«Sono sicuro che l’euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile, ma un bel giorno ci sarà una crisi e si creeranno i nuovi strumenti». Così parlava Romano Prodi nel lontano 2001, precisamente il 4 dicembre, intervistato dal “Financial Times”. Dunque “sapeva”, Prodi, che l’euro avrebbe generato “una crisi”. La memorabile sortita dell’ex premier italiano, ex consulente di Goldman Sachs e ovviamente ex presidente della Commissione Europea, fa parte del florilegio presentato da “Megachip” alla voce: piccola antologia di “democrazia europea”. «Dunque per fare “passi avanti” l’Europa ha bisogno di devastare la società, avvilire la cultura, generare disoccupazione di massa, far suicidare imprenditori e lavoratori, gettare nello sconforto e nella disperazione milioni di giovani e produrre miseria».
Sul metodo generalmente adottato dalla Troika – il terrorismo economico – è illuminante l’ammissione di un altro supremo eurocrate, il francese Jean-Claude Juncker, già presidente dell’Eurogruppo: «Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno». Non è fantascienza, non è letteratura horror. Sono parole – reali – dei grandi decisori europei, quelli che decretano le misure da cui deriva il supplizio socio-economico al quale siamo sottoposti. In altre parole, stando alle rivelazioni di Juncker, crimini contro l’umanità. I leader europei, dice l’italiano Giuliano Amato il 12 luglio 2007 a “Eu Observer”, hanno deciso che il Trattato Lisbona «avrebbe dovuto essere illeggibile». Questo perché, «se fosse stato comprensibile, ci sarebbero state ragioni per sottoporlo a referendum». Quindi gli eurocrati «si sentono più al sicuro con la cosa illeggibile», testualmente. Obiettivo, appunto, «evitare pericolosi referendum».
Lo sa bene l’ex cancelliere tedesco Helmuth Kohl, che al “Telegraph” del 9 aprile 2013 dichiara: «Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre. Nel caso dell’euro sono stato come un dittatore». Dopotutto, «l’Europa non nasce da un movimento democratico», come ammette già nel 1999 il super-tecnocrate ed ex ministro prodiano Tommaso Padoa Schioppa. L’attuale Unione Europea ha un’origine chiaramente eversiva: «E’ nata seguendo un metodo che potremmo definire con il termine di dispotismo illuminato». La costruzione europea? «E’ una rivoluzione», dice Padoa Schioppa a “Commentaire”, «anche se i rivoluzionari non sono dei cospiratori pallidi e magri, ma degli impiegati, dei funzionari, dei banchieri e dei professori», che al «polo del consenso popolare» preferiscono ovviamente «quello della leadership».
Per un altro padre fondatore dell’Ue, il monarchico Jacques Attali, trasformatosi in “socialista” alla corte di François Mitterrad, l’euro non fu certo creato per la gioia della “plebaglia europea”. Il 24 gennaio 2011 rivela: «Abbiamo minuziosamente “dimenticato” di includere l’articolo per uscire da Maastricht». Contratto unico al mondo: senza clausola di rescissione. Attali ha avuto «il privilegio» di far parte del gruppo ristretto incaricato di stendere le prime bozze. «Ci siamo incoraggiati a fare in modo che uscirne sia impossibile», ammette. «Abbiamo attentamente “dimenticato” di scrivere l’articolo che permetta di uscirne». Niente da aggiungere? «Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per rendere le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti».
Chiude la rassegna dell’orrore il professor Mario Monti, il 22 febbraio 2001 all’università Luiss, al convegno “finanza: comportamenti, regole istituzioni”. «Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, crisi gravi, per fare passi avanti», dice il futuro capo del “governo tecnico” incaricato da Napolitano. «I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario». In quattro parole, Monti espone la “filosofia del ricatto” che è la prassi sostanziale dei gangster al governo di Bruxelles: si provvede a terremotare un paese, per poi (Prodi docet) imporre la “soluzione” già pronta nel cassetto. «È chiaro che il potere politico – ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale – possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle, perché c’è una crisi in atto visibile, conclamata». La benedetta crisi, progettata a tavolino. Minacce, ricatti, menzogne, truffe. Un campionario inesauribile.
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