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lunedì 16 marzo 2015

M5S: " L'Alba di una nuova Europa "

Intervista a Manlio di Stefano a cura di Alessia Lai e Francesca Dessì.

In Italia si parla di Alba, per la prima volta, nelle aule istituzionali. A dieci anni dalla fondazione della Alianza Bolivariana para Pueblos de Nuestra América, il Movimento 5 Stelle ha puntato i riflettori sullo strumento di integrazione che ha cambiato il volto dell'America Latina partendo da un nuovo punto di vista: non più relazioni basate sul modello liberal capitalista ma sui concetti fondamentali di solidarietà e complementarità tra i popoli. Un modello misconosciuto in una Europa che non riesce a prendere in considerazione altri paradigmi che non siano quelli economicisti basati sulla globalizzazione. Un modello che, secondo Alessandro di Battista e Manlio di Stefano (rispettivamente Vicepresidente e capogruppo 5 stelle nella commissione Esteri della Camera), organizzatori dell'incontro, potrebbe essere applicato ai Paesi del sud Europa, i cosiddetti PIGS, vittime dell'adesione della Comunità Europea ai dettami inflessibili del libero mercato e della finanza apolide.
Non a caso l'incontro è stato battezzato "L'Alba di una nuova Europa"e ha posto le basi per una più attiva collaborazione tra le rappresentanze in Italia dei Paesi Alba e il Movimento 5 Stelle, intenzionato a intraprendere un cammino che possa portare a un percorso basato su modelli politici alternativi da tradurre in atti legislativi proposti dal Movimento.




Che globalizzazione facesse rima con povertà, perdita delle identità e feroce legge del mercato, Venezuela e Cuba - i Paesi che hanno dato origine, su impulso di Hugo Chávez e Fidel Castro - all'Alba, lo sapevano bene già anni fa e hanno deciso di realizzare quel che dalle nostre parti viene considerato, quando va bene, un'utopia. Relazioni tra Stati basate sul mutuo appoggio, su rapporti solidali che come obiettivo avevano il riscatto di interi popoli fino ad allora ignorati nelle loro istanze e diritti.
L'Alba è una realtà pressoché sconosciuta nel nostro Paese, nota solo a piccoli gruppi "di nicchia", ai movimenti sociali e politici marginali e con un peso nullo nella politica nazionale. Del resto, sorvolando sulla destra italiana che "di default" vede l'America Latina con gli occhi di Washington, se pensiamo che nei partiti di sinistranostrani il defunto presidente venezuelano e Fidel Castro vengono platealmente dipinti nella migliore delle ipotesi come autocrati - se non come dittatori che hanno oppresso e affamato i loro popoli - capiamo quale possa essere il livello di interesse istituzionale per il fermento che da quasi 15 anni a questa parte sta cambiando il volto dell'America Latina.
Stesso trattamento riservato dalla stampa mainstream, vede e descrive l'America Latina attraverso le lenti deformanti del potere, quello che, come ha detto Gianni Minà, intervenuto all'incontro, descriveva (e descrive) Hugo Chávez come un dittatore evitando magari di riportare che al suo funerale erano presenti 33 tra capi di Stato e di governo da tutto il mondo e più di due milioni di venezuelani.
La responsabilità della stampa nel raccontare il mondo latinoamericano così come lo vediamo dipinto è pesante, ha sottolineato Minà, da decenni impegnato nel cercare di divulgare quel che accade in America Latina. Ma gli spazi per raccontare la realtà delle cose sono praticamente inesistenti e in Italia, dove l'editoria indipendente è stata massacrata, lo sappiamo bene. Così, a chi come noi da tempo segue l'evolversi delle vicende latinoamericane, sembra un miracolo che in un luogo come il Parlamento italiano si sia finalmente parlato, e con i diretti interessati, della Alianza Bolivariana.
Venerdì 13 aprile, a Roma, ha potuto raccontare di questo straordinario strumento di integrazione direttamente il segretario generale dell'Alba-TCP (Tratado comercial entre los pueblos)Bernardo Alvarez, che ha ricordato gli inizi dell'Alianza, le ragioni della sua istituzione e soprattutto gli obiettivi raggiunti nei nove Paesi che ne fanno parte (Antigua y Barbuda, Cuba, Bolivia, Dominica, Ecuador, Nicaragua, Saint Lucia, San Vicente y Las Granadinas, Venezuela).
«Dieci anni fa ci rendemmo conto che di fronte a una crisi enorme non c'era un modo convenzionale per uscirne, doveva essere un modo di rottura. Dicevano che una rottura ci avrebbe portati nell'abisso, in realtà la rottura ci portati fuori dall'abisso», ha ricordato Alvarez.
L'Alba fu una rottura «iniziata da una battaglia sociale gigantesca e politicamente fu una trasformazione altrettanto gigantesca». In Europa abbiamo bisogno di trasformazioni, di cambiamenti veri, che non sono quelli riformisti proposti da partiti politici che accettano il sistema liberalcapitalista. Una rottura europea è un'utopia, mal'America Latina ha dimostrato che un'utopia può trasformarsi in realtà.
Sulla possibilità che l'Alba possa essere un riferimento per cercare dicambiare l'Europa abbiamo rivolto alcune domande a Manlio di Stefano.

