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giovedì 7 luglio 2016

Sulle Banche Italiane il tempo delle Bugie è scaduto

Mentre attendiamo fiduciosi l’evoluzione delle trattative tra le autorità italiane e la Ue sulla messa in sicurezza delle banche italiane, proviamo a proporre qualche considerazione aggiuntiva sulla questione. Osservando la violenza con la quale i mercati stanno colpendo il settore, l’idea che sto maturando è che questi, ormai, ripongano sempre meno fiducia nelle autorità italiane. E magari hanno anche ragione.

Ciò che sta accadendo non ha a che fare solo con le note problematiche delle banche o con il clima di sfiducia che coinvolge tutto il comparto bancario, ma, a mio modesto parere, con qualcosa di più profondo: la crisi di fiducia verso i regolatori italiani e verso il governo e i suoi esponenti.




Per anni, più o meno tutti, a vario titolo, hanno urlato al mondo intero che le banche italiane erano solide, salvo poi accorgersi che così solide non sono.
Vi ometto la noia di leggere in quali e quante occasioni si è verificato quanto appena affermato,ma posso assicurarvi che sono molte e sono anche significative nei contenuti (QUI e QUI potete trovare due semplici assaggi).

Se il Primo Ministro di un paese (in questo caso l’Italia) afferma che una delle banche più grandi del paese è stata risanata, peraltro invitando ad investire in questa banca, e poi si scopre che secondo la Bce esistono dei significativi problemi connessi allo smaltimento delle sofferenze e molto altro ancora -come la necessità di un aumento di capitale dai 2 ai 6 miliardi di euro- è normale che i mercati si interroghino sulla credibilità dell’Italia ed emettano un verdetto di sfiducia verso chi, appunto, ha veicolato o cercato di veicolare l’interesse degli investitori a favore di un investimento che poi si è rilevato un mezzo bidone (solo per usare un eufemismo).

Certo, si potrà dire che le grandi banche e i grandi investitori hanno le capacità (?) per valutare la bontà o meno di un investimento. Ma certamente, sapere che le massime autorità di uno stato pronunciano parole a sostegno di un determinato settore (quello bancario) rappresentandone le lodi e occultandone i difetti, contribuisce a demolire la credibilità di chi pronuncia tali parole. Il problema è che se fosse il sottoscritto ad affermare che banca Monte dei Paschi è solida e poi si scoprisse che così non è, i mercati se ne fregherebbero altamente. Ma quando ad affermarlo è il Premier italiano o il suo Ministro dell’economia, allora le cose cambiano. I mercati, quindi, sono orientati ad interrogarsi sulla credibilità di coloro che, avendo posizioni di governo, in qualche modo dovrebbero agire con trasparenza per garantire la corretta valutazione delle informazioni da parte degli operatori finanziari, che a loro volta devono rispondere a tutti coloro che hanno un interesse legittimo affinché un investimento produca buon ritorni economici. Purtroppo, la sensazione che ho è che tanto dilettantismo nella gestione delle note problematiche bancarie, stia conducendo al concretizzarsi di un rischio più grande, molto caro alla finanza: il venir meno della credibilità degli interlocutori.

Che nel caso di posizioni di governo, si traduce nella demolizione della credibilità di tutta la nazione, con effetti che potete benissimo immaginare. Insomma, ciò che sto dicendo è che la condotta del governo e dei regolatori italiani nell’affrontare la questione bancaria, non è sta orientata a garantire gli interessi legittimi degli investitori e dei risparmiatori. Interessi che trovano la massima esaltazione proprio nella fiducia verso il sistema e quindi nella credibilità degli interlocutori.

Dicevamo in apertura della violenza con la quale, da settimane (se non da mesi), i mercati stanno colpendo il settore bancario, a mio avviso, in alcuni casi, anche in maniera troppo severa.
L’idea che sto considerando è quella secondo la quale i mercati, proprio perché indotti dal dilettantismo con il quale il governo e i regolatori hanno affrontato fino questo momento la questione bancaria, diffidando della credibilità degli interlocutori, stiano spingendo il governo (e la Ue) ad adottare misure di sistema decisamente ampie e robuste, tali da demolire ogni possibile dubbio sulle condizioni di alcune banche e, più in generale, dell’intero sistema bancario italiano.

A sostegno di quanto appena affermato ricorre la storia degli ultimi mesi, connotata da un’ampia letteratura di annunci spacciati per risolutori, ma che poi non si sono rilevati tali (vedi Atlante).

I mercati sono consapevoli del fatto che il sistema bancario italiano è gravato da 360 miliardi di crediti deteriorati (di cui 200 sono sofferenza svalutate a 83), e conoscono anche le deboli prospettive di crescita dell’Italia, in un contesto (quello globale) in rallentamento, che potrebbe anche cadere in recessione nei prossimi semestri. Di conseguenza valutano anche il fatto che, uno scenario del genere, determinerebbe un’accelerazione del passaggio a nuove sofferenze dei crediti ora considerati problematici, incidendo sui deboli bilanci di molte banche.

In questi giorni circolano notizie di ogni genere circa le trattative in corso tra l’Italia e la Ue per il salvataggio delle banche in difficoltà. La speranza è che vengano assunte decisioni ampie, robuste e di sistema (leggi: PRIMA CHE ARRIVI UNA CRISI BANCARIA (SERIA) e SALVATAGGI BANCARI: QUALI POSSIBILI SCENARI), che riguardino tutte le banche in difficoltà e risolvano i noti problemi. Se così non fosse, ovvero se le autorità italiane dovessero presentarsi con soluzioni pasticciate, circoscritte a qualche realtà bancaria (come è stato fatto per Atalante), sono ragionevolmente fiducioso sul fatto che i mercati, dopo un breve scatto di euforia, al primo scricchiolio, torneranno a picchiare duro su tutto il comparto, attenuando (o vanificando) lo sforzo fatto per quelle banche oggetto di maggiori attenzioni, che si ripercuoterebbe su tutto il sistema.

E questa volta potrebbe essere assai diverso. Il tempo delle parole è ormai scaduto.

Fonte: Vincitori e Vinti

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