Mancano ormai poche ore all’arrivo in Italia della “persona più potente del mondo” [1] e il dibattito in Italia su questa importante visita prosegue arrivando a solcare futuri ridicoli e grotteschi, il tutto per convincere l’opinione pubblica che questo governo stia svendendo il paese alla Repubblica Popolare Cinese. Particolarmente attivi in questo continuo propagandare di “fake news” sono tutti quei commentatori che sì divertono a spiegare come va il mondo ma poi, quando Washington ordina, sono i primi a rispondere “signorsì signore”. In parlamento va forse ancora peggio: persone che fino a ieri spingevano per approfondire la cooperazione con Pechino, ad esempio Ivan Scalfarotto del PD [2], oggi affermano come l’Italia stia per diventare “un protettorato della Repubblica Popolare Cinese” [3].
Si potrebbe andare avanti per ore ma non avrebbe molto senso. È del tutto evidente che il 90% delle persone, che sono anche parzialmente informate sui fatti e avrebbero l’opportunità di informare l’opinione pubblica, preferiscono buttarla in caciara o per raggranellare qualche voto, o per non deludere i propri “interlocutori” d’oltreoceano.
I timori sulla “colonizzazione cinese”
Non vi è alcun motivo di temere una “colonizzazione cinese” per evidenti motivi, a cominciare dal fatto che non esiste alcun precedente storico a sostegno di questa tesi. Non vi è inoltre alcun accordo che possa preludere ad una eventuale colonizzazione dell’Italia da parte di Pechino. Ulteriori eventuali (più che probabili) investimenti cinesi nei porti italiani non devono assolutamente essere visti coma una minaccia alla sovranità italiana. Non è costume del governo cinese arrivare in un paese X e farci stazionare la propria flotta militare, abitudine questa invece appartenente ad un altro paese, questo sì realmente lesivo della nostra sovranità. Forse sarebbe il caso che i tanti commentatori che vanno gridando da mesi all’invasione cinese iniziassero a dire chiaramente che l’Italia è già stata colonizzata militarmente dagli Stati Uniti d’America. È così difficile essere sinceri?
La strategia dei porti mediterranei all’interno della Belt and Road Initiative
Gli investimenti cinesi nei porti del Mediterraneo sono tanti, variegati e sparsi un po’ in tutte le aree nel sud Europa, dell’Asia occidentale e del nord Africa [4]. Sinteticamente possiamo però riconoscere una volontà cinese di stabilire una serie di scali commerciali in vari punti strategici del Mediterraneo. Sì può anche affermare senza timori che, più passano i container, meno passano i barconi di disperati. Di conseguenza, chiunque ha interesse nel fermare l’attuale fenomeno di migrazione forzata, dovrebbe sostenere ed incoraggiare la Belt and Road Initiative. Andando più nel dettaglio, è possibile notare una significativa presenza di investimenti cinesi in Spagna (COSCO Shipping ha acquistato il 51% Noatum Port, società che controlla dei terminal a Bilbao e Valencia e scali ferroviari a Madrid e Saragozza), in Grecia (investimento di COSCO nel Pireo), in Turchia (terminal di Kumport), in Israele (Haifa, Ashdod e Eilat) e nell’area della foce del Nilo in Egitto (Porto Said). In Italia la presenza di investimenti cinesi è significativa a Vado Ligure dove COSCO e Qingdao Port International hanno investito complessivamente quasi 70 milioni di dollari nel 2016 [5]. Di seguito un’immagine presa da informare.it che spiega molto meglio di mille parole come difficilmente gli investimenti cinesi non portino benefici per i porti.
La necessità di una strategia europea
Difficile non concordare con chi afferma che sia necessaria una strategia europea rispetto alla Belt and Road Initiative, non tanto per “noi siamo piccoli e loro grandi” (un punto di vista simile lo può fare solo chi crede nel dover, per forza di cose, subire le decisioni altrui), quanto per evitare inutili e ridicoli campanilismi tra porti e scali ferroviari all’interno dell’Unione Europea. Un primo approccio sotto questo aspetto può essere ad esempio “L’Alleanza dei Cinque Porti” che coinvolge Venezia, Trieste, Ravenna, Capodistria (Slovenia) e Fiume (Croazia) [6]. Certo, è un progetto pensato e nato per sfidare i porti del nord Europa ma è anche uno dei primi passi dove si provano a unire più porti e più paesi per evitare inutili guerre fratricide per attrarre investimenti. La strada è senza dubbio in salita (basti pensare all’ancora troppo presente “guerra” tra Trieste e Venezia nonostante “l’alleanza” di cui sopra) ma è comunque un primo, timidissimo, passo in avanti.
L’Italia e la Belt and Road Initiative
L’Italia ha seguito fin da quasi subito il progetto Belt and Road Initiative (prima “One Belt, One Road“). Fu uno dei primi paesi occidentali ad aderire all’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) [7] e Paolo Gentiloni fu l’unico capo di governo dei paesi del G7 a recarsi al primo Belt and Road Forum a Pechino nel 2017 [8][9]. Sorprendono non poco, quindi, le stizzite prese di posizione del Partito Democratico di questi giorni contro questa firma quando sono stati proprio i dirigenti del PD a creare i presupposti per questo importante accordo. Il Mar Mediterraneo sta recuperando molta importanza a livello globale e gli unici che sembrano a non rendersene conto sono gli italiani che, vista posizione e forma dell’Italia, dovrebbero essere attori centrali di questa rinascita mediterranea. Sì continua a guardare il Mar Mediterraneo per quello che abbiamo contribuito a rendere, e cioè ad un cimitero di disperati che cercano fortuna sulle coste europee abbandonando le loro terre d’origine. Non si riesce a vedere invece quel che il Mediterraneo pian piano sta diventando (anche grazie ai massicci investimenti di Pechino): un immenso lago solcato da navi commerciali che trasportano merci e, quindi, ricchezza. Una strategia italiana, nel contesto di una più ampia strategia europea concordata con gli altri paesi, è oggi più che mai necessaria.
[1] https://goo.gl/r1GvJn
[2] https://goo.gl/11UdBb
[3] https://goo.gl/imF55K
[4] https://goo.gl/5PL5HB
[5] https://goo.gl/N84xUy
[6] https://goo.gl/qsNbKr
[7] https://goo.gl/Pk2K6p
[8] https://goo.gl/7ca7SW
[9] https://goo.gl/P5ztBW
fonte: QUI
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