si adattano alla valenza delle pseudo verità ideologiche definite dai “padroni dell’universo,” questi possono trasformarsi come minimo in figure emarginate e, in alcuni casi, come obiettivi politici-miltari prestabiliti.
Pensare altrimenti rispetto ai dogmi del Pensiero Unico comporta dei rischi e fa discendere delle conseguenze. Queste conseguenze possono come minimo pregiudicare le carriere e lo status sociale dei soggetti che si arrischiano ad un pensiero alternativo, tanto in ambito sociale e nei settori della scienza ufficiale quanto nel giornalismo e nella comunicazione.
Lo hanno imparato a proprie spese coloro che hanno intrapreso questo percorso e si possono citare, in forma di esempio, fra gli altri , Alfred Grosser il quale, in più di una occasione, ha paragonato quanto i nazisti fecero agli ebrei a ciò che ora gli israeliani stanno facendo ai palestinesi. Uno strappo al mito di Israele come “baluardo della democrazia”.
Il coraggio di ergersi a critico del Politicamente Corretto lo troviamo in Gideon Levy, un intellettuale ebreo che ha osato porsi in modo critico rispetto alla politica di Israele affermando ad esempio nei suoi articoli di non giustificare la “cecità morale” della società israeliana di fronte alle conseguenze degli atti di guerra e di occupazione militare verso i palestinesi. Un altro esempio è dato da Emil Cioran, colui che scrisse “Verrà il giorno in cui l’Occidente sarà inevitabilmente dominato dai Gastarbeiter [«Lavoratori stranieri», in tedesco nel testo, N.d.T.] e l’America dai suoi Neri. L’avvenire appartiene sempre allo schiavo e all’immigrato. Pensi all’Impero Romano: è stato scalzato dalle sue vittime”. Una sorta di profezia oltremodo attuale.
Il modello di comunicazione vigente è ben sperimentato. Si permettono i dibattiti, le critiche e le divergenze, purchè si rimanga fedelmente all’interno del sistema che presuppone l’osservanza dei principi base che costituiscono il consenso della elite. Si tratta di un sistema di concetti talmente radicato che può essere interiorizzato in gran parte, da persone in buona fede, senza che si abbia consapevolezza di questo. In generale colui che si è fatto delle idee sbagliate o che cerca di rompere gli schemi imposti dal politicamente corretto viene ignorato o emarginato.
Manipolazione dei mass media
Tuttavia in determinate occasioni può essere criminalizzato dai denominati intellettuali di riferimento, gli opinionisti del Pensiero Unico che scrivono i loro editoriali sui grandi giornali, inviati sempre in TV e ricevuti anche dal Papa Bergoglio, (come in Italia i Saviano, i Severgnini, lo Scalfari e simili). Sono loro i veri padroni della denominata “stampa libera” del sistema occidentale.
Alcuni analisti critici hanno ricordato che gli ideologi dell’attuale sistema di dominazione neoliberale hanno reinterpretato il sapere e la conoscenza sotto una unica razionalità: quella del Grande Capitale dominante. Il Grande capitale nega il suo carattere totalitario. Nella sua dimensione politica, la società del Grande capitale socializza la violenza ed elimina la storia che gli risulti scomoda. Sotto il criterio del colonialismo culturale è in grado di eliminare fenomeni storici come il genocidio dei nativi in America, i campi di concentramento britannici in Africa ed in India (precedenti a quelli nazisti), le Bombe di Hiroshima e Nagasaki, o il somozismo, il pinochetismo in Latino America, i colpi di Stato pilotati e diretti dalle centrali di Washington, il crimini commessi a Gaza ed in Palestina, o più di recente le “armi di distruzione di massa” per scatenare la guerra in Iraq, ecc….
