Scrive Eric Zuesse, su strategic-culture.org, che due schieramenti politici, uno guidato da George Soros, e l’altro creato dal nuovo arrivato Steve Bannon, sono entrati in competizione per il controllo politico dell’Europa.
Soros ha guidato a lungo i grandi capitalisti liberals americani per il controllo dell’Europa, e Bannon sta ora organizzando una squadra di miliardari conservatori per strappare la vittoria ai liberals. Quindi le due fazioni di ‘filantropi’ ora combatteranno per il controllo del consenso politico e delle istituzioni europee. Faranno però fatica a mantenere l’Europa come alleata nella guerra contro la Russia, ma ogni squadra lo farà da prospettive ideologiche diverse.
Proprio come esiste una polarizzazione politica liberal-conservatrice tra capitalisti all’interno di una nazione, c’è anche un’altra polarizzazione tra capitalisti riguardo alle politiche estere della loro nazione.
Nessuno di loro è progressista o populista di sinistra. L’unico ‘populismo’ che attualmente ogni capitalista promuove è quello della squadra di Bannon. Comunque entrambe le squadre si demonizzano a vicenda sia per il controllo del Governo degli Stati Uniti, e a livello internazionale per il controllo del mondo intero, opponendo due diverse visioni del mondo: liberale e conservatrice, o meglio globalista e nazionalista.
Entrambi poi dicono di sostenere la ‘democrazia, ma invece promuovono la diffusione della “democrazia” attraverso l’invasione e l’occupazione di Paesi “nemici”.
Infatti quando gli Stati Uniti e alcuni degli alleati della NATO nel 2003 invasero e distrussero l’Iraq con false pretese, e senza che l’Iraq avesse mai invaso (e nemmeno distrutto) nessuno dei Paesi invasori, questo era in realtà il preciso intento dei paesi liberali invasori, perché la sovranità di una nazione non è affatto rispettata nel pensiero liberale tradizionale. È lo stesso motivo per cui alcune delle stesse nazioni hanno invaso e distrutto la Libia nel 2011, e la Siria dal 2012. Perché dunque i liberali (e non solo i conservatori) accettano così naturalmente le aggressioni imperialistiche del proprio Paese verso altri popoli?
La sovranità di una nazione appartiene al popolo che la abita, secondo “il diritto all’autodeterminazione dei popoli” enunciato dal presidente Woodrow Wilson in occasione del Trattato di Versailles (1919). Di conseguenza, mentre un’autentica rivoluzione dei residenti all’interno di un paese, per rovesciare e sostituire il loro governo, o un voto per la secessione, possono essere legittimati e riconosciuti dal principio di sovranità nazionale, nessuna invasione straniera lo è (e questo include anche qualsiasi ‘rivoluzione colorata’). Ciò significa che il concetto di sovranità nazionale è fondamentalmente estraneo alla cultura liberal.
In Europa, questo è chiamato “imperialismo”, in America, si chiama “neo-conservatorismo”, ecco perché nessun grande capitalista americano sarà estraneo a questa convinzione.
Nessuno di loro è progressista o populista di sinistra. L’unico ‘populismo’ che attualmente ogni capitalista promuove è quello della squadra di Bannon. Comunque entrambe le squadre si demonizzano a vicenda sia per il controllo del Governo degli Stati Uniti, e a livello internazionale per il controllo del mondo intero, opponendo due diverse visioni del mondo: liberale e conservatrice, o meglio globalista e nazionalista.
Entrambi poi dicono di sostenere la ‘democrazia, ma invece promuovono la diffusione della “democrazia” attraverso l’invasione e l’occupazione di Paesi “nemici”.
Infatti quando gli Stati Uniti e alcuni degli alleati della NATO nel 2003 invasero e distrussero l’Iraq con false pretese, e senza che l’Iraq avesse mai invaso (e nemmeno distrutto) nessuno dei Paesi invasori, questo era in realtà il preciso intento dei paesi liberali invasori, perché la sovranità di una nazione non è affatto rispettata nel pensiero liberale tradizionale. È lo stesso motivo per cui alcune delle stesse nazioni hanno invaso e distrutto la Libia nel 2011, e la Siria dal 2012. Perché dunque i liberali (e non solo i conservatori) accettano così naturalmente le aggressioni imperialistiche del proprio Paese verso altri popoli?
