Questo articoletto di Milano Finanza contiene una rivelazione fulminante: la Banca Centrale tedesca non ha fatto il “divorzio” dal Tesoro. Quando emette titoli di debito, la Germania lo fa ad un interesse prestabilito; se “i mercati” vogliono un maggior interesse, il Tesoro conferisce alla sua banca centrale l’invenduto.
E’ ciò che poteva fare anche l’Italia fino al 1981: il Tesoro emetteva BOT; se i mercati finanziari non li compravano tutti, Bankitalia era tenuta a comprare l’invenduto. Ciò costituiva un importante calmiere sul costo del debito. Il nostro debito pubblico era sottratto alla speculazione, specie estera (del resto, di fatto, il debito pubblico italiano era sempre coperto dalle famiglie italiane, grandi investitori dei risparmi in BOT. L’Italia non aveva necessità di chiedere capitali all’estero, indebitandosi sui mercati speculativi globali.
Fino al 1981, il nostro debito pubblico si aggirò sul 60% del Pil.
Ma poi, a febbraio di quell’anno, il ministro del Tesoro di allora – Beniamino Andreatta – sciolse Bankitalia da questo obbligo. Da allora in poi, la nostra banca centrale non avrebbe più comprato i titoli di debito pubblico per i quali “i mercati” chiedevano un interesse più alto.
Da quel momento, sarebbero stati i “mercati” a esigere da noi interessi sempre più alti, senza la possibilità per noi di difenderci.
Una decisione politica gravissima che – pregasi notare – non fu approvata dal Parlamento. Non fu nemmeno discussa in sede politica. Né ovviamente i giornali ci informarono e spiegarono nulla. La decisero fra loro, scambiandosi due lettere, il ministro Andreatta con il governatore della Banca d’Italia, che allora era Carlo Azeglio Ciampi.
Solo il ministro delle Finanze, che allora era il socialista Rino Formica, provò ad opporsi: invano. Il capo del governo (Spadolini) non lo appoggiò. Anzi. Andreatta accusò Formica di essere “ossessionato dall’ideologia della crescita ad ogni costo, attraverso bassi tassi d’interesse e cambio debole”.
Fino al 1981, il nostro debito pubblico si aggirò sul 60% del Pil.
Ma poi, a febbraio di quell’anno, il ministro del Tesoro di allora – Beniamino Andreatta – sciolse Bankitalia da questo obbligo. Da allora in poi, la nostra banca centrale non avrebbe più comprato i titoli di debito pubblico per i quali “i mercati” chiedevano un interesse più alto.
Da quel momento, sarebbero stati i “mercati” a esigere da noi interessi sempre più alti, senza la possibilità per noi di difenderci.
Una decisione politica gravissima che – pregasi notare – non fu approvata dal Parlamento. Non fu nemmeno discussa in sede politica. Né ovviamente i giornali ci informarono e spiegarono nulla. La decisero fra loro, scambiandosi due lettere, il ministro Andreatta con il governatore della Banca d’Italia, che allora era Carlo Azeglio Ciampi.
Solo il ministro delle Finanze, che allora era il socialista Rino Formica, provò ad opporsi: invano. Il capo del governo (Spadolini) non lo appoggiò. Anzi. Andreatta accusò Formica di essere “ossessionato dall’ideologia della crescita ad ogni costo, attraverso bassi tassi d’interesse e cambio debole”.
Nel decennio seguente, il rapporto DEbito/Pil raddoppia. Dobbiamo fare “austerità” per pagare gli interessi non calmierati.
I giornali riferirono il duello Formica-Andreatta come ” “una lite fra comari” (su suggerimento di Spadolini: tutta la vicenda e la sua segretezza ha un certo sentore massonico). La crescita, la piena occupazione, la posizione dell’Italia come potenza industriale, cominciò a declinare allora.
Chi aveva suggerito ai due compari questo “divorzio”? Andreatta , un decennio dopo, rispose genericamente: “Ce lo chiese l’Europa“.
Ora apprendiamo che la Germania può esitare alla Bundsbank l’invenduto. A lei, non l’ha chiesto l’Europa?
E non è ancora tutto. Da un articolo recente dell’economista Antonio M. Rinaldi apprendiamo che nell’accordo fra i due, già rovinoso, era contenuta una ulteriore polpetta avvelenata:
“La la vera e propria “polpetta avvelenata” dell’accordo Tesoro-Banca d’Italia non fu tanto la “non più obbligatorietà” d’intervento sul mercato primario, [….] ma un nuovo meccanismo per le aste competitive marginali. Questo aspetto sempre taciuto è la vera causa del disastro di quella nefasta decisione.
Questo nuovo sistema avrebbe infatti consentito agli operatori, con marginali quantitativi sapientemente non acquistati, di ottenere tassi altissimi su tutto l’ammontare dell’emissione sebbene già assegnati precedentemente a tassi inferiori!
