Attraverso una società di Cassa Depositi e Prestiti, il ministero detiene partecipazioni nelle filiali asiatiche dell’impresa che licenzia 187 persone. Di fatto l’ha aiutata a delocalizzare. Cgil: “Serve una legge che vieti a chi prende soldi pubblici di lasciare per strada i lavoratori”
Lo Stato italiano finanzia le imprese che delocalizzano. Quelle che licenziano in Italia per assumere all’estero. La K-Flex, colosso degli isolanti, chiude la produzione di Roncello (Monza) per trasferirla in Polonia.
Licenziando 187 persone. E lo fa dopo aver incamerato 12 milioni di euro, di cui 1 milione a fondo perduto, dal Ministero dello Sviluppo Economico per finalità che riguardavano “l’attività di sviluppo e di ricerca”, compresa una quota rilevante alla voce “personale interno”.
Ma lo Stato non si è limitato solo a versare quattrini, ma è anche diventato azionista degli stabilimenti all’estero di K-Flex attraverso la Simest, società di Cassa Depositi e Prestiti, dunque del Ministero dell’Economia. La quale detiene partecipazioni in 6 aziende asiatiche del gruppo, per un investimento complessivo di 23 milioni di euro. Dal bilancio aziendale del 2015 si evince che la società di Stato possiede il 35% della filiale in Malesia, il 25% di quella a Dubai, il 43% di quella in India, il 36% di quella ad Hong Kong e il 36% e 31% delle fabbriche cinesi a Canton e nello Jiangsu.
Quindi lo Stato non solo ha finanziato l’azienda senza pretendere il mantenimento dei posti di lavoro in Italia, ma di fatto l’ha pure aiutata a delocalizzare, a creare un impero da 2.000 dipendenti di cui a conti fatti solo 60 resteranno nella sede di Roncello. Matteo Moretti, sindacalista Cgil, spiega al Populista che “da 45 giorni siamo in sciopero davanti ai cancelli. Vogliamo scongiurare il licenziamento di 187 ma anche creare un precedente. È inaccettabile che a fronte di investimenti pubblici non sia garantito il livello occupazionale in Italia. Serve un intervento legislativo in questo senso. Chiediamo una legge secondo la quale chi ha preso soldi pubblici non possa licenziare per almeno 5 anni”.
Moretti spiega che le “leggi sono datate”. È il caso per esempio della legge 100 del 1990, con la quale lo Stato attraverso la Simest detiene quote importanti delle controllate K-Flex all’estero: “Quella legge è nata sotto il governo Andreotti per finanziare le imprese che investivano in Polonia e Ungheria, in un contesto di guerra fredda. Dal 2012 riguarda aziende italiane che investono fuori dall’Unione europea. La normativa prevede che nel giro di alcuni anni la K-Flex sia obbligata a riacquisire quelle quote a prezzo di mercato. L’azienda in questo modo finanzia la propria presenza all’estero senza essere obbligata a mantenere la produzione in Italia”.
Il risultato è che lo Stato risulta azionista di un’impresa che lascia in mezzo alla strade 187 famiglie. “Parliamo di un’azienda che fa utili – continua il sindacalista – il cui fatturato cresce esponenzialmente di centinaia di milioni. Un’azienda con 40 milioni di depositi bancari quest’anno e 35 lo scorso anno, che assume 100 persone in Polonia e 100 negli Usa”. Poi c’è la questione tasse: “Aumentando il valore delle partecipazioni all’estero, le cui tasse si pagano negli Stati di pertinenza, è chiaro che le imposte versate in Italia dalla K-Flex sono molto basse rispetto ai volumi di utile lordo”.
Fonte: Il Populista
Lo Stato italiano finanzia le imprese che delocalizzano. Quelle che licenziano in Italia per assumere all’estero. La K-Flex, colosso degli isolanti, chiude la produzione di Roncello (Monza) per trasferirla in Polonia.
Licenziando 187 persone. E lo fa dopo aver incamerato 12 milioni di euro, di cui 1 milione a fondo perduto, dal Ministero dello Sviluppo Economico per finalità che riguardavano “l’attività di sviluppo e di ricerca”, compresa una quota rilevante alla voce “personale interno”.
Ma lo Stato non si è limitato solo a versare quattrini, ma è anche diventato azionista degli stabilimenti all’estero di K-Flex attraverso la Simest, società di Cassa Depositi e Prestiti, dunque del Ministero dell’Economia. La quale detiene partecipazioni in 6 aziende asiatiche del gruppo, per un investimento complessivo di 23 milioni di euro. Dal bilancio aziendale del 2015 si evince che la società di Stato possiede il 35% della filiale in Malesia, il 25% di quella a Dubai, il 43% di quella in India, il 36% di quella ad Hong Kong e il 36% e 31% delle fabbriche cinesi a Canton e nello Jiangsu.
Quindi lo Stato non solo ha finanziato l’azienda senza pretendere il mantenimento dei posti di lavoro in Italia, ma di fatto l’ha pure aiutata a delocalizzare, a creare un impero da 2.000 dipendenti di cui a conti fatti solo 60 resteranno nella sede di Roncello. Matteo Moretti, sindacalista Cgil, spiega al Populista che “da 45 giorni siamo in sciopero davanti ai cancelli. Vogliamo scongiurare il licenziamento di 187 ma anche creare un precedente. È inaccettabile che a fronte di investimenti pubblici non sia garantito il livello occupazionale in Italia. Serve un intervento legislativo in questo senso. Chiediamo una legge secondo la quale chi ha preso soldi pubblici non possa licenziare per almeno 5 anni”.
Moretti spiega che le “leggi sono datate”. È il caso per esempio della legge 100 del 1990, con la quale lo Stato attraverso la Simest detiene quote importanti delle controllate K-Flex all’estero: “Quella legge è nata sotto il governo Andreotti per finanziare le imprese che investivano in Polonia e Ungheria, in un contesto di guerra fredda. Dal 2012 riguarda aziende italiane che investono fuori dall’Unione europea. La normativa prevede che nel giro di alcuni anni la K-Flex sia obbligata a riacquisire quelle quote a prezzo di mercato. L’azienda in questo modo finanzia la propria presenza all’estero senza essere obbligata a mantenere la produzione in Italia”.
Il risultato è che lo Stato risulta azionista di un’impresa che lascia in mezzo alla strade 187 famiglie. “Parliamo di un’azienda che fa utili – continua il sindacalista – il cui fatturato cresce esponenzialmente di centinaia di milioni. Un’azienda con 40 milioni di depositi bancari quest’anno e 35 lo scorso anno, che assume 100 persone in Polonia e 100 negli Usa”. Poi c’è la questione tasse: “Aumentando il valore delle partecipazioni all’estero, le cui tasse si pagano negli Stati di pertinenza, è chiaro che le imposte versate in Italia dalla K-Flex sono molto basse rispetto ai volumi di utile lordo”.
Fonte: Il Populista
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