La sovranità di una nazione appartiene al popolo che la abita, secondo “il diritto all’autodeterminazione dei popoli” enunciato dal presidente Woodrow Wilson in occasione del Trattato di Versailles (1919). Di conseguenza, mentre un’autentica rivoluzione dei residenti all’interno di un paese, per rovesciare e sostituire il loro governo, o un voto per la secessione, possono essere legittimati e riconosciuti dal principio di sovranità nazionale, nessuna invasione straniera lo è (e questo include anche qualsiasi ‘rivoluzione colorata’). Ciò significa che il concetto di sovranità nazionale è fondamentalmente estraneo alla cultura liberal.
In Europa, questo è chiamato “imperialismo”, in America, si chiama “neo-conservatorismo”, ecco perché nessun grande capitalista americano sarà estraneo a questa convinzione.
Il Segretario alla Difesa Donald H. Rumsfeld ascolta i commenti alle consultazioni ad alto livello NATO-Ucraina a Vilnius, Lituania, il 24 ottobre 2005
Il nucleo del capitalismo americano rappresenta in pratica una sorta di aristocrazia, una forma di capitalismo bipartisan, liberale e conservatore, democratico e repubblicano, che non è semplicemente liberista (cioè include la privatizzazione di tutto ciò che può essere privatizzato) ma è anche imperialista (il che significa favorire una politica di invasioni e colpi di stato in giro per il globo, per fortificare l’impero). Gli Stati Uniti sono ora un impero a tutto campo, controllano non solo le aristocrazie capitalistico finanziarie in alcune repubbliche delle banane come il Guatemala e l’Honduras, ma anche quelle dei Paesi più ricchi come la Francia, la Germania e il Regno Unito.
Questa visione fu ampiamente promossa tra il 1877-1902 dal fondatore del Rhodes Trust , Cecil Rhodes, un razzista autodichiarato che sosteneva appassionatamente quanto tutte le “razze” fossero subordinate alla “prima razza”: gli inglesi.
In tempi più recenti, George Soros ha condiviso questa visione, giustificando l’aggressione straniera in un Paese dalla “comunità internazionale” per proteggere “la sovranità popolare” di quel Paese. Il che è da manuale di logica democratica.
Al contrario Vladimir Putin afferma che nessuno straniero ha il diritto di invadere un altro Paese, contro Soros, che afferma che “la comunità internazionale” ha invece l'”obbligo di invadere”, ogni volta e ovunque decida di farlo.
In pratica la proposta di Soros si riduce a polarizzare e rendere irrilevante l’ONU, per rafforzare l’imperialismo internazionale. Due visioni del mondo totalmente diverse, perché l’Occidente chiama “sequestro” e “invasione” della Crimea da parte della Russia nel 2014, negando il fatto che gli abitanti della Crimea possano avere il diritto di decidere.
Il punto di vista di Vladimir Putin è stato espresso tante volte, in così tanti contesti diversi, e sembra essere sempre lo stesso, cioè che le uniche persone che hanno un diritto sovrano in qualsiasi luogo della terra, sono le persone che vivono su quella terra. In altre parole, la sua visione di base sembra un rifiuto del concetto stesso di impero.
Sebbene i grandi capitalisti siano riusciti, durante la prima Guerra Fredda, a ingannare il pubblico sul loro progetto di eliminare completamente il comunismo, George Herbert Walker Bush aveva chiarito, nella notte del 24 febbraio 1990, ai capi degli alleati stranieri dell’aristocrazia statunitense del capitale, che l’obiettivo reale era la conquista del mondo, e fino a quel momento la Guerra Fredda sarebbe continuata in gran segreto, magari non più secondo una rivendicazione anti-comunista, ma soprattutto in chiave anti-russa. Ed è quello che accade oggi, non solo nel Partito Democratico, e non solo nel Partito Repubblicano, e nemmeno solo negli USA, ma in tutta la loro alleanza.
