di Davide Gionco
Ai nostri giorni, l’aggressione militare è considerata un crimine contro l’umanità e le corti internazionali, quando sono chiamate in causa, di solito chiedono che gli aggressori siano puniti pagando un risarcimento.
[…]
Nel 1895 la Francia invase il Madagascar, sciogliendo il governo dell’allora regina Ranavalona III e dichiarando il paese colonia francese.
Tra le prime cose che il generale Gallieni fece dopo la «pacificazione», come piacque chiamarla ai francesi, ci fu l’imposizione di pesanti tasse sulla popolazione malgascia, la quale doveva rimborsare i costi necessari all’invasione.
La tassa era molto alta e pagabile solo in franchi malgasci, nuovi di zecca. In altre parole, Gallieni stampò moneta e poi chiese a tutti di ridargliene indietro una parte.
Quello che colpisce è il linguaggio con cui descrisse la tassazione. Parlava di « impôt moralisateur », ovvero di «tassa moralizzatrice, educativa». In altre parole era finalizzata, usando il linguaggio dell’epoca, a insegnare agli indigeni il valore del lavoro.
Dal momento che la «tassa educativa» era dovuta subito dopo il raccolto, per i contadini il modo più semplice per pagare era vendere una porzione del riso trebbiato ai commercianti cinesi o
indiani che s’installarono subito nelle piccole città del paese. Ma al momento del raccolto, il prezzo del riso era, per ovvie ragioni, al minimo: se uno vendeva una parte troppo consistente del suo
lavoro, poi non gli rimaneva il necessario per dare da mangiare alla propria famiglia per un anno, e pertanto si vedeva costretto a comprare a sua volta del riso a credito, da quegli stessi
commercianti, e più avanti nel tempo, quando i prezzi di mercato erano più alti. Di conseguenza, i contadini si ritrovarono presto irreparabilmente indebitati (mentre i commercianti raddoppiavano
le loro entrate, come usurai). La maniera più semplice per saldare il debito era o trovare un raccolto commercializzabile (cash crop) – per esempio, cominciare a coltivare caffè o ananas – altrimenti
mandare i propri bambini a lavorare in città oppure nelle piantagioni che i coloni francesi stavano diffondendo nell’isola, per ottenere un salario.
Nel suo complesso il progetto potrebbe sembrare nient’altro che un cinico disegno per estorcere forza lavoro a buon mercato ai contadini. Questo è vero, ma c’è di più. Il governo coloniale era stato molto esplicito (almeno nei suoi documenti riservati) sulla necessità di lasciare ai contadini almeno un po’ di denaro, assicurandosi che si abituassero a beni voluttuari di second ‘ordine, disponibili nei negozi cinesi (ombrelli parasole, rossetti, biscotti). Era fondamentale che sviluppassero nuovi gusti, nuove abitudini e aspettative, che gettassero le fondamenta di una domanda di consumo che perdurasse anche dopo che l’esercito
conquistatore si fosse ritirato, qualcosa che li legasse per sempre alla Francia.
Inoltre, dal momento che le colonie francesi erano obbligate all’autonomia finanziaria, le tasse servivano a sostenere le spese di ferrovie, strade, ponti, piantagioni, tutti progetti che il regime francese desiderava realizzare.
Ai contribuenti malgasci nessuno chiese mai se volessero ferrovie, strade, ponti e piantagioni, né i malgasci hanno ebbero mai voce in capitolo su dove e come costruirle.
Al contrario, per circa mezzo secolo l’esercito e la polizia francese trucidarono un rilevante numero di abitanti del Madagascar che avevano troppo risolutamente disapprovato quell’ordine di cose (più di mezzo milione di vittime, secondo alcuni resoconti, solo durante la rivolta del 1947).
Nonostante il fatto che il Magadascar non avesse mai recato alcun danno comparabile alla Francia, la popolazione di quel paese, fin dal principio, si sentì dire che ERA IN DEBITO CON LA Francia (doveva dei soldi ai francesi).
Anche ai nostri giorni il popolo malgascio deve soldi alla Francia e il resto del mondo riconosce la giustizia di questo principio. La «comunità internazionale» si rende pienamente conto che esiste un problema etico solo allorché realizza che il governo malgascio sta rallentando il pagamento del debito.
(Tratto dal libro « Debito. I primi 5000 anni » di David Graeber)
Ai nostri giorni nessuno considera un crimine contro l’umanità l’aggressione finanziaria verso popoli sovrani, la quale funziona creando dapprima, ad insaputa del popolo, le condizioni di debito emesso da un soggetto fuori dal controllo di quel popolo, tecnicamente definita come « moneta non sovrana ».
Dopo di che lo stesso soggetto crea le condizioni per cui quel debito sia tecnicamente impagabile, per cui il popolo sovrano si troverà permanentemente in una situazione di debito.
Il « soggetto creditore » è sempre, come avvenne in Madagascar, il soggetto che in ultima istanza ha il potere di creare il denaro utilizzato (oggi in minima parte cartaceo e in massima parte scritto su schermi di computers).
Il « soggetto debitore » è sempre un soggetto che, non avendo il potere di creare il denaro necessario a pagare il « debito », deve produrre beni reali per ricevere in cambio denaro per pagare una parte di quel debito.
Essendo il debito tecnicamente impagabile, il soggetto creditore ha sempre il potere di imporre al soggetto debitore» delle « riforme » in cambio di una leggera riduzione del debito. Naturalmente tali « riforme » sono finalizzate a privare il soggetto debitore di ulteriori ricchezze reali e di porlo in condizioni sempre maggiori di dipendenza dal soggetto creditore.
Anche l’Italia, da quando il soggetto creditore non è più lo stato, che rappresenta il popolo, ma una banca centrale controllata da soggetti privati, si trova ad essere un « soggetto debitore » che subisce continue depredazioni di ricchezza reale da parte del soggetto creditore.
Oggi l’aggressione militare di una nazione sovrana è generalmente ritenuto un crimine contro l’umanità (a meno che non fatta dagli USA con il sostegno dei mass-media, ma questo è un altro discorso – anzi è lo stesso), mentre l’aggressione finanziaria in corso di una nazione sovrana come l’Italia non è neppure percepito come un fatto in sè, in quanto tutto il sistema dell’informazione di massa e di formazione scolastica non spiega l’esistenza di questi meccanismi.
E’ davvero giunto il momento di reagire a questa continua aggressione al popolo italiano, riprendendoci la sovranità monetaria e le ricchezze che i « soggetti creditori » ci hanno sottratto dal 1981 (anno di privatizzazione di fatto della Banca d’Italia) ad oggi.
fonte: Scenari Economici
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