“Voglio andare fino in fondo”, tuonò il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, commentando la vicenda dei concorsi truccati che ha terremotato le università di mezza Italia, con epicentro Firenze e portato a 7 arresti e 59 docenti indagati. Almeno stavolta andrà in fondo a qualcosa, quantomeno nelle intenzioni, visto che con le scuole superiori non ce l’ha fatta. Sta tutto in questo paradosso l’Italia che da due giorni fa l’indignata e cade dalle nuvole di fronte alla degenerazione della baronia che da sempre regge la gran parte dei nostri atenei, l’Italia dei vizi privati e delle pubbliche virtù, l’Italia di Alberto Sordi ne “Il moralista”.
La Fedeli, infatti, ha parlato di “grumo di marciume” in un ambito che dovrebbe vedere eccellere e risplendere il merito.
Quale merito? Quello che l’ha portata a guidare un ministero chiave – almeno, è così in tutti i Paesi civili – senza averne i requisiti? Certo, è stata bravissima a porre subito l’accento sul gender e sul politicamente corretto, sugli smartphone in classe e sul bullismo, sul divieto di bocciare fino alle medie inferiori o sull’obbligo vaccinale stile Stasi (questa campagna in coppia con Beatrice Lorenzin, altra esponente del fronte del merito più assoluto) ma questo non significa essere un buon ministro: solo un buon soldato della propaganda buonista. La stessa che le ha garantito i galloni da dicastero. Ma di cosa stiamo parlando?
Le intercettazioni dell’inchiesta sui concorsi truccati sono agghiaccianti, certo ma chi di noi – in assoluta buonafede – può dirsi sconvolto? Chi di noi è davvero caduto dalle nuvole? E non serve aver fatto l’università, perché quanto appena venuto alla luce è la punta dell’iceberg di un Paese: l’amministrazione pubblica è forse diversa? Chi non ha un cugino assessore, uno zio vigile, un nipote al catasto da sfruttare quando c’è da saltare la fila o fare un magheggio? L’Italia, piaccia o meno, è questa. Ovvio poi che ci siano punte di civiltà ed eccellenza che cerchino di affrancarsi da questa logica e perseguire davvero la strada di merito e capacità ma il corpaccione del Paese, lo Stato, è ancora quello delle mazzette, delle raccomandazioni, dei favori sessuali, del do ut des, dello scambio. E’ così persino alle urne, con variegature che vanno dal voto di scambio classico alle profferte più in stile Achille Lauro, tipo ila frittura di pesce di De Luca.
Non prendiamoci per il culo, lo ripeto: il merdaio che albergava in quegli atenei è lo specchio del Paese. Con la ciliegina del ministro senza merito che strepita di merito. E se chi si fa un culo quadro, massacrato di tasse e burocrazia, si lamenta, ecco pronta l’accusa di egoismo nei confronti di chi è sempre vittima e paga il degrado, l’assenza dello Stato, la mancanza di investimenti, le mafie e qualsiasi altra scusa gli garantisca di continuare a non fare un cazzo, lamentandosi e campando di sussidi e aiutini, ovviamente da ripagare poi nell’urna al capobastone locale. Perché le università dovrebbero essere differenti dal resto del Paese? “Smetti di fare l’inglese, fai l’italiano”, dice il docente allo studente – con due coglioni così sotto – che ha fatto scattare l’inchiesta: come dire, fatti furbo, lecca il culo, abbassa il capo e arriverà anche il tuo turno. Anche se il tuo turno sarebbe adesso, perché te lo meriti. Ma quell’altro già lavora nello studio del professore, qui funziona così. E poi che cazzo volete saperne voi, che rispettate le file e bevete il thé alle 5.