Tutta la propaganda americana presenta sempre gli USA come la “parte lesa” contro “gli aggressori” (Iraq, Libia, Siria, Iran, Yemen, Cina), tutti gli alleati (o anche solo gli amici) della Russia sono gli “appestati”, “aggressori” o sono “dittature” o comunque “minacce per l’America”, considerata l’unica vera “Grande Democrazia”. In verità è un impero di notevoli proporzioni, storicamente senza precedenti, perché domina tutti i continenti. Basta sostenerlo e si è ben accolti sui principali mezzi di informazione. Questa è la “democrazia” americana. Naturalmente gli articoli critici non vengono qualificati vero “giornalismo” in USA, vengono invece screditati come “blogging”.
Dopo la seconda guerra mondiale, il potere imperialistico USA prese il controllo economico dell’Europa occidentale con il Piano Marshall e, successivamente, dopo il crollo economico dell’Unione Sovietica, le mire di conquista si diressero verso tutta l’Europa. Lo hanno fatto non solo espandendo la NATO dopo il 1990 (il Patto di Varsavia era scomparso), ma anche attraverso l’Unione Europea, creata negli anni ’50 in prospettiva anti-russa e anti-comunista. Il loro vero obiettivo era la conquista, prima degli alleati della Russia, e poi, in ultima analisi, della Russia stessa, per completare così la conquista globale.
La concessione da parte di Mikhail Gorbaciov dell’unificazione della Germania e della fine delle Guerra Fredda, fu patteggiata con la promessa che la NATO non si sarebbe estesa di “un pollice verso est”. Significava che l’America non avrebbe cercato di piazzare i suoi missili nucleari proprio oltre i confini della Russia, abbastanza vicino a Mosca da poter lanciare un attacco nucleare lampo.
Il segretario di stato James Baker aveva fatto questa promessa a Gorbaciov, che avrebbe posto fine alla guerra fredda dopo 46 anni. La Russia mantenne quindi la sua parte del patto: demolì il muro di Berlino, permise l’unificazione della Germania. Ma, contravvenendo alla promessa fatta, gli Stati Uniti e i loro alleati non misero fine alla loro guerra contro una Russia ormai libera. Invece, nel corso degli anni, l’alleanza della NATO assorbì, una per una, le ex nazioni membro del Patto di Varsavia, e tuttavia bocciò l’apertura alla Russia. La NATO si espanse verso est, fino ai confini della Russia, esattamente l’opposto di ciò che aveva promesso.
Il continuo desiderio della Russia di aderire alla NATO è stato semplicemente respinto, poi nei decenni seguenti, la NATO ha assorbito praticamente tutto l’ex Patto di Varsavia, ma anche in Medio Oriente, a volte con la complicità dei loro alleati europei e/o fondamentalisti-sunniti, ha invaso direttamente altri Paesi, come in Iraq 2003, ha bombardato altre nazioni, come in Libia 2011, e in Siria 2011, fino alla minaccia attuale della nazione sciita alleata della Russia, l’Iran.
Quindi mentre la Guerra Fredda si è conclusa da parte della Russia, ha invece segretamente continuato (e continua) da parte dell’America, anzi la guerra americana contro la Russia si è recentemente intensificata, e solo l’avvento di Trump e il summit di Helsinki sembra aver segnato un cambiamento di marcia.
L’annuncio pubblico di questa nuova guerra da parte dei grandi capitalisti americani per il controllo dell’Europa è apparso il 20 luglio 2018 sul sito neocon statunitense, ovvero pro-imperialismo The Daily Beast (pro-Soros, anti-Bannon).
Dunque Steve Bannon progetta di contrastare George Soros e di scatenare una rivoluzione di destra in Europa. L’ex consigliere capo della Casa Bianca di Trump infatti ha dichiarato che sta creando una fondazione in Europa chiamata “The Movement”, che possa guidare una rivolta populista di destra in tutto il continente a partire dalle elezioni del Parlamento europeo la prossima primavera.
La non-profit sarà una fonte centrale di sondaggi, consigli sulla messaggistica, targeting dei dati e ricerca di think-tank per un malessere di destra che si sta diffondendo in tutta Europa, in molti casi senza strutture politiche professionali o budget significativi.
