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giovedì 4 aprile 2019

Le difficoltà vere della Brexit stanno nella posta in gioco

di Massimo Bordin

Con la Brexit c’è una parte d’Inghilterra che si vuole riposizionare geopoliticamente, privilegiando i rapporti commerciali con l’area del Pacifico, l’India, l’Australia ed il Canada e, al contempo, liberarsi dei lacci e lacciuoli della Unione Europea.
E’ un processo non facile e lungo, come stiamo vedendo. L’economia è un fatto commerciale e monetario, ma nel caso inglese quello monetario è secondario avendo Londra sempre conservato la sterlina come moneta nazionale. Detto diversamente, l’Inghilterra ha voluto (e sta cercando di) uscire dall’Unione Europea perchè Bruxelles lega i paesi membri attraverso un sistema doganale che avvantaggia alcuni paesi a scapito di tutti gli altri, sfasandone le bilance commerciali.






In Italia, ad esempio, molti media da anni difendono il mercato comune, sottolineando i tanti vantaggi che la fine delle barriere doganali avrebbe portato al Paese.


Questa visione è miope ed in malafede, perchè proprio quando negli anni Novanta l’Unione si stava burocratizzando al suo interno, il resto del mondo procedeva a instaurare nuovi rapporti commerciali, rendendo obsoleto il modello tedesco che è un modello che porta vantaggi solo alla Germania, all’Austria ed ai paesi del Benelux, penalizzando il resto d’Europa. L’Inghilterra se n’è accorta per prima ed ha pensato bene di andarsene, anche e soprattutto perchè ha fondato nei secoli scorsi il Commonwealth.
Per chi non lo sapesse, ci sono 53 paesi che oggi appartengono al commonwealth. Tutti insieme fanno 2,2 miliardi di popolazione, sparsi in tutti i continenti del mondo ed in 16 di questi 53 paesi la Regina d’Inghilterra è anche il Capo di Stato.

Il termine Commonwealth può sembrare curioso, ma non è altro che un concetto della lingua inglese coniato da Oliver Cromwell durante la prima rivoluzione inglese.
La frase originale da cui esso deriva è common wealth o the common weal e viene dal vecchio significato di wealth che è “benessere”. Il termine è stato poi utilizzato per identificare il Commonwealth della nazioni, un’organizzazione che unisce Stati che in passato erano parte dell’Impero Britannico (sempre che sia mai finito…).

Dunque, sotto un profilo meramente logico, per gli inglesi è più intelligente commerciare col resto del mondo alle sue regole che con mezzo miliardo di europei con le regole tedesche. I motivi dei mancati accordi subiti dalla May sta tutto in questo fatto. Al contrario, i media ed i documenti ufficiali puntano a spiegarci la Brexit e le sue difficoltà sulla scorta di confini irlandesi, proroghe, divisioni parlamentari.

E’ tutta aria fritta!

Le difficoltà vere della Brexit stanno nella posta in gioco, che è il commercio internazionale e le sue regole o, meglio, l’impossibilità per gli inglesi di negoziare tariffe agevolate con i Paesi extraeuropei. Ecco perchè il cosiddetto “no deal” dovrebbe spaventare molto più Berlino che Londra. Per l’uscita senza accordo sono tutti in fibrillazione, ma non accadrà nulla (in UK!), e sarà persino divertente vedere come dopo l’uscita hard della perfida Albione, tutti faranno finta di non aver mai evocato l’apocalisse.

fonte: QUI

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