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venerdì 10 ottobre 2014

Lavoratori alla Gogna

DI STEFANO ALI
ilcappellopensatore.it

Lavoratori e compagni, prrrrr! Il Jobs Act ha ottenuto la prima fiducia al Senato (più di 20 questioni di fiducia poste dal Governo Renzi. Infranto ogni record). La costituzione è ormai un feticcio. Peggio dell'articolo 18. E il "Jobs Act" terminerà l'opera di distruzione del tessuto sociale.
Ieri è andato in scena un ulteriore passo verso lo strappo della Costituzione democratica. Con l’apposizione della questione di fiducia sulla Legge Delega per il cosiddetto “Jobs act”, si sono – in realtà – consumati due strappi. L’uno più lacerante dell’altro, entrambi gravissimi.



  1. Si è definitivamente sovvertita la separazione dei poteri prevista dalla Costituzione (niente più e niente meno che un colpo di Stato bianco);
  2. Si sono poste le solide basi per fare dell’Italia un Paese di mano d’opera. Di manovalanza a basso costo. Di schiavi, per dirla in breve.
Vediamo il perché del primo punto.

Il potere legislativo, secondo Costituzione, spetta al Parlamento. Il Governo è deputato ad eseguire le direttive del Parlamento. È già sotto gli occhi di tutti che, al momento, così non è.
Il Governo stabilisce le linee e le impone al Parlamento che, quindi, si limita a ratificare scelte del Governo che lo stesso Governo eseguirà poi.
Una delle due eccezioni alla regola, sempre secondo la Costituzione, è data da materie particolarmente tecniche. In questi casi il Parlamento PUÒ delegare la funzione legislativa al Governo, purché siano rispettati i principii dell’articolo 76 della Costituzione:
Articolo 76
L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
Rimane evidente, quindi, che una delega predisposta dal delegato (il Governo) e sulla quale il Governo stesso pone la questione di fiducia (peraltro non prevista dalla Costituzione), a manifestare il ricatto della crisi sul delegante (il Parlamento), è una stortura del sistema democratico.
Ma il problema, nel caso del “Jobs Act” è ben più grave.
Nel testo della delega, infatti, i principi e i criteri direttivi non sono affatto determinati, né gli oggetti sono definiti. Siamo in presenza di una delega talmente ampia che il Governo può modificare, abrogare, semplificare per come crede qualsiasi norma riguardi, anche di striscio, il lavoro.
Qualche esempio:
6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche mediante abrogazione di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione del medesimo rapporto, di carattere amministrativo;
b) eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi;
In sintesi; razionalizza, semplifica, abroga norme1. Se vuoi, anche non direttamente connesse con la delega, purché ci siano stati “rilevanti” (chi stabilisce il crinale fra “ordinario” e “rilevante”?) contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi2
E ancora:
4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 3 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti, da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità di trovare occupazione, e a criteri di valutazione e di verifica dell’efficacia e dell’impatto;
b) razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, con la previsione di una cornice giuridica nazionale volta a costituire il punto di riferimento anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome;
Questa sarebbe la “determinazione” di princìpi e criteri? “razionalizzazione”, cosa definisce? A parte i “numeri razionali”, non conosco altro significato oggettivo di “razionalità”.
E poi
7. Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali:
a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali;
Riassunto: Riordina i contratti di lavoro. Per farlo, prendili TUTTI e fanne ciò che ti pare.
Mi fermo qui, ma in tutta la delega non esiste un solo punto definito secondo il senso comune del termine. Chi spiega “cosa prevede il testo della delega” sta, probabilmente, usando una sfera di cristallo. La delega prevede tutto lo scibile!