L’ambizione di Bannon è che la sua organizzazione alla fine rivaleggi con l’impatto acquisito dalla Open Society di Soros, che ha impiegato $ 32 miliardi per cause liberaliste da quando è stata fondata nel 1984.
Durante lo scorso anno, Bannon aveva tenuto colloqui con gruppi di destra in tutto il continente da Nigel Farage e membri del Front National di Marine Le Pen (recentemente ribattezzato Rassemblement National) in Occidente, all’Ungherese Viktor Orban e ai populisti polacchi in Oriente.
Bannon immagina di poter attivare un “supergruppo” di destra all’interno del Parlamento europeo che potrebbe attrarre fino a un terzo dei legislatori dopo le elezioni europee del prossimo maggio. Un blocco populista unito di quelle dimensioni avrebbe la capacità di interrompere seriamente i procedimenti parlamentari, potenzialmente garantendo a Bannon un enorme potere all’interno del movimento populista.
Dopo essere stato costretto ad abbandonare la Casa Bianca a seguito di dispute interne, che sarebbero poi emerse nel libro di Michael Wolff “In Fire and Fury: Inside the Trump White House“, Bannon ora si sta godendo l’opportunità di tracciare il suo nuovo impero europeo… “Preferirei regnare all’inferno, piuttosto che servire in paradiso”, ha detto, parafrasando il Satana del “Paradiso perduto” di John Milton.
Bannon ha trascorso la sua carriera come agente di vari miliardari statunitensi, più recentemente per quelli che hanno sostenuto Donald Trump nelle primarie repubblicane e così ha ottenuto la nomination del partito per lui. Mentre il capo della campagna democratica di Hillary Clinton era il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, il capo cervello dietro a Donald Trump era Steve Bannon, che era stato assunto a questo scopo dal matematico miliardario e dal capo di una private equity Robert Mercer. Dopo che Trump vinse la nomination, Bannon rimase e la sua operazione venne finanziata principalmente dalla coppia di miliardari del casinò statunitense-israeliano, Miriam e Sheldon Adelson.
La sede centrale del Movimento dovrebbe trovarsi a Bruxelles, dove inizieranno ad assumere personale nei prossimi mesi. Si prevede che ci saranno meno di 10 dipendenti a tempo pieno prima delle elezioni del 2019, con un esperto di sondaggi, un addetto alle comunicazioni, un responsabile dell’ufficio e un ricercatore tra le posizioni. Il piano è di farli salire a più di 25 persone dopo il 2019 se il progetto sarà un successo.
Bannon prevede di trascorrere il 50% del suo tempo in Europa, soprattutto sul campo piuttosto che nell’ufficio di Bruxelles, una volta che le elezioni di medio termine negli Stati Uniti saranno finite a novembre.
L’operazione dovrebbe anche fungere da collegamento tra i movimenti di destra dell’Europa e il Trump Freedom Caucus negli Stati Uniti. Bannon e Raheem Kassam, ex redattore di Farage e redattore di Breitbart, hanno aperto un ufficio in un hotel a cinque stelle Mayfair per una settimana, mentre Donald Trump era in visita in Europa. Tra le presenze televisive, come surrogati di Trump, hanno ospitato una serie dei principali esponenti di destra europei presso l’hotel.
“È stato un tale successo che abbiamo iniziato a collaborare”, ha detto Bannon. “Tutti sono d’accordo sul fatto che le europee sono estremamente importanti, e segneranno il vero primo conflitto tra il populismo e il partito globalista di Davos“.
Tutti i grandi capitalisti repubblicani (ebrei, cristiani evangelici e altri) sono stati forti sostenitori di Israele, che a sua volta naturalmente è alleato con i Saud; e sia Israele che i Saud sono particolarmente convinti della necessità di una guerra contro l’Iran, piuttosto che contro la Russia (obiettivo principale dell’aristocrazia statunitense). Solo i capitalisti americani sono ossessionati dalla conquista della Russia. Sono stati così fin dalla seconda guerra mondiale.
L’Asse di oggi infatti è composta dagli eredi nazi/fascisti della fallita Operazione Barbarossa di Hitler per conquistare l’Unione Sovietica. Dopo la seconda guerra mondiale, la CIA americana, insieme al MI6 britannico e ad altre agenzie governative, oltre al Vaticano, produssero “rat lines” per stabilirsi negli Stati Uniti, in Argentina e in Canada, e questi “ex” nazisti furono accolti con favore dalla CIA, per la futura conquista dell’Unione Sovietica.
