Pubblicato 24 maggio 2014 - 19.12
Ci siamo. Sono anni che parliamo di Europa. Tra pochi giorni ci andiamo, in un modo o nell’altro. Non mi interessa stare qui ad esaminare le singole ricette e a contrapporle tra loro, mi interessa un dato inoppugnabile: sembra l’altro ieri quando, a dire che quest’Europa così com’era non andava bene, era uno sparuto gruppo di pochi pazzi che osava uscire dal coro dei “Fate presto”. Oggi le cose sono radicalmente diverse. Gli europeisti ad ogni costo (quelli che “il grande sogno dell’Europa” senza se e senza ma) masticano amaro. Probabilmente le forze euroscettiche, con varie declinazioni di insofferenza, avranno un peso determinante nel Parlamento Europeo. Chi più radicale, chi meno, chi a fingere una critica nei confronti di un modello che invece ha perseguito e reso possibile (cercare in casa Pd), in ogni caso con la nuova legislatura finalmente i “pazzi” avranno un esercito nel tempio della burocrazia assassina, a sbattere i proverbiali pugni. I tempi in cui l’unico modo per uscire dall’incantesimo era entrare in oscuri blog custoditi in rete sono passati. I tempi in cui l’unica maniera di ascoltare parole sensate alla corte degli eurocrati era diffondere gli interventi di Nigel Farage sono finiti.
I vari Van Rompuy e tutti i non-eletti che hanno fatto il bello e il cattivo tempo, senza levare un solo grido, senza muovere un solo dito quando la Grecia veniva condannata a morte, quando le grandi democrazie del sud Europa venivano impoverite e saccheggiate, avranno poco da continuare a sogghignare dietro ai loro scranni, al riparo di cuffiette, microfoni e della loro inarrivabile faccia di bronzo. Dovranno dare una spiegazione. Dovranno ascoltare e rendere conto di quello che hanno fatto, o togliersi dalle balle alla svelta, in nome di una ritrovata partecipazione popolare e in nome di una rappresentanza politica che taglierà i “nominati”, le caste di banchieri, di funzionari promossi al rango di semidei, di think-tankers senza scrupoli e con quell’alterigia tipica di chi si sente di appartenere a un altro pianeta. Saremo una spina nel fianco. Hanno paura e fanno bene. Se vogliono un’Europa unita va bene, ci mancherebbe altro, ma le condizioni dovranno mediarle fino all’ultima goccia di sangue. Perché si è uniti quando tutti contano, non quando qualcuno la fa da padrone. Come la Germania, l’unica che ha avuto il privilegio di mediare sottobanco con gli Stati Uniti per ottenere vantaggi per le sue aziende nell’accordo di libero scambio commerciale comunemente definito TTIP. E gli altri, frau Merkel? Siamo solo scaffali da supermercato? Niente più parole vuote e formulette di comodo a influenzare le politiche economiche: cose come “lo spread” Monti se lo potrà incorniciare sul comodino per ricordarsi di come è riuscito a darla a bere a 60 milioni di persone, perché sono tempi che non torneranno più. A Bruxelles ci sarà il modo per chiedere conto di tutto e per dare battaglia su ogni cosa. L’onda d’urto del tuono non arriverà domani: la sentirete nei prossimi mesi e si ripercuoterà per anni. E sarà fatto in nome di tutti, anche di quelli che si sono abbeverati alla storiella degli interessi dell’1% della popolazione mondiale spacciati dai media slave-stream come interessi della collettività intera. Sarà fatto in nome di chi vuole uscire dall’euro, di chi vuole restarci, di chi vuole tornare alla sovranità nazionale domani mattina e anche di chi vuole “il grande sogno degli Stati Uniti d’Europa”, perché la giustizia sociale non ha colore e il diritto alla felicità, alla salute, al benessere, a garantire condizioni di vita degne, decorose, “umane”, è un diritto di cui finiranno inevitabilmente per beneficiare tutti. Anche Schulz. Ma non sarà fatto grazie a lui o grazie a quelli come lui, no: sarà stato reso possibile grazie a milioni di persone che hanno capito, hanno amato, hanno creduto e infine… hanno cambiato le cose.
Persone come Voi.
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