Il Corriere della Sera è il più prestigioso e venduto quotidiano d’Italia perché – grazie ai suoi potenti mezzi e alla bravura di molti giornalisti – è in grado di “coprire” il maggior numero di notizie. Tranne una: lo scontro al calor bianco fra il suo vicedirettore Federico Fubini e il suo corrispondente da Bruxelles Ivo Caizzi. Il quale, due settimane fa, in una lettera al Comitato di redazione rimasta senza risposte, accusava Fubini di aver diffuso il 1° novembre una “notizia che non c’è” a tutta prima pagina: “Deficit, pronta la procedura Ue. La decisione attesa il 21 novembre”. Negli stessi giorni Caizzi, dall’osservatorio privilegiato di Bruxelles, tentava invano di far sapere ai lettori che le cose stavano all’opposto: Commissione, Ecofin ed Eurogruppo lavoravano a una mediazione con Roma per scongiurare la procedura. Con tanto di conferme dei presidenti di Eurogruppo ed Ecofin.
Ma i suoi pezzi venivano confinati in trafiletti semi-invisibili o addirittura smentiti da Fubini, sempre uso scambiare i suoi sogni per la realtà e sempre teso a incitare gli euro-rottweiler a non rammollirsi in inutili mediazioni e a sistemare gli odiati giallo-verdi con pene esemplari.
Poi i fatti si incaricarono di dare ragione a Caizzi e torto a Fubini: la procedura d’infrazione non partì mai e Conte e la Commissione, prima fermi sulle linee del Piave del 2,4 e dell’1,6% di deficit-Pil, si incontrarono a metà strada sul 2,04. Fubini, schiumante di rabbia, provò a negare l’evidenza, incitando le euro-pappemolli a una strenua, disperata resistenza ed esponendo il Corriere ad altre epiche figuracce: “Nessun passo verso un compromesso, nessun vero negoziato”, “L’Ue all’Italia: così non basta, altri 3 miliardi di risparmi. Resta il rischio della procedura d’infrazione sin da domani. Lo spettro dell’esercizio provvisorio”. Poi, stremato, dovette arrendersi alla triste realtà: il suo Paese non sarebbe stato punito, peccato.
Lo scontro al Corriere sulle fake news (non quelle di Putin e dei giallo-verdi, ma quelle del Corriere) è esploso sul web e su due quotidiani (Fatto e Verità), mentre il resto della libera stampa lo occultava. E originato un’interrogazione del M5S su un’ipotesi di Caizzi: che cioè “le ‘notizie’ con annuncio della procedura e smentita della trattativa Ue-Italia possano aver influito – magari marginalmente e inconsapevolmente – sui mercati: favorendo di fatto mega-speculatori”. Ora Fubini si supera con una lunga replica a Caizzi (senza mai nominare Caizzi né citare la lettera di Caizzi, altrimenti chi legge si e gli domanderebbe: “Ma di che minchia parla?”).
Ma anche al Fatto e alla Verità (mai citati neppure loro: ma non faceva prima a telefonarci?). E finge che il caso nasca dai 5Stelle, ai quali attribuisce le contestazioni del collega Caizzi. Il motivo è ovvio: se Caizzi accusa Fubini di mentire, Fubini accusa Caizzi di mentire, ed entrambi continuano a scrivere sul Corriere, i lettori vorranno sapere chi dei due racconti frottole. Così, per potersi regolare. Ci si aspetterebbe almeno che Fubini dimostrasse, prove alla mano, che ciò che ha scritto era vero. Invece niente. A suo dire, la procedura d’infrazione era “pronta” il 1° novembre e “attesa” per il 21 perché il Sole 24 Ore l’aveva scritto il giorno prima (“Lettera Ue: pronta la procedura”) e Repubblica il giorno dopo (“Avviso Ue: pagherete per 5 anni”). Come se una balla diventasse dogma di fede perché la scrivono anche altri.
Fubini si arrampica sulla relazione della Commissione del 21 novembre che definiva la procedura “giustificata”: ma quella non era la proposta di procedura. Poi cita, come prove dell’inesistenza di un negoziato, le frasi di Di Maio, Salvini e Tria sull’immutabilità della manovra. Peccato che la trattativa la stesse conducendo Conte e i suoi ministri giocassero ai poliziotti cattivi per aiutare quello buono a spuntare il compromesso migliore. Insomma, peggio la toppa del buco. Così come sul sospetto, attribuito al M5S ma avanzato da Caizzi, che quelle fake news abbiano impennato lo spread e aiutato gli speculatori. Fubini, ormai nella leggenda, risponde che, anzi, i suoi allarmismi apocalittici e quelli degli altri giornaloni furono un toccasana: “in coincidenza con l’uscita di quelle notizie calano sia i rendimenti dei titoli di Stato italiani a 10 anni, sia il loro differenziale (spread) con gli omologhi titoli tedeschi”, forse perché “gli investitori calcolano che, con Bruxelles ‘pronta alla procedura’, il governo avrebbe dovuto fare retromarcia”.