Non come in Italia, dove “la logica universitaria è questa… è un mondo di merda… è un do ut des. Tu puoi non accettare. Fai ricorso? Però ti giochi la carriera così”. Bella logica. Bel Paese. Poi ci lamentiamo della fuga dei cervelli. Ci stupiamo di fronte ai talk-show – dove per fare la ballerina di terza fila magari devi fare po....i a mezza struttura della rete – che ci mostrano come un’universitaria senza speranza in Italia, ora diriga un laboratorio dell’Imperial College di Londra o dell’MIT di Boston. Grazie al cazzo, lì se sei bravo non guardano il cognome o quanto sai infilare la lingua nel culo al Magnifico Rettore- Badano davvero al merito, perché spesso e volentieri quei laboratori lavorano in sinergia con gruppi privati che finanziano le attività ma vogliono anche risultati.
Quindi, scegli il meglio: fottendotene che si chiami Antonio, Ahmed, John o Joerg. Il problema è che la merda tende a sedimentare a piramide, quindi se chi dovrebbe fare le leggi e garantire il funzionamento del sistema è nelle migliori delle ipotesi un minus habens e nella peggiore – ma non più peregrina – anche un po’ mariuolo nell’anima, come si può sperare che certe logiche bizantine non vadano a investire a cascata tutta la società? E noi, dall’alto di questo curriculum civico, rompiamo il cazzo ai tedeschi? Noi ci sentiamo sminuiti e ridotti a stereotipo, se la gente al Nord dell’Europa non si fida di noi? Ora, capisco di andare all’estremo ma queste due prime pagine di oggi,
La Fedeli, infatti, ha parlato di “grumo di marciume” in un ambito che dovrebbe vedere eccellere e risplendere il merito.
Quale merito? Quello che l’ha portata a guidare un ministero chiave – almeno, è così in tutti i Paesi civili – senza averne i requisiti? Certo, è stata bravissima a porre subito l’accento sul gender e sul politicamente corretto, sugli smartphone in classe e sul bullismo, sul divieto di bocciare fino alle medie inferiori o sull’obbligo vaccinale stile Stasi (questa campagna in coppia con Beatrice Lorenzin, altra esponente del fronte del merito più assoluto) ma questo non significa essere un buon ministro: solo un buon soldato della propaganda buonista. La stessa che le ha garantito i galloni da dicastero. Ma di cosa stiamo parlando?
Le intercettazioni dell’inchiesta sui concorsi truccati sono agghiaccianti, certo ma chi di noi – in assoluta buonafede – può dirsi sconvolto? Chi di noi è davvero caduto dalle nuvole? E non serve aver fatto l’università, perché quanto appena venuto alla luce è la punta dell’iceberg di un Paese: l’amministrazione pubblica è forse diversa? Chi non ha un cugino assessore, uno zio vigile, un nipote al catasto da sfruttare quando c’è da saltare la fila o fare un magheggio? L’Italia, piaccia o meno, è questa. Ovvio poi che ci siano punte di civiltà ed eccellenza che cerchino di affrancarsi da questa logica e perseguire davvero la strada di merito e capacità ma il corpaccione del Paese, lo Stato, è ancora quello delle mazzette, delle raccomandazioni, dei favori sessuali, del do ut des, dello scambio. E’ così persino alle urne, con variegature che vanno dal voto di scambio classico alle profferte più in stile Achille Lauro, tipo ila frittura di pesce di De Luca.
Non prendiamoci per il culo, lo ripeto: il merdaio che albergava in quegli atenei è lo specchio del Paese. Con la ciliegina del ministro senza merito che strepita di merito. E se chi si fa un culo quadro, massacrato di tasse e burocrazia, si lamenta, ecco pronta l’accusa di egoismo nei confronti di chi è sempre vittima e paga il degrado, l’assenza dello Stato, la mancanza di investimenti, le mafie e qualsiasi altra scusa gli garantisca di continuare a non fare un cazzo, lamentandosi e campando di sussidi e aiutini, ovviamente da ripagare poi nell’urna al capobastone locale. Perché le università dovrebbero essere differenti dal resto del Paese? “Smetti di fare l’inglese, fai l’italiano”, dice il docente allo studente – con due coglioni così sotto – che ha fatto scattare l’inchiesta: come dire, fatti furbo, lecca il culo, abbassa il capo e arriverà anche il tuo turno. Anche se il tuo turno sarebbe adesso, perché te lo meriti. Ma quell’altro già lavora nello studio del professore, qui funziona così. E poi che cazzo volete saperne voi, che rispettate le file e bevete il thé alle 5.
