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domenica 19 ottobre 2014

La via d'uscita c'è e l'Europa non la vede


di Vincenzo Cirigliano

Chiunque mastichi un poco di Economia Politica e Monetaria sicuramente avrà avuto modo di imbattersi, gioco forza, nella legge di Dornbusch che pone un assunto facilmente riscontrabile nella realtà: “La crisi ci mette molto più tempo ad arrivare di quanto pensavate, e poi si svolge molto più in fretta di quanto avreste pensato” (lo disse in un'intervista, nel 1997, il compianto economista tedesco Rudi Dornbusch).

Dalla crisi dell’Euro è proprio questa regola empirica che tutti noi abbiamo sicuramente potuto imparare a riconoscere sul campo. Ciò a cui abbiamo potuto assistere negli ultimi anni in Europa è un uso massiccio delle politiche di austerità che ad un certo punto hanno fatto cantar vittoria, con toni trionfalistici, a quelle personalità che ne erano i maggiori promotori, dinanzi ad una modesta ripartenza della Crescita. Fino a quando gli stessi personaggi hanno potuto assistere, con loro grande sorpresa, ad una inflazione che precipitava e ad una grande conseguente battuta d’arresto dell’Economia dell’Eurozona. A quel punto tutti si sono andati a riguardare al rallenty quanto era successo, avendo occasione così di rilevare una situazione divenuta ormai seria e preoccupante. La stessa cosa era stata evitata dall’intervento della BCE di Draghi nell’Estate del 2012 con una consistente immissione di liquidità nel sistema, cosa che probabilmente comincerà a fare anche ora.

Nel 2012 il problema era associato al rialzo degli interessi sui titoli di Stato dei Paesi periferici dell’Eurozona, i cosiddetti PIIGS, interessi che crescevano più per problematiche inerenti la liquidità disponibile che per la carenza di solvibilità degli Stati interessati, pertanto una volta iniettata un poco di liquidità la preoccupazione dei Mercati rientrò. Ciò che invece sta succedendo ora assume dei contorni alquanto diversi in quanto vede coinvolta l’intera Eurozona in una crisi che si alimenta a piccoli passi portando l’economia di tutta l’area verso una conclamata crisi deflattiva. Draghi può sicuramente intervenire nuovamente ricorrendo ad un immissione massiccia di liquidità nel sistema, ma l’operazione non è detto che nel lungo periodo dia i risultati sperati. Oltretutto in questo campo poco può fare anche la Politica.

Un’altra cosa che emerge in modo chiaro in questo scenario è l’enorme confusione che regna tra gli intellettuali di stampo economico Europei. I Tedeschi continuano a veder la ragione di tutti i mali nella cattiva gestione dei Conti Pubblici nei vari Stati dell’Unione, guardando di conseguenza con diffidenza un’eventuale allentamento quantitativo ad opera della BCE. Dopo anni di immissione di liquidità ad interessi prossimi allo zero ancora non si è capito che direzionare questa enorme mole di danaro verso un sistema bancario più avvezzo alla Speculazione finanziaria che alla redistribuzione nel mondo produttivo e del consumo, rappresenta un errore madornale. Se a questo aggiungiamo poi che arrivano anche indicazioni vistosamente errate da quegli ambienti che dovrebbero indicare la strada da intraprendere per uscire da questa situazione, allora il quadro diventa veramente terribile. In tal senso si possono leggere le dichiarazioni del vicepresidente della Morgan Stanley, che scrive che «i salari e il costo del lavoro in generale sono semplicemente troppo alti, anche per gli standard dei Paesi ricchi e tanto più rispetto al concorrenti dei mercati emergenti». Incredibile ascoltare affermazioni del genere, da personalità per giunta di questo livello, in una situazione dove se si vuol fronteggiare la concorrenza esterna bisogna sicuramente svalutare l’Euro, non tagliare i salari. A maggior ragione se ci si trova al cospetto di una economia caduta nella trappola della liquidità mai e poi mai bisogna anche solo pensare di tagliare i Salari. Mi chiedo come sia possibile che ancora oggi ci siano così tante persone che non hanno capito questo. Sicuramente un encomio è da fare alla BCE che in una situazione, ahimè voluta in un certo senso anche da quanto scritto nei trattati e nei regolamenti europei, riesce ancora oggi a tenere in piedi una situazione che rischia di precipitare in ogni momento e che non si capisce come andrà a finire. Di fronte a questo quadro della situazione come meravigliarsi di chi si augura una vittoria della Le Pen in Francia o una debacle della Merkel in Germania?

Volgendo lo sguardo verso le vicende nostrane e riportando tutto il discorso in Italia, non si può con notare come con la legge di Stabilità di Renzi, attraverso i risparmi chiesti alle Regioni, si va a colpire in particolare la spesa Sanitaria. Tranne quella parte recuperabile che potrebbero essere gli sprechi, l'altra parte sarà di fatto una tassazione diretta sul cittadino che si ritroverà a dover pagare prestazioni e servizi non più erogati. Renzi continuerà a dire che non ha messo le mani in tasca ai cittadini, ma nella realtà lo ha fatto attraverso le Regioni, attraverso l'aumento di tasse già esistenti, attraverso l'eliminazione di agevolazioni per i cittadini. Quello che qualcuno ancora non ha capito è che la crescita ci sarà solo allorquando i cittadini avranno più soldi nelle tasche. E ' questa la grande questione che sembra che i politici non vogliano capire. Questa tendenza dei politici a " non capire ", si evince anche dai provvedimenti adottati per il lavoro e le imprese. Alle Imprese viene giustamente tagliata l'Irap con la speranza che queste traducano questi risparmi in posti di lavoro ed investimenti. Ma se per le imprese non aumenta la domanda, dovuta alla carenza di liquidità del mercato, in quanto i cittadini non hanno soldi in tasca, per quale motivo dovrebbero assumere o investire ? Assumere o investire per fare cosa ? Ad aggravare la situazione il Governo Renzi mette la ciliegina sulla torta aumentando la precarietà che si tradurrà in una ancor maggiore propensione dei cittadini al risparmio, .... non al consumo. La verità è che oggi qualcuno non ha ancora capito niente e l'articolo del Premio Nobel Krugman non fa che ribadire e rafforzare questo concetto.

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