La delega è un atto con il quale si autorizza il Governo a prendere TUTTE le norme che riguardano in qualsiasi modo il lavoro o che ad esso afferiscano in qualsivoglia maniera e farne ciò che gli pare.
Senza alcuna modifica costituzionale, il nostro sistema Parlamentare è diventato Presidenziale-dittatoriale e a nessuno pare interessare.
LAVORATORI E COMPAGNI, PRRRRR!!
E adesso andiamo al punto 2
Negli ultimi anni il rapporto di lavoro è stato reso sempre più “flessibile”. È questo un raggiro semantico per indicarne la precarietà.
Il proliferare di contratti precari è cresciuto esponenzialmente e se questa fosse la ricetta giusta per la ripresa economica, si sarebbero già dovuti vederne gli effetti, invece assistiamo a una sempre più profonda depressione economica. A un sempre crescente numero di disoccupati, a un sempre crescente numero di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà assoluta.
Per una basilare legge, una massa di offerta non assorbita dal mercato vede il suo valore crollare. Se, quindi, la massa di offerta che cresce è quella della forza lavoro, non può non accadere (come in effetti accade) che il valore del lavoro sia sempre più basso.
Sulle ovvietà, che sono sotto gli occhi di tutti, mi fermo qui. Non senza aver prima evidenziato che, come gli struzzi, in pochi sembrano accorgersene.
Poletti, in Senato, chiedeva come siamo arrivati a questo punto. Strano che lo chiedesse visto che il processo segue la trasmutazione del PD.
Berlusconi, in una recente intervista a Libero Quotidiano.it ha detto
Il mio più grande errore? Non fingermi di sinistra
Probabilmente riferendosi al fatto che l’esperimento che ha contribuito a realizzare in provetta è perfettamente riuscito.
Dopo aver perso del tutto ogni radice storica con gli ideali che ne hanno costituito il sorgere, il PD, con Renzi, ha compiuto la trasmutazione alchemica.
L’innesto di soggetti provenienti dalle più svariate esperienze politiche (dalla DC al PLI) hanno modificato geneticamente il PD al punto che a definirlo di sinistra, oggi, occorre stirare la definizione di “sinistra” fino al punto di rottura.
I “consulenti” di Renzi:
In politica estera, Michael Ledeen e l’ambiente neocon USA (la destra estrema)
In politica economica Yoram Gutgeld
In termini di Giustizia e riforme istituzionali, Berlusconi e Verdini (ispirandosi ai dettami della P2 “sanciti” nel Piano di rinascita democratica)
In politiche del lavoro Pietro Ichino3
Già alla “Leopolda” del 2012, Ichino esponeva dal palco la sua visione delle politiche del lavoro.
Due passaggi tratti dalla sua intervista a Huffington Post
E la riforma del mercato del lavoro?
Qui la legge Fornero ha fatto un passo timido ma che va nella direzione giusta, quello della flessibilità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e un contrasto agli abusi nel campo delle collaborazioni autonome. Su questo terreno il programma di Renzi prevede qualcosa di molto più incisivo. Innanzitutto una grande semplificazione, sostituire le 2 mila pagine della legislazione del lavoro nazionale, con un codice del lavoro semplificato di 59 articoli comprensibile non solo dai lavoratori e dai datori di lavoro, ma che sia anche traducibile in inglese. L’investitore straniero è assolutamente nell’impossibilità di capire le regole del nostro ordinamento.
E per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, la convincono le modifiche all’articolo 18?
Al lavoratore non va data la garanzia di continuare a lavorare nello stesso posto tutta la vita, l’errore commesso dalla nostra sinistra fino ad oggi. Quello che deve essere tutelato è il reddito e la continuità professionale.
Ho evidenziato un punto per testimoniare che con la precarizzazione non abbiamo ancora raggiunto il fondo, con il Jobs Act.
Il fine è, con tutta evidenza, la precarizzazione del lavoro a tempo indeterminato. In buona sostanza, la sua eliminazione. TUTTI PRECARI, la precarizzazione di una intera società.
E che questo sia il fine, è chiaro da una serie di tweet che, con spocchiosa protervia, aggiungerei, Ichino ha “lanciato” (la sequenza corretta è dal basso verso l’alto)
Tweet di ichino sulla precarizzazione del lavoro a tempo indeterminato

