A un sistema tributario molto frammentato, che continua a tartassare cittadini e imprese, si accompagna un gettito estremamente concentrato in poche voci: le prime 10 imposte, infatti, valgono 421,1 miliardi di euro e garantiscono l’85,3 per cento del gettito tributario complessivo che nel 2015 (ultimo dato disponibile) si e’ attestato a 493,5 miliardi di euro.
“Anche quest’anno – sottolinea Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi Cgia – ciascun italiano paghera’ mediamente 8 mila euro di imposte e tasse, importo che sale a quasi 12 mila euro considerando anche i contributi previdenziali. E la serie storica indica che negli ultimi 20 anni le entrate tributarie nelle casse dello Stato sono aumentate di oltre 80 punti percentuali, quasi il doppio dell’inflazione che, nello stesso periodo, e’ cresciuta del 43 per cento”. Le imposte che pesano di piu’ sui portafogli dei cittadini italiani sono due e rappresentano piu’ della meta’ (il 54,2 per cento) del gettito totale: l’Irpef e l’Iva.
La prima (Imposta sul reddito delle persone fisiche) spolia gli italiani che lavorano di 166,3 miliardi di euro l’anno (il 33,7 per cento ovvero un terzo del totale) mentre la seconda e’ pari a 101,2 miliardi di euro (20,5 per cento). Per le aziende le imposte che pesano di piu’ sono l’Ires (Imposta sul reddito delle societa’), che nel 2015 ha rapinato alle imprese del Paese 31,9 miliardi di euro e l’Irap (Imposta regionale sulle attivita’ produttive) che ha sottratto altri 28,1 miliardi (sempre all’anno).
Ma non è affatto finita qui.
Va altresi’ tenuto conto che la pressione tributaria (imposte, tasse e tributi sul Pil) in Italia (che pesano per un altro 29,6 per cento) e’ la quarta piu’ elevata dell’Area euro dopo la Danimarca, la Svezia (che però non hanno fortunatamente scelto l’euro) la Finlandia e il Belgio (che invece hanno deciso malauguratamente per loro di averlo) e superiore di ben 6 punti percentuali rispetto a quella tedesca (23,6 per cento). “Si tratta di una posizione ancor piu’ negativa se si considera l’altra faccia della medaglia, ovvero il livello dei servizi che nel nostro Paese deve migliorare moltissimo”.
Va però precisato che Danimarca e Svezia hanno il miglior welfare del mondo e le retribuzioni media sono del 40% più alte delle retribuzioni medie italiane.
Ritornando alla lista delle 100 tasse degli italiani: 1. quella piu’
Ritornando alla lista delle 100 tasse degli italiani: 1. quella piu’
elevata: l’Irpef;
quella che paghiamo tutti i giorni: l’Iva;
la piu’ pagata dalle societa’: l’Ires;
la piu’ rapinosa per le imprese: l’Irap;
la piu’ singolare: quella applicata dalle Regioni sulle emissioni sonore degli aeromobili (che solo a pensarla verrebbe da ridere, se non fosse invece vera e applicata)
la piu’ lunga (come dicitura): imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfettario agevolato;
la piu’ corta (acronimi esclusi): bollo auto;
l’ultima grande imposta introdotta: la Tasi;
la piu’ odiata dalle famiglie: la rapina voluta da Mario Monti che passa sotto il nome di Imu e Tasi attualmente applicate sulle seconde e terze case;
le piu’ stravaganti: le imposte sugli spiriti (distillazione alcolici), quelle sui gas incondensabili e sulle riserve matematiche di assicurazione (tasse su accantonamenti obbligatori delle assicurazioni). La tassa annuale sulla numerazione e bollatura di libri e registri contabili e, infine, tutte le sovraimposte di confine applicate dalla dogana (sugli spiriti, sui fiammiferi, sui sacchetti di plastica non biodegradabili, sulla birra, etc.).
E con tutto questo, i conti pubblici non tornano: il debito dello stato italiano continua a salire senza sosta e senza diminuzioni, anzi sta accelerando. I governi Letta-Renzi-Gentiloni hanno fatto crescere il debito pubblico al record assoluto di 2.279 miliardi di euro (dato del mese di luglio 2017). Dal 2013, quando il debito pubblico italiano aveva già raggiunto l’enorme quantità di 2.068 miliardi di euro, il trio di cui sopra l’ha fatto aumentare di altri 210 miliardi di euro.
L’ultimo dato del debito pubblico italiano relativo alla lira, segnava l’equivalente di 1.358 miliardi di euro e si riferisce all’anno 2001. Dal 2001 al 2017, in questi disgraziatissimi 15 anni di euro, il debito pubblico italiano invece di diminuire grazie alla “valuta forte e stabile” come la definì Romano Prodi, è aumentato di quasi 1.000 (mille!) miliardi di euro. Lo stato italiano dal 1861 al 2001 (140 anni) ha accumulato un debito pubblico equivalente a 1.358 miliardi di euro. In 15 anni di euro, siamo alla catastrofe di oggi, nonostante l’aumento mostruso delle tasse, come scrive e documenta la Cgia.
Fonte: Il Nord
la piu’ pagata dalle societa’: l’Ires;
la piu’ rapinosa per le imprese: l’Irap;
la piu’ singolare: quella applicata dalle Regioni sulle emissioni sonore degli aeromobili (che solo a pensarla verrebbe da ridere, se non fosse invece vera e applicata)
la piu’ lunga (come dicitura): imposta sostitutiva imprenditori e lavoratori autonomi regime di vantaggio e regime forfettario agevolato;
la piu’ corta (acronimi esclusi): bollo auto;
l’ultima grande imposta introdotta: la Tasi;
la piu’ odiata dalle famiglie: la rapina voluta da Mario Monti che passa sotto il nome di Imu e Tasi attualmente applicate sulle seconde e terze case;
le piu’ stravaganti: le imposte sugli spiriti (distillazione alcolici), quelle sui gas incondensabili e sulle riserve matematiche di assicurazione (tasse su accantonamenti obbligatori delle assicurazioni). La tassa annuale sulla numerazione e bollatura di libri e registri contabili e, infine, tutte le sovraimposte di confine applicate dalla dogana (sugli spiriti, sui fiammiferi, sui sacchetti di plastica non biodegradabili, sulla birra, etc.).
E con tutto questo, i conti pubblici non tornano: il debito dello stato italiano continua a salire senza sosta e senza diminuzioni, anzi sta accelerando. I governi Letta-Renzi-Gentiloni hanno fatto crescere il debito pubblico al record assoluto di 2.279 miliardi di euro (dato del mese di luglio 2017). Dal 2013, quando il debito pubblico italiano aveva già raggiunto l’enorme quantità di 2.068 miliardi di euro, il trio di cui sopra l’ha fatto aumentare di altri 210 miliardi di euro.
L’ultimo dato del debito pubblico italiano relativo alla lira, segnava l’equivalente di 1.358 miliardi di euro e si riferisce all’anno 2001. Dal 2001 al 2017, in questi disgraziatissimi 15 anni di euro, il debito pubblico italiano invece di diminuire grazie alla “valuta forte e stabile” come la definì Romano Prodi, è aumentato di quasi 1.000 (mille!) miliardi di euro. Lo stato italiano dal 1861 al 2001 (140 anni) ha accumulato un debito pubblico equivalente a 1.358 miliardi di euro. In 15 anni di euro, siamo alla catastrofe di oggi, nonostante l’aumento mostruso delle tasse, come scrive e documenta la Cgia.
Fonte: Il Nord
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