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venerdì 5 settembre 2014

Jobs Act: un attentato alla dignità del Lavoro

di Vincenzo Cirigliano

Contrariamente a quanto in tanti ritengono non esiste una necessaria e dimostrata correlazione tra flessibilizzazione del mercato del lavoro e crescita occupazionale, intesa in genere in particolare per i giovani. In qualsiasi fase di recessione è certamente norma comune notare un’aumento della flessibilità sul lavoro, inversamente proporzionale al livello d’occupazione, aprendo così ampi spazi alle forme comuni di precarizzazione del lavoro con conseguente peggioramento delle condizioni di vita e di reddito dei lavoratori.


Con il jobs act si assiste alla completa liberalizzazione di quella tipologia di contratti già noti come Contratti a Tempo Determinato di cui si è in questi ultimi anni ampiamente abusato. Quando si vivono quindi fasi di recessione la precarizzazione viene a rappresentare una fase pro ciclica del ciclo economico al contrario di ciò che avviene nei periodi di espansione quando si assiste ad una funzione anticiclica del ciclo economico.

Nella fase di recessione risulta il più delle volte vano intervenire agendo dal lato dell’offerta di lavoro, andando ad aumentare la Precarietà, con l’intento di creare le condizioni per assunzioni facilitate e più convenienti per gli Imprenditori. L’occupazione è un parametro purtroppo che dipende largamente dalla domanda di lavoro e che tende a rimanere invariata anche dinanzi a casi in cui il lavoro ha un costo quasi pari a zero (sul modello del protocollo di Expo-Comune-Sindacati, siglato a Milano il 23 luglio 2013, che prevede l'assunzione di 18.500 lavoratori volontari gratuiti e 700 tra CDT e apprendisti in deroga all'allora normativa: questa è la parte che viene recepita dal Jobs Act). Essa aumenta solo ed unicamente quando le prospettive di vendita e di crescita della domanda delineano una decisa crescita della domanda. In poche parole, si può anche offrire lavoro gratis, ma se gli imprenditori non registrano un deciso aumento della produzione a seguito di un consistente aumento di Domanda, stentano a propendere per nuove assunzioni, che per loro potrebbero avere dei costi non sostenibili.

Tutto quello sino ad ora detto è certamente parte della verità ma non è tutta la verità. Le Aziende oggigiorno perseguono l'abbattimento dei costi di gestione per inseguire quella concorrenza, generata dalla globalizzazione, che viene dai paesi Orientali, dai Paesi dell'area Brics e dai paesi Europei fuori dall'influenza Euro. Lo fanno attraverso l'abbattimento dei salari essendo ciechi dinanzi ad altre soluzioni quali quelle legate all'innalzamento qualitativo della produzione che per altro presa singolarmente non riuscirebbe neanche a rappresentare la soluzione del problema. L'uso del Jobs Act creerebbe sicuramente nuova occupazione, ma creerebbe nello stesso tempo un immane disastro sociale che per il lavoratore non sarebbe diverso dall'essere disoccupato. Che vantaggi avrebbe un lavoratore che percepisce 450 Euro mensili con contratto non a tempo indeterminato. Il suo potere d'acquisto sarebbe insignificante se non per il minimo necessario, la sua precarietà sarebbe palese e non gli consentirebbe di pianificare nessun futuro, ne da solo, ne tanto meno con una famiglia. La sua dichiarazione dei redditi non gli consentirebbe nemmeno per scherzo di entrare in Banca a chiedere un qualsiasi mutuo ( oggi hanno questa difficoltà persino coloro che hanno un lavoro a tempo indeterminato ). Chi invece sarà felice del Jobs Act saranno gli Imprenditori che avranno così modo di abbattere i costi nel modo più semplice e meno impegnativo, facendo confluire i frutti di questo risparmio in buona parte sui loro conti correnti, e in parte per porsi alla pari della concorrenza e competere così sui mercati soprattutto esteri. Il mercato interno si riprenderà in maniera infinitesimale, visto che la capacità di spesa di questi nuovi soggetti sociali sarà più che trascurabile. Alla fine tutto ciò non avrà fatto altro che realizzare quel piano, all'origine di questa crisi " Pilotata ", che aveva come fine proprio l'arricchimento di quell'1% della popolazione, rappresentato dai ricchi, a discapito di quel 99% del popolo che sarà sempre più sottomesso ed affamato. Come se non bastasse, a questo il Governo Renzi aggiunge anche la ciliegina sulla torta. Non va a toccare direttamente l'articolo 18, andandolo a modificare per quel poco che di buono è ancora rimasto, perchè sa che innescherebbe il caos sociale, ma lo fa indirettamente stravolgendo lo Statuto dei Lavoratori, che di fatto andrà ad annullare tutti quei pochi vantaggi che ancora oggi può offrire l'Art. 18. In tal Modo i lavoratori si ritroveranno oltre che con stipendi da fame, anche senza nessuna tutela sociale.

Bravo Renzi, non c'è che dire, ma non penso che all'Italia serva aumentare in questo modo le percentuali relative all'Occupazione! Agli italiani serve sì un lavoro, ma un lavoro che sia soprattutto dignitoso, così come recita l'art.36 della Costituzione "...Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa "

Di certo, in Autunno, i lavoratori su questi temi non saranno distratti.

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