.
Ichino, come si legge dai suoi tweet, spiega che la precarizzazione dei contratti a tempo indeterminato (la loro soppressione) è prevista fra due-tre anni.
Non è stata fatta adesso perché oltre alle naturali opposizioni, avrebbe creato un picco di licenziamenti (quindi è ben a conoscenza che la “flessibilità” non solo non produce occupazione, ma, al contrario, picchi di disoccupazione) “con allarmi e richieste di tornare indietro”. Non è, quindi, la devastazione sociale a preoccuparlo, ma il fatto che l’allarme avrebbe imposto di tornare indietro.
Fra due-tre anni, sostiene, Ichino, i tempi saranno maturi per eliminare del tutto il lavoro a tempo indeterminato.
Ichino fra due tre anni sparisce il lavoro a tempo indeterminato
La fame, la mancanza di lavoro, la disoccupazione ci porterà ad accettare qualsiasi cosa “ci venga concessa”. Una generazione a 300 Euro, come in Grecia
LAVORATORI E COMPAGNI, PRRRRR!!
Ancora qualcosa da aggiungere: I “dissidenti” del PD
Abbiate pazienza, ma sento puzza di marcio e rancido.
1) il conteggio dei numeri. 165 voti favorevoli.
Se il tuo “essere” non concepisce il jobs act; se il testo presentato non rispecchia neppure quello votato in direzione PD; se per votare quella norma ti senti violentato e avverti che è contrario alle idee di fondo della base del partito, che senso hanno tutti i distinguo, i se, i ma che portano, alla fine, ai numeri giusti giusti per poter far dire a Renzi che la maggioranza del Senato regge?
Ai tempi della vecchia Democrazia Cristiana, questi giochetti sui numeri erano frequentissimi. Si fingono spaccature per arginare il dissenso e, comunque, raccoglierlo e convogliarlo. Nel frattempo, si gioca sul filo di lana per dimostrare che la maggioranza politica permane ed è forte.
Al Senato la maggioranza è 161Se fossero scesi sotto quel numero (e i margini c’erano, visto che il quorum era a circa 140), Renzi avrebbe ugualmente incassato la fiducia, ma qualcuno avrebbe potuto obiettare che non aveva più una maggioranza al Senato.
Dal SI incondizionato, alla “fiducia critica” (hanno aggrottato le sopracciglia?), agli assenti, al “voto si ma mi dimetto”, agli astenuti … il tutto dopo aver fatto un minuzioso conteggio dei numeri per garantire, comunque, la maggioranza politica al Senato: 165.
Forte la maggioranza, forte il dissenso, Renzi può andare avanti e l’ala dei dissezienti è forte pure. Tutti vincono, nessuno perde. “Compagni votatemi nel PD. Votate me che ho protestato contro il Jobs Act, ma votatemi nel PD”
LAVORATORI E COMPAGNI, PRRRRR!!
2) distinguo e dimissioni … Tocci si dimette da senatore. In primis è ancora tutto da vedere, visto che è il Senato a dover accettare le dimissioni. E non solo, Renzi, nella sua magnanimità tenterà di dissuaderlo
Farò di tutto perché Walter Tocci, che è una persona che stimo molto, continui a fare il senatore
E comunque, rimarrà nel PD. Sicché il PD avrà il suo martire immolato sull’altare delle riforme del lavoro per catalizzare gli scontenti del Jobs Act. Insieme ai Civati, a Bersani, a Cuperlo. Insieme a coloro che, da un canto consentono a Renzi di vantare forza, mentre dall’altro costruiscono argini al possibile dissenso. Gatekeepers!
Bel teatrino, mentre conducono l’Italia alla fossa
LAVORATORI E COMPAGNI, PRRRRR!!

Stafano Ali
10.10.2014


1Quali? tutte quelle che hanno a che fare con il lavoro. Altro che “l’articolo 18 non c’è”. Qui c’è tutto lo Statuto dei Lavoratori e altro.
2 Non esistono norme (non solo sul lavoro) sulle quali non ci siano stati contrasti interpretativi, giuresprudenziali o amministrativi. Basti pensare al fatto che, emanata una norma, è consuetudine farla seguire da una “circolare esplicativa” che, non costituendo fonte del diritto, provoca, nella sua applicazione, ulteriori contenziosi
3Già deputato dal 1979 al 1983 come indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano e senatore dal 2008 al 2013 eletto nel Partito Democratico, è senatore eletto nella circoscrizione Lombardia nella lista Con Monti per l’Italia. Come a ripercorrere la filogenesi del PD che, da PCI si trasforma in controfigura di Scelta Civica (fonte: wikipedia)

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