Ben oltre venti anni fa, nel libro “La Fabbrica del Consenso” , Noam Chomsky e Edward S. Herman rivelarono al pubblico l’utilizzo subdolo dei meccanismi della propaganda e della psicologia di massa al servizio degli interessi nazionali (quelli della elite di potere USA) e della dominazione imperiale. I due analisti hanno messo in guardia nel verificare la struttura proprietaria dei grandi media e come questi siano collegati ai gruppi di potere dominanti ed alle autorità politiche. Ad esempio su chi fornisce loro gli introiti pubblicitari, le grandi corporations indutriali, le Università e le Organizzazioni di Think Tank collegate.
Si era messo in evidenza come i mega media collegati con la elite (The New York Times, The Washington Post, CBS, CNN ed altri …) adattano la loro agenda in funzione dei referenti politici, imprenditoriali, bancari e dottrinari (professori universitari), come avviene anche per l’agenda ed i programmi di altri giornalisti ,opinion leaders e “spin doctors” che si incaricano di organizzare il modo in cui la gente deve pensare e vedere le cose. In Italia avviene lo stesso essendo ormai collegata e subordinata alle stesse centrali mediatiche che diffondono le notizie.
In sintesi Chomsky ed Herman hanno dimostrato come, mediante la pressione psicologica e simbolica, oltre che per mezzo di indegne campagne di (dis)informazione, di intossicazione linguistica e di manipolazione e falsificazione delle notizie, con le interpretazioni a doppio standard e con la duplicità di giudizio, con la distorsione sistematica, adottando enfasi e toni sulla base del contesto, si riesca a relizzare il controllo di una elite sulla società mediante quella che Walter Lippmann aveva definito l”ingegneria del consenso”.
Tuttavia in determinate occasioni può essere criminalizzato dai denominati intellettuali di riferimento, gli opinionisti del Pensiero Unico che scrivono i loro editoriali sui grandi giornali, inviati sempre in TV e ricevuti anche dal Papa Bergoglio, (come in Italia i Saviano, i Severgnini, lo Scalfari e simili). Sono loro i veri padroni della denominata “stampa libera” del sistema occidentale.
Alcuni analisti critici hanno ricordato che gli ideologi dell’attuale sistema di dominazione neoliberale hanno reinterpretato il sapere e la conoscenza sotto una unica razionalità: quella del Grande Capitale dominante. Il Grande capitale nega il suo carattere totalitario. Nella sua dimensione politica, la società del Grande capitale socializza la violenza ed elimina la storia che gli risulti scomoda. Sotto il criterio del colonialismo culturale è in grado di eliminare fenomeni storici come il genocidio dei nativi in America, i campi di concentramento britannici in Africa ed in India (precedenti a quelli nazisti), le Bombe di Hiroshima e Nagasaki, o il somozismo, il pinochetismo in Latino America, i colpi di Stato pilotati e diretti dalle centrali di Washington, il crimini commessi a Gaza ed in Palestina, o più di recente le “armi di distruzione di massa” per scatenare la guerra in Iraq, ecc….
Ben oltre venti anni fa, nel libro “La Fabbrica del Consenso” , Noam Chomsky e Edward S. Herman rivelarono al pubblico l’utilizzo subdolo dei meccanismi della propaganda e della psicologia di massa al servizio degli interessi nazionali (quelli della elite di potere USA) e della dominazione imperiale. I due analisti hanno messo in guardia nel verificare la struttura proprietaria dei grandi media e come questi siano collegati ai gruppi di potere dominanti ed alle autorità politiche. Ad esempio su chi fornisce loro gli introiti pubblicitari, le grandi corporations indutriali, le Università e le Organizzazioni di Think Tank collegate.
Si era messo in evidenza come i mega media collegati con la elite (The New York Times, The Washington Post, CBS, CNN ed altri …) adattano la loro agenda in funzione dei referenti politici, imprenditoriali, bancari e dottrinari (professori universitari), come avviene anche per l’agenda ed i programmi di altri giornalisti ,opinion leaders e “spin doctors” che si incaricano di organizzare il modo in cui la gente deve pensare e vedere le cose. In Italia avviene lo stesso essendo ormai collegata e subordinata alle stesse centrali mediatiche che diffondono le notizie.
