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martedì 2 ottobre 2018

Presidente, ma a quale Costituzione dobbiamo attenerci, a quella dei Padri Costituenti o a quella di Mario Monti?

Avete capito bene: il presidente della Repubblica è allarmato dal Def gialloverde che porta il deficit al 2,4%. Meglio dei governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, ma pur sempre una miseria, ben al di sotto della soglia già di per sé “punitiva” del 3% imposta da Maastricht (solo sulla base della “teologia” neoliberista, senza alcun fondamento scientifico per la salute dell’economia). Fu allora che tutto cominciò: la favola dello Stato equiparato alla normale famiglia, per la quale il debito è un pericolo. Siamo in un film dell’orrore o piuttosto in un film comico, considerando che il più preoccupato degli attuali guardiani dell’establishment – l’ex ministro renziano Pier Carlo Padoan – era addirittura marxista con simpatie maoiste, e da giovane sognava di abbattere il capitalismo?



Oggi invece canta nel coro dei Boeri, Monti, Draghi, Visco: guai a spendere soldi per il popolo, è severamente proibito. Da chi?


«Da quelle stesse élite a cui questi signori devono le poltrone che occupano», dice Gioele Magaldi, keynesiano democratico-progressista, presidente del Movimento Roosevelt. Quanto a Mattarella, una domanda secca: «Quale Costituzione difende, quella democratica e sociale del 1948 o quella “stuprata” nel 2012 dal pareggio di bilancio imposto dai poteri oligarchici che spedirono Monti a Palazzo Chigi?».

E’ sconcertante, aggiunge Magaldi in web-streaming su YouTube, che a scatenare il finto panico mediatico sia bastato il timido Def gialloverde con quell’esiguo 2,4% di deficit: «Lorsignori si stracciano le vesti a reti unificate, dichiarandosi preoccupati per il popolo italiano e per il futuro dei nostri giovani?». Non sono credibili: «L’unica cosa che li preoccupa è il futuro dei figli degli oligarchi che hanno ridotto l’Italia in questo stato, con le tasse alle stelle, la disoccupazione ovunque, i consumi crollati, le pensioni devastate dalla legge Fornero e i giovani italiani costretti a lavori precari, senza più la possibilità di progettare il loro futuro». Ed è proprio sui numeri, aggiunge Magaldi, che l’allarmismo mediatico scade nel ridicolo: Berlusconi – che oggi si unisce all’ipocrita moralismo dei cantori del rigore – teneva il deficit attrono al 4-5%. E lo stesso Renzi, fenomenale fanfarone, una volta perso Palazzo Chigi (dove si era attenuto alla consegna dell’austerity sorvegliata da Padoan) se ne uscì annunciando: possiamo sfidare Bruxelles, portando il deficit al 2,9%. E’ lo stesso Renzi che oggi accusa di irresponsabilità i gialloverdi, per via del loro 2,4? Ebbene, sì. Ma non è il solo.

Gli fanno eco tutti gli economisti di corte, che affollano giornali e televisioni, senza mai uno straccio di contraddittorio giornalistico. Ma il guaio, sostiene Magaldi, è che il Quirinale non interviene nel modo che ci si aspetterebbe, per ristabilire la verità calpestata dai media. Anzi: si appella al mitico “equilibrio di bilancio”, inserito in Costituzione solo dall’Italia. Il pareggio di bilancio fu introdotto nel 2012 da Monti, che espose il paese alla mannaia del Fiscal Compact, proprio mentre i poteri finanziari puntavano la pistola contro l’Italia, ricattata dallo spread. Sicuri, si domanda Magaldi, che Sergio Mattarella sia all’altezza della carica che ricopre? E’ duro, il presidente del Movimento Roosevelt, con il Capo dello Stato, che criticò aspramente, mesi fa – invitandolo alle dimissioni – dopo aver giudicato improprio, costituzionalmente, il rifiuto di ratificare la nomina di Paolo Savona come ministro dell’economia. Oggi dichiara: «Non ho ancora sentito un intervento di Sergio Mattarella che abbia contribuito in qualche misura al benessere del popolo italiano». Possibile, aggiunge, che Mattarella non si renda conto del pericolo gravissimo, per aziende e famiglie, costituito dal taglio del deficit? «Eppure il Presidente viene dalla sinistra democristiana, tradizionalmente attenta alle esigenze degli strati meno abbienti della popolazione, ben esplicitate nella Costituzione del ‘48».

Cos’è successo, in questi anni, al punto da accecare i radar dell’informazione e mettere la politica al guinzaglio dell’economiafinanziarizzata? Lo tsunami del neoliberismo: la rivoluzione “teologica” che innalza il profitto al di sopra delle istituzioni democratiche. Chi paga il conto? Tutti noi. Meno lo Stato spende a deficit per l’economia reale, sintetizza Magaldi, e più crescono le fortune stellari di un’élite miliardaria e privatizzatrice, a scapito di tutti gli altri. La paura del disavanzo? Un mito, fabbricato ad arte: «Se distribuisco investimenti e abbasso le tasse, faccio crescere l’economia. Faccio salire i consumi, dunque il prodotto interno lordo, e quindi migliorerò il rapporto debito-Pil: in ultima analisi, risanerò i conti pubblici. Dal 2011 in poi, con Monti – continua Magaldi – è stato fatto esattamente il contrario: si è tagliato il deficit, alzando le tasse. Risultato finale: stiamo tutti peggio, e sono peggiorati anche i conti pubblici». Lo spread? Un altro mito: «Basterebbe che la Bce emettesse “eurobond”, e il problema sparirebbe. Ma anche ridotti come siamo, cioè senza più vere banche centrali – nazionali e non – un grande paese industriale come l’Italia ha mezzi enormi per finanziarsi, ad esempio emettendo titoli. Dire che lo Stato è come una famigliola costretta a risparmiare è semplicemente una menzogna».

Per Magaldi, «siamo davvero alla follia orwelliana spacciata per saggezza e senso di responsabilità». Una cosa «davvero vergognosa, che suscita indignazione (e riso)». In fondo, aggiunge, Salvini e Di Maio «hanno imboccato la strada giusta, che come Movimento Roosevelt avevavamo consigliato loro anche pubblicamente». Potrebbe non farcela, il governo gialloverde? «Se devono cadere, provvisoriamente, che cadano eroicamente “con le armi in pugno”». In altre parole: se adesso, per colpa dell’irrisorio 2,4% si scatenano i soliti mercati “eterodiretti”, se si scatena «questa canea di falsi uomini di Stato che dicono di preoccuparsi del bene comune e di quello dei giovani», e se quindi a un certo punto il governo venisse “strangolato” e messo nelle condizioni di non operare, ebbene: «Lega e 5 Stelle chiedano di andare a nuove elezioni, e vedremo il popolo chi premierà», conclude Magaldi. Vedremo se l’elettorato italiano «premierà questi sepolcri imbiancati che si preoccupano del 2,4% e si fingono solleciti nell’interesse comune, mentre sono solleciti rispetto alle proprie poltrone e a chi ce li ha messi». Vedremo, chiosa Magaldi, se invece l’elettore «premierà chi, seppure in modo ancora imperfetto, sta cercando di portare un reale cambiamento nel paradigma della governance economica italiana».


fonte: LibreIdee

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