Perché un incontro sull'Alba?
«Perché crediamo che il modello europeo che stiamo vivendo sia profondamente sbagliato e soprattutto iniquo per i cittadini, perché è incentrato sulle multinazionali e sull'interesse economico. Come ho detto aprendo la conferenza ci siamo chiesti se ci fossero altre realtà simili che avessero però superato il nostro problema e una di queste è l'Alba. Siccome abbiamo già trattato l'Alba anche in commissione, abbiamo fatto approvare la risoluzione che indirizzava il governo a parlare di più con i Paesi che la integrano. E abbiamo voluto ascoltare dal loro punto di vista come hanno fatto a diventare quello che oggi sono, ovvero delle società più incentrate sull'essere umano piuttosto che sul commercio.»

Secondo Lei quello dell'Alba è un modello replicabile in Europa?
«È un modello replicabile se ci sarà la volontà politica di tanti governi, quelli del sud Europa. Noi avevamo al terzo punto del programma per le elezioni europee del 2014 un'Alleanza tra i Paesi mediterranei per una politica comune. Non è semplicissimo però nascono fortunatamente sempre più dei movimenti anti-sistema in Europa e noi siamo uno di questi, speriamo di poterci alleare con gli altri per un obiettivo comune post-ideologico. »

Cosa impedisce questa unione, che Lei definisce post-ideologica, che potrebbe portare in Europa uno strumento simile all'Alba?
«Lo impedisce la schiavitù dagli Stati Uniti d'America e dalla Germania. E lo impedisce il fatto che ogni partito politico senza nessuna distinzione, tranne quelli ai quali mi riferivo prima, i nuovi movimenti post ideologici, sono servi di questa ideologia filo statunitense e filo tedesca. Speriamo che si possa uscire da questa logica, noi non abbiamo paura di attaccare i poteri forti  e speriamo che altri ci seguano in questo. Da questo punto di vista sono un po' preoccupato da una mezza retromarcia già fatta da Syriza nei primi mesi di governo.»

Il Movimento Cinque Stelle è l'unico presente nel Parlamento italiano a manifestare interesse per quel che accade in America Latina. Eppure in Italia c'è un governo di centrosinistra, formato dal Pd in alleanza con Sel ( Sinistra e Libertà), che in teoria dovrebbe fare quello che fate voi.
«Non abbiamo un governo di centrosinistra. Il governo Renzi è un governo neanche di centrodestra, è un governo sul modello americano liberalcapitalista che però non ha il tessuto sociale americano, quindi di impresa dinamica. Di conseguenza è un governo che schiaccia di più i cittadini. Ovviamente andare in una direzione come quella dei Paesi Alba, la cui visione è invece centrata sull'essere umano, è impensabile per loro. Sel appare ogni quattro anni, quando ci sono le elezioni, o ogni cinque, dipende da quanto dura il governo. E entra in Parlamento grazie all'alleanza con il Pd, quindi non può fare a meno di questo servilismo verso il Pd. Basta dire che anche nelle ultime elezioni non sarebbe entrato in Parlamento perché ha ottenuto il 2,68% dei voti, e la soglia di sbarramento era del 3%. Ma Sel è entrato in coalizione con il Pd quindi non ha libertà di azione. La più grande verità e bellezza del Movimento 5 Stelle è che siamo liberi di dire quello che pensiamo e di fare quello che diciamo.»

Intendete fare altre iniziative sull'Alba Tcp e in generale sulla realtà latinoamericana?

«Noi abbiamo un progetto, che è quello di fare informazione e di portare avanti un'attività legislativa in tal senso. Quindi siamo in continuo contatto con tutte le ambasciate del Sudamerica e abbiamo dei rapporti concreti con tutte queste realtà. Speriamo di poter concretizzare qualcos'altro ma purtroppo non siamo al governo e quindi la strada sarà più lunga.»



Fonte: http://www.appuntidalsud.com/?p=67 

L'INTERVENTO DI ALESSANDRO DI BATTISTA:





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