Poi i fatti si incaricarono di dare ragione a Caizzi e torto a Fubini: la procedura d’infrazione non partì mai e Conte e la Commissione, prima fermi sulle linee del Piave del 2,4 e dell’1,6% di deficit-Pil, si incontrarono a metà strada sul 2,04. Fubini, schiumante di rabbia, provò a negare l’evidenza, incitando le euro-pappemolli a una strenua, disperata resistenza ed esponendo il Corriere ad altre epiche figuracce: “Nessun passo verso un compromesso, nessun vero negoziato”, “L’Ue all’Italia: così non basta, altri 3 miliardi di risparmi. Resta il rischio della procedura d’infrazione sin da domani. Lo spettro dell’esercizio provvisorio”. Poi, stremato, dovette arrendersi alla triste realtà: il suo Paese non sarebbe stato punito, peccato.
Lo scontro al Corriere sulle fake news (non quelle di Putin e dei giallo-verdi, ma quelle del Corriere) è esploso sul web e su due quotidiani (Fatto e Verità), mentre il resto della libera stampa lo occultava. E originato un’interrogazione del M5S su un’ipotesi di Caizzi: che cioè “le ‘notizie’ con annuncio della procedura e smentita della trattativa Ue-Italia possano aver influito – magari marginalmente e inconsapevolmente – sui mercati: favorendo di fatto mega-speculatori”. Ora Fubini si supera con una lunga replica a Caizzi (senza mai nominare Caizzi né citare la lettera di Caizzi, altrimenti chi legge si e gli domanderebbe: “Ma di che minchia parla?”).
Ma anche al Fatto e alla Verità (mai citati neppure loro: ma non faceva prima a telefonarci?). E finge che il caso nasca dai 5Stelle, ai quali attribuisce le contestazioni del collega Caizzi. Il motivo è ovvio: se Caizzi accusa Fubini di mentire, Fubini accusa Caizzi di mentire, ed entrambi continuano a scrivere sul Corriere, i lettori vorranno sapere chi dei due racconti frottole. Così, per potersi regolare. Ci si aspetterebbe almeno che Fubini dimostrasse, prove alla mano, che ciò che ha scritto era vero. Invece niente. A suo dire, la procedura d’infrazione era “pronta” il 1° novembre e “attesa” per il 21 perché il Sole 24 Ore l’aveva scritto il giorno prima (“Lettera Ue: pronta la procedura”) e Repubblica il giorno dopo (“Avviso Ue: pagherete per 5 anni”). Come se una balla diventasse dogma di fede perché la scrivono anche altri.
E come se il compito del Corriere fosse copiare le notizie (per giunta false) del Sole, senza neppure citarlo e soprattutto avendo in redazione il corrispondente da Bruxelles che ne garantisce la falsità e infatti scrive l’opposto. Certo, in quei giorni la procedura era ancora molto probabile. Ma definirla “pronta” per il “21 novembre” tre settimane prima e, il giorno 7, negare i negoziati Ue-Italia noti a tutti (“Gli incontri fra i ministri finanziari … hanno prodotto il risultato previsto e non ciò che, al contrario, non è mai neppure stato in discussione. Non c’è stato nessun passo verso un compromesso fra Commissione e Italia, né alcun vero negoziato”), è una fake news. Anche perché le procedure per deficit non sono categorie dello spirito. O ci sono o non ci sono: i 28 commissari Ue le propongono e i 28 ministri finanziari dell’Eurogruppo/Ecofin le decidono. E né il 1° né il 21 né mai la Commissione, l’Ecofin e l’Eurogruppo ne hanno decisa una contro l’Italia.
Fubini si arrampica sulla relazione della Commissione del 21 novembre che definiva la procedura “giustificata”: ma quella non era la proposta di procedura. Poi cita, come prove dell’inesistenza di un negoziato, le frasi di Di Maio, Salvini e Tria sull’immutabilità della manovra. Peccato che la trattativa la stesse conducendo Conte e i suoi ministri giocassero ai poliziotti cattivi per aiutare quello buono a spuntare il compromesso migliore. Insomma, peggio la toppa del buco. Così come sul sospetto, attribuito al M5S ma avanzato da Caizzi, che quelle fake news abbiano impennato lo spread e aiutato gli speculatori. Fubini, ormai nella leggenda, risponde che, anzi, i suoi allarmismi apocalittici e quelli degli altri giornaloni furono un toccasana: “in coincidenza con l’uscita di quelle notizie calano sia i rendimenti dei titoli di Stato italiani a 10 anni, sia il loro differenziale (spread) con gli omologhi titoli tedeschi”, forse perché “gli investitori calcolano che, con Bruxelles ‘pronta alla procedura’, il governo avrebbe dovuto fare retromarcia”.
E noi che, ammaestrati da Fubini, avevamo sempre pensato che le sparate anti-Ue dei giallo-verdi fossero una causa dello spread! Ingenui che non eravamo altro: è la pace con l’Ue a far alzare lo spread, mentre la guerra lo fa scendere. Se avete una bomba atomica, ora sapete come usarla.
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