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martedì 19 settembre 2017

Cari Partiti, è inutile Sfotterlo, Luigi di Maio vi Sotterrerà tutti

di Giuseppe COMPER

Finalmente il giorno tanto atteso è giunto e finalmente verrà reso ufficiale: Luigi Di Maio sarà presto incoronato candidato Premier per il M5S alle prossime elezioni politiche. Una volta per tutte verrà decretato nero su bianco che sarà il giovane vice Presidente della Camera a rappresentare il popolo pentastellato alla ventura tornata elettorale nazionale e a raccogliere l’eredità di Beppe Grillo come Capo politico promotore del programma a 5 Stelle. Tutto ciò avverrà il 23 settembre, come spiegato sul Blog.



Sono ormai passati cinque lunghi anni da quando i grillini irruppero in Parlamento con la più alta percentuale di gradimento registrata alle politiche 2013 tra i partiti e movimenti in gioco.

Ne è stata fatta di strada da allora, da quando i neoeletti pentastellati entrarono nei palazzi del Potere ignari di cosa avrebbero trovato nella cosiddetta “scatoletta di tonno” e digiuni del retto comportamento da tenere all’interno delle istituzioni. I tempi ora sono maturi, e i grillini si sono evoluti in una classe dirigente a tutti gli effetti.

Eppure la narrazione che i loro avversari politici e la maggior parte della stampa vuol fare passare è che il M5S sia ancora composto da una manica di incapaci populisti e urlatori professionisti, senza il minimo rispetto per le istituzioni che rappresentano e senza uno straccio di programma elettorale. Inizia così la corsa a chi fa la voce più grossa, cadendo molto spesso nel ridicolo senza neanche accorgersene – perché è ormai la norma la ridicolaggine espressa dalla italica classe dirigente: urla, polemiche, insulti, accuse senza fondamento, e via discorrendo. Alzare i toni non raramente è sintomo di povertà di proposte, perché l’insulto (si sa) è l’arma più rapida ed efficacie a livello comunicativo quando non si ha meglio da dire. E’ l’asso nella manica dei gusci vuoti.

Di offese e frecciatine ne sono volate ultimamente, indirizzate soprattutto al non-ancora-ufficiale candidato Premier del M5S Luigi Di Maio. Iniziando dal primo vero outsider storico della politica italiana, Silvio Berlusconi: eletto Primo Ministro nel 1994, senza aver mai maturato alcuna esperienza precedente all’interno del Parlamento o dei vari Consigli locali, si è trovato da un giorno all’altro sulla poltrona della quarta carica più importante del Paese. Buffo da parte sua dunque definire Di Maio “una meteorina della politica“ che “non porta alcun bagaglio per gli italiani“. Soprattutto visti tutti gli scandali e i fallimenti che i suoi governi hanno registrato, ormai l’ultraottantenne Silvio Berlusconi farebbe bene a non occuparsi più di politica ma ritirarsi a vita privata in compagnia della sua giovane fidanzata e del fido Dudù.

Dall’altra c’è l’altro nastro nascente del populismo italiano, l’uomo che ha risollevato un partito ormai in liquefazione ridandogli speranza: Matteo Salvini, il candidato della Ruspa. Una persona politicamente più vecchia persino di Berlusconi, essendo stato eletto per la prima volta nel 1993 in Consiglio comunale a Milano, trasferendosi in seguito negli anni da un’istituzione all’altra contravvenendo al volere degli elettori che lo eleggevano in una determinata sede. Ma effettivamente, se è da quasi un quarto di secolo che riesce a vivere di politica, significa che gli elettori lo trovano pressoché competente. O forse è solo merito dello slogan, la sua arma segreta: non si ricorda alcun contributo vero e proprio di Matteo Salvini alla politica locale e (sovran)nazionale che ha rappresentato. Lo si ricorda per le sue innumerevoli comparse nei salotti tv e per i suoi comizi in pubblica piazza dove la voce grossa e le invettive contro i suoi avversari dominano la scena. Non per nulla qualche giorno fa ha dichiarato: “Luigi Di Maio temibile? Sì, come Virginia Raggi per i romani“, e che “mi fanno ridere le proposte sia di Renzi sia di Di Maio“. Il tutto senza entrare nel merito della governance romana di Virginia Raggi e delle proposte pentastellate in vista delle imminenti elezioni politiche. Le avrà almeno lette?

Non si sono scagliati altri esponenti politici contro il novello ma ruspante Luigi Di Maio. Forse perché hanno capito che è un avversario da non prendere sottogamba: non solo presenta la forza e la convinzione tipica dello spirito giovanile, ma è anche uno dei Big pentastellati più seri e posati. Di più, dopo un solo lustro dentro le istituzioni Di Maio ha imparato a comportarsi da vero politico: viaggia, incontra illustri personaggi esteri, non si fa mai trascinare dall’impulso, è estremamente freddo e distaccato ma dando l’impressione di potersi fidare di lui. E’ in assoluto uno dei leader meno populisti dell’attuale scena politica italiana, contrapposto alla sua antitesi per eccellenza, Matteo Renzi, divenuto l’ombra di se stesso in seguito alla disfatta del referendum costituzionale del 4 dicembre.

Per questo Luigi Di Maio piace, e presumibilmente otterrà un ottimo risultato elettorale: perché con lui torna la figura del “politico di professione”, quello dedito alla politica e al relativo galateo. Con lui risorgono Giulio Andreotti e Bettino Craxi, personaggi ambigui della politica italiana, ma astuti strateghi nonché rispettosi dei ruoli che ricoprivano. Perché con Di Maio torna la dignità in politica, a prescindere dal programma e dall’ideologia. Contrariamente alle pagliacciate ormai all’ordine del giorno di molti altri uomini politici.

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