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martedì 12 novembre 2013

Perché Berlino danneggia l’economia globale



di Paul Krugman, da Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2013
I tedeschi sono sdegnati: sdegnati con il dipartimento del Tesoro Usa, che con il suo rapporto semestrale sulle politiche internazionali per l'economia e i tassi di cambio dice cose negative sugli effetti che le politiche macroeconomiche della Germania producono sull'economia mondiale. Esponenti del Governo di Berlino hanno dichiarato che le conclusioni del rapporto sono «incomprensibili»: una definizione un po' strana, considerando che si tratta di considerazioni assolutamente ovvie.

Per inciso: sì, gli Stati Uniti hanno spiato Angela Merkel e non c'è alcuna giustificazione per questo; ma non ha nulla a che vedere con l'argomento in discussione e chiunque sostenga una cosa del genere non fa altro che dimostrare la propria pochezza intellettuale. E dire quello che si pensa sulle politiche economiche tedesche non significa essere antitedeschi o antieuropei: chi cerca di eludere l'elemento centrale della discussione lanciando accuse di questo tipo di fatto sta ammettendo di non avere argomenti.
Torniamo al tema e proviamo a tracciare una breve storia dell'Eurozona, raccontata attraverso due Paesi, Germania e Spagna.

La creazione dell'euro è stata seguita dall'affioramento di squilibri colossali, con grandi quantità di capitali che defluivano dai Paesi del nocciolo duro a quelli della periferia. Poi i flussi di capitali privati si sono improvvisamente interrotti, costringendo le nazioni della periferia a eliminare i loro disavanzi nel saldo con l'estero, anche se il processo è stato rallentato dall'erogazione di prestiti a livello istituzionale, principalmente attraverso prestiti tra le Banche centrali.
La pessima notizia per la periferia dell'euro è che finora l'aggiustamento è avvenuto principalmente attraverso il calo dell'attività economica invece che attraverso un recupero di competitività, tanto che il contraltare di questo "miglioramento" per la Spagna è una disoccupazione al 25 per cento.

Normalmente ci si aspetterebbe che l'aggiustamento sia più o meno simmetrico, con i Paesi in surplus che riducono l'attivo e i Paesi in deficit che riducono il passivo. Ma la Germania non ha corretto la rotta e il miglioramento delle partite correnti nei Paesi della periferia dell'euro è avvenuto a scapito del resto del mondo. Pessima cosa. Siamo in una situazione mondiale di domanda inadeguata, con il paradosso della parsimonia (le persone risparmiano danneggiando l'economia) che la fa da padrone. 

Tenendo in piedi un'eccedenza nel saldo con l'estero sproporzionata, la Germania sta penalizzando crescita e occupazione a livello mondiale. Forse i tedeschi lo troveranno incomprensibile, ma è l'Abc della macroeconomia. Potreste replicare che non è colpa del governo tedesco se la Germania è in attivo nel saldo con l'estero, ma non è così (sono caduto anch'io in trappola, ma ho riconosciuto l'errore): non è così perché la Germania ha adottato politiche di rigore nonostante la condizione di Paese creditore, contribuendo a un generale irrigidimento delle politiche nella zona euro. 

Non mi aspetto che i governanti tedeschi ammettano che quello che dice il Tesoro Usa è vero. Non sono molto ferrati sulla macroeconomia come la intendiamo noi: la loro idea, apparentemente, è che tutti dovrebbero essere come la Germania e avere surplus colossali nel saldo con l'estero. Ma il Tesoro ha detto una verità ovvia.

(11 novembre 2013)

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