In sintesi Chomsky ed Herman hanno dimostrato come, mediante la pressione psicologica e simbolica, oltre che per mezzo di indegne campagne di (dis)informazione, di intossicazione linguistica e di manipolazione e falsificazione delle notizie, con le interpretazioni a doppio standard e con la duplicità di giudizio, con la distorsione sistematica, adottando enfasi e toni sulla base del contesto, si riesca a relizzare il controllo di una elite sulla società mediante quella che Walter Lippmann aveva definito l”ingegneria del consenso”.
Manipolazione dei media
Il modello della propaganda- che risulta in generale polarizzato e manicheo – consente di far passare i concetti della elite di potere, come ad esempio: “Gheddafi un dittatore, Putin un dittatore, Assad un despota sanguinario, l’Iran uno Stato canaglia, i ribelli libici, siriani, combattenti per la libertà”, ecc… Si concretizza in questo modo il proposito sociale dei media, quello di inculcare e difendere l’ordine del giorno stabilito, che sia economico, politico o sociale utilizzando una classe specialista nella comunicazione, costituita da persone responsabili ed esperte, fiduciari della elite, che hanno accesso alla diffusione delle informazioni ed alla comprensione, in particolare giornalisti, intellettuali, accademici – in modo che possano fornire le indicazioni opportune da far assimilare al gregge degli utenti confuso ed incline a credere fidelisticamente ai grandi media.
Tutto il sistema della società dominata dal Grande Capitale tende ad argomentare il suo diritto alla dominazione ed all’orientamento delle masse, riservandosi il monopolio delle informazioni e la supremazia dell’apparato dello Stato transnazionale in tutte le sfere della vita, da quella politica a quella economica, sociale ed a quella formativa. Manipolazione di massa e disinformazione sono alla base del sistema. La moltitudine delle persone non ragiona, non indaga, non si pone il problema delle fonti, tende a credere acriticamente a quanto viene propinato dai grandi media.
Come sosteneva a suo tempo l’esperto, Walter Lippmann, il lavoro del pubblico è limitato, per questo motivo “bisogna metter il pubblico a suo posto”. La massa stordita che applaude o pesta i piedi rumorosamente e borbotta, ha la sua funzione: “essere spettatori interessati all’azione”. Non di certo essere coloro che partecipano.
Il modello della propaganda- che risulta in generale polarizzato e manicheo – consente di far passare i concetti della elite di potere, come ad esempio: “Gheddafi un dittatore, Putin un dittatore, Assad un despota sanguinario, l’Iran uno Stato canaglia, i ribelli libici, siriani, combattenti per la libertà”, ecc… Si concretizza in questo modo il proposito sociale dei media, quello di inculcare e difendere l’ordine del giorno stabilito, che sia economico, politico o sociale utilizzando una classe specialista nella comunicazione, costituita da persone responsabili ed esperte, fiduciari della elite, che hanno accesso alla diffusione delle informazioni ed alla comprensione, in particolare giornalisti, intellettuali, accademici – in modo che possano fornire le indicazioni opportune da far assimilare al gregge degli utenti confuso ed incline a credere fidelisticamente ai grandi media.
Tutto il sistema della società dominata dal Grande Capitale tende ad argomentare il suo diritto alla dominazione ed all’orientamento delle masse, riservandosi il monopolio delle informazioni e la supremazia dell’apparato dello Stato transnazionale in tutte le sfere della vita, da quella politica a quella economica, sociale ed a quella formativa. Manipolazione di massa e disinformazione sono alla base del sistema. La moltitudine delle persone non ragiona, non indaga, non si pone il problema delle fonti, tende a credere acriticamente a quanto viene propinato dai grandi media.
Come sosteneva a suo tempo l’esperto, Walter Lippmann, il lavoro del pubblico è limitato, per questo motivo “bisogna metter il pubblico a suo posto”. La massa stordita che applaude o pesta i piedi rumorosamente e borbotta, ha la sua funzione: “essere spettatori interessati all’azione”. Non di certo essere coloro che partecipano.
fonte: ControInformazione
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