Nella pratica, ad esempio, se una emissione per 100 miliardi di lire di BTP veniva soddisfatta al tasso 5% per 97 Mld, ma per i restanti residui 3 Mld a 5,5%, tutti e 100 miliardi venivano assegnati alla fine allo stesso tasso del 5,5%! Praticamente il “paradiso” per le banche d’affari grazie a questo “regalino” tecnico voluto dai vertici del Tesoro e Banca d’Italia. Chi vi scrive a quei tempi era responsabile operativo presso la direzione generale titoli di una banca italiana e lo stupore, scaturito dal nuovo meccanismo di asta competitiva marginale che favoriva smaccatamente il mercato, fu enorme e suscitò da subito molte perplessità”.
Di fatto, dobbiamo pagare tassi altissimi anche sulla quota di titoli che abbbiamo già venduto a tassi più bassi. Ecco il motivo per cui contro di noi giocano con lo spread: ci guadagnano, e noi non possiamo difenderci.
I giornali riferirono il duello Formica-Andreatta come ” “una lite fra comari” (su suggerimento di Spadolini: tutta la vicenda e la sua segretezza ha un certo sentore massonico). La crescita, la piena occupazione, la posizione dell’Italia come potenza industriale, cominciò a declinare allora.
Chi aveva suggerito ai due compari questo “divorzio”? Andreatta , un decennio dopo, rispose genericamente: “Ce lo chiese l’Europa“.
Ora apprendiamo che la Germania può esitare alla Bundsbank l’invenduto. A lei, non l’ha chiesto l’Europa?
E non è ancora tutto. Da un articolo recente dell’economista Antonio M. Rinaldi apprendiamo che nell’accordo fra i due, già rovinoso, era contenuta una ulteriore polpetta avvelenata:
“La la vera e propria “polpetta avvelenata” dell’accordo Tesoro-Banca d’Italia non fu tanto la “non più obbligatorietà” d’intervento sul mercato primario, [….] ma un nuovo meccanismo per le aste competitive marginali. Questo aspetto sempre taciuto è la vera causa del disastro di quella nefasta decisione.
Questo nuovo sistema avrebbe infatti consentito agli operatori, con marginali quantitativi sapientemente non acquistati, di ottenere tassi altissimi su tutto l’ammontare dell’emissione sebbene già assegnati precedentemente a tassi inferiori!
Nella pratica, ad esempio, se una emissione per 100 miliardi di lire di BTP veniva soddisfatta al tasso 5% per 97 Mld, ma per i restanti residui 3 Mld a 5,5%, tutti e 100 miliardi venivano assegnati alla fine allo stesso tasso del 5,5%! Praticamente il “paradiso” per le banche d’affari grazie a questo “regalino” tecnico voluto dai vertici del Tesoro e Banca d’Italia. Chi vi scrive a quei tempi era responsabile operativo presso la direzione generale titoli di una banca italiana e lo stupore, scaturito dal nuovo meccanismo di asta competitiva marginale che favoriva smaccatamente il mercato, fu enorme e suscitò da subito molte perplessità”.
Di fatto, dobbiamo pagare tassi altissimi anche sulla quota di titoli che abbbiamo già venduto a tassi più bassi. Ecco il motivo per cui contro di noi giocano con lo spread: ci guadagnano, e noi non possiamo difenderci.
Non sapremo mai chi lo suggerì al duo Andreatta-Ciampi, dice Rinaldi. A me sembra che il caso consigli di rimettere in onore l’antica misura usata nell’altissima civiltà del Medio Evo cristiano contro simili criminali: il disseppellimento dei cadaveri (ancorché putrefatti) dei colpevoli e il loro abbruciamento sul rogo.
La credenza dogmatica oggi vigente è che non c’è alternativa, lo Stato deve ricorrere ai “mercati” per farsi prestare i soldi. In realtà, uno studio inglese sull’economia monetaria di 13 Paesi sviluppati fra il 1930 e il 2011, ha “scoperto” che l‘età d’oro della crescita economica, del pieno impiego e basso debito coincide coi periodi in cui era vigente “il matrimonio fra Governi e Banca centrale nazionale”.
“Nei trent’anni che hanno seguito la seconda guerra mondiale – scrivono gli autori , quasi metà del debito di Stato era detenuto dalle autorità monetarie”.
“Il finanziamento attraverso emissione monetaria era un mezzo importante con cui i governi sono stati in grado di rilanciare le loro economie dopo la Grande Depressione; finanziare la seconda guerra mondiale ed anche la ricostruzione seguente; sostenere politiche industriali ambiziose e il pieno impiego, nonostante un alto rapporto iniziale di debito sul Pil. Siccome gli interessi pagati dai governi alle loro banche centrali era di nuovo girato ad essi (le banche centrali erano di proprietà pubblica) contribuì a ridurre il debito”.
Che scoperte. Che riscoperte: sottrarre il debito pubblico ai “mercati” (ossia alla speculazione finanziaria) fa crescere l’economia reale.
Una conferma viene da altre fonti:
l’Italia ha avuto un periodo di crescita molto peggio degli altri paesi tra 1870 e fine secolo e poi di nuovo dal 1995 circa a oggi. Invece tra il 1896 e il 1992 ad es era la migliore. Come mai ? Perchè quello fu il periodo in cui MONETIZZAVA I DEFICIT….e pagava pochi INTERESSI. Per cento anni l’Italia è cresciuta più degli altri paesi europei.
(GianniZibordi)
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