Non come in Italia, dove “la logica universitaria è questa… è un mondo di merda… è un do ut des. Tu puoi non accettare. Fai ricorso? Però ti giochi la carriera così”. Bella logica. Bel Paese. Poi ci lamentiamo della fuga dei cervelli. Ci stupiamo di fronte ai talk-show – dove per fare la ballerina di terza fila magari devi fare po....i a mezza struttura della rete – che ci mostrano come un’universitaria senza speranza in Italia, ora diriga un laboratorio dell’Imperial College di Londra o dell’MIT di Boston. Grazie al cazzo, lì se sei bravo non guardano il cognome o quanto sai infilare la lingua nel culo al Magnifico Rettore- Badano davvero al merito, perché spesso e volentieri quei laboratori lavorano in sinergia con gruppi privati che finanziano le attività ma vogliono anche risultati.
Quindi, scegli il meglio: fottendotene che si chiami Antonio, Ahmed, John o Joerg. Il problema è che la merda tende a sedimentare a piramide, quindi se chi dovrebbe fare le leggi e garantire il funzionamento del sistema è nelle migliori delle ipotesi un minus habens e nella peggiore – ma non più peregrina – anche un po’ mariuolo nell’anima, come si può sperare che certe logiche bizantine non vadano a investire a cascata tutta la società? E noi, dall’alto di questo curriculum civico, rompiamo il cazzo ai tedeschi? Noi ci sentiamo sminuiti e ridotti a stereotipo, se la gente al Nord dell’Europa non si fida di noi? Ora, capisco di andare all’estremo ma queste due prime pagine di oggi,
ci dicono già tutto: manco il Centro Wiesenthal si permetterebbe di fare cose simili, dossieraggio da sezione di Lotta Continua negli anni Settanta imbellettato dal politically correct. E deve esserci un parente delle Fedeli, ovvero corto di studio, tra chi ha stilato la lista dei ben 6 politici di AfD eletti con scheletri xenofobi e nazisti nell’armadio, perché la sua colpa sarebbe stata quella di essere una spia della Stasi: ora, va bene tutto ma la Stasi nazista o xenofoba, francamente, mi pare troppo anche per “Repubblica”. E, attenzione, perché dietro questa strategia, se ne cela un’altra molto italiana: cominciare per primi la guerra della merda nel ventilatore, sperando di vincere. O, almeno, cogliere di sorpresa l’avversario. Perché gli stessi giornali che sparano queste puttanata che nemmeno Fiano fatto di MDMA potrebbe partorire, nelle pagine interne mettono chiaramente in evidenza quale sia il vero pericolo, al netto delle panzane antifasciste: il fatto che se davvero i Liberali dovessero andare al governo con la Merkel, per noi e per tutto il cosiddetto Club Med sarebbero cazzi da cagare veramente sui conti pubblici e sulle dinamiche di bilancio, altro che flessibilità e austerità un tanto al chilo di Schaeuble.
Ma non si può dire chiaramente, occorre prima dare del nazista a quello di AfD per intorbidire le acque e poi adombrare il rischio di una legnata fiscale, visto che gli ultimi geniali governi hanno fatto tutto praticamente in deficit, usando le clausole di salvaguardia come un malato di shopping usa la carta di credito. E c’è tanta italianità in questo, addirittura a livello istituzionale, tanto per farvi capire quanto il mio atto d’accusa non sia figlio di esterofilia ma di conati di vomito verso alcuni tratti fondanti di questo Paese. “Il rafforzamento dell’estrema destra (in Germania, ndr) è un segnale negativo per l’Italia. Questo è un partito anti-italiano, anti-Mediterraneo, che ci considera quasi degli esseri inferiori. Mi auguro che finalmente la politica veda una presenza dell’Italia più forte, perché il risultato tedesco impone all’Italia di essere protagonista per avere un’Europa bilanciata, un’Europa che guardi al futuro”. Chi lo ha detto, ieri mattina nel commentare i risultati elettori tedeschi?
Antonio Tajani, italianissimo presidente del Parlamento Europeo e pasdaran berlusconiano. Devo aggiungere altro? Ah sì, al netto dei 33 milioni di euro raccolti per i terremotati e finiti in asfaltature di piste ciclabili altrove. la Procura di Rieti ipotizza l’accusa di truffa e falso per quanti, circa 900 persone, tentavano di cambiare residenza per risultare cittadini di Amatrice e Accumoli al fine di percepire i contributi economici destinati ai comuni delle zone terremotate. Devo aggiungere altro? Siamo moralmente ed eticamente inferiori, il gap purtroppo è ancora aperto. Prenderne atto sarebbe il primo passo per affrancarci dal nostro stato di perenne anomalia. Altrimenti, andiamo pure avanti a ricordare quanto siamo accoglienti (ovvero, coglioni), bravissimi nelle emergenze (che potremmo evitare essendo meno cialtroni) e che quando a Roma c’erano già le terme, la rete fognaria e l’Impero, in Germania giravano vestiti di pelle di animale e grugnivano. Peccato che il tempo passi.
fonte: Rischio Calcolato
Ma non si può dire chiaramente, occorre prima dare del nazista a quello di AfD per intorbidire le acque e poi adombrare il rischio di una legnata fiscale, visto che gli ultimi geniali governi hanno fatto tutto praticamente in deficit, usando le clausole di salvaguardia come un malato di shopping usa la carta di credito. E c’è tanta italianità in questo, addirittura a livello istituzionale, tanto per farvi capire quanto il mio atto d’accusa non sia figlio di esterofilia ma di conati di vomito verso alcuni tratti fondanti di questo Paese. “Il rafforzamento dell’estrema destra (in Germania, ndr) è un segnale negativo per l’Italia. Questo è un partito anti-italiano, anti-Mediterraneo, che ci considera quasi degli esseri inferiori. Mi auguro che finalmente la politica veda una presenza dell’Italia più forte, perché il risultato tedesco impone all’Italia di essere protagonista per avere un’Europa bilanciata, un’Europa che guardi al futuro”. Chi lo ha detto, ieri mattina nel commentare i risultati elettori tedeschi?
Antonio Tajani, italianissimo presidente del Parlamento Europeo e pasdaran berlusconiano. Devo aggiungere altro? Ah sì, al netto dei 33 milioni di euro raccolti per i terremotati e finiti in asfaltature di piste ciclabili altrove. la Procura di Rieti ipotizza l’accusa di truffa e falso per quanti, circa 900 persone, tentavano di cambiare residenza per risultare cittadini di Amatrice e Accumoli al fine di percepire i contributi economici destinati ai comuni delle zone terremotate. Devo aggiungere altro? Siamo moralmente ed eticamente inferiori, il gap purtroppo è ancora aperto. Prenderne atto sarebbe il primo passo per affrancarci dal nostro stato di perenne anomalia. Altrimenti, andiamo pure avanti a ricordare quanto siamo accoglienti (ovvero, coglioni), bravissimi nelle emergenze (che potremmo evitare essendo meno cialtroni) e che quando a Roma c’erano già le terme, la rete fognaria e l’Impero, in Germania giravano vestiti di pelle di animale e grugnivano. Peccato che il tempo passi.
fonte: Rischio Calcolato
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