Anche Ambrose Evans-Pritchard nel 2016 condivideva accuratamente la stessa tesi sul Telegraph “L’Unione Europea è sempre stata un progetto della CIA, come scoprono i Brexiteer”: “L’intelligence statunitense ha finanziato segretamente il movimento europeo per decenni e ha lavorato aggressivamente dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna nel progetto. Fu Washington a guidare l’integrazione europea alla fine degli anni ’40 e la finanziava segretamente sotto le amministrazioni di Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon. Il campo euroscettico è stato stranamente miope supponendo che le potenti forze che attraversano l’Atlantico potessero fare appello alla secessione britannica e salutarli come liberatori.”
Un memorandum datato 26 luglio 1950 infatti rivela l’esistenza di una campagna per promuovere un Parlamento europeo a tutti gli effetti, firmato da Gen William J Donovan, capo dell’ufficio di servizi strategici americani in tempo di guerra, precursore della Central Intelligence Agency.
Il principale fronte della CIA era il comitato americano per l’Europa unita (ACUE), presieduto da Donovan. Un altro documento mostra che fornì il 53,5% dei fondi del movimento europeo nel 1958. Il consiglio includeva Walter Bedell Smith e Allen Dulles, i direttori della CIA negli anni Cinquanta, e una casta di ex funzionari dell’OSS (‘Office of Strategic Services), che si trasferirono dentro e fuori dalla CIA. Bill Donovan, capo leggendario dell’OSS in tempo di guerra, fu in seguito incaricato di orchestrare il progetto UE. Gli Stati Uniti hanno agito in modo astuto nel contesto della Guerra Fredda, e la ricostruzione politica dell’Europa è stata un successo strepitoso.
Allo stesso tempo la CIA stava lavorando con migliaia di agenti segreti nazisti e fascisti in Europa, che l’OSS aveva segretamente rastrellato e protetto alla fine della seconda guerra mondiale, per il preciso intento di sovvertire non solo gli agenti comunisti in Europa ma con maggiore ostinazione, gli agenti democratici che preferivano non la subordinazione agli Stati Uniti, ma la sovranità democratica degli europei.
Pertanto, fin dall’inizio, l’UE è stato un mezzo per imporre sugli europei il controllo delle corporations internazionali statunitensi a vantaggio delle imprese americane. Quello era lo scopo principale dell’UE, la subordinazione al capitalismo americano, nessuna democrazia autentica. Il vassallaggio all’interno dell’impero americano doveva essere funzionale al loro progetto: conquistare prima l’Europa e poi il mondo.
Evans-Pritchard esortava i suoi lettori: “A mio avviso, il campo Brexit dovrebbe essere il layout di piani per aumentare la spesa per la difesa, impegnandosi a spingere la Gran Bretagna in testa, come la potenza militare indiscussa d’Europa.” La sua visione imperialista è un’estensione di quella di Cecil Rhodes alla fine del 1800, che aspirava ad un impero globale tra Regno Unito e Stati Uniti, nel quale le due potenze imperiali, la vecchia e la nuova, avrebbero gradualmente preso il controllo del mondo intero. George Soros ha lavorato febbrilmente a quell’obiettivo, mentre Steve Bannon preferisce il progetto “nazionalista”, ma entrambe le versioni sono liberali e conservatrici.
Durante gli anni ’90 il neoconservatorismo è stato sostenuto dal Mossad e dai lobbisti per Israele ed è stato identificato pubblicamente come un’ideologia “ebraica”, nonostante molti esponenti fossero “anti-comunisti” o “pro-democratici” o semplicemente anti-russi, ma che non erano né ebrei né addirittura focalizzati sul Medio Oriente. I repubblicani Donald Rumsfeld, Dick Cheney e John McCain, e il democratico direttore della CIA James Woolsey, erano neoconservatori molto potenti. Però ciò che tutti i neocon hanno sempre condiviso appassionatamente è stato l’odio viscerale verso i russi. Ciò viene prima di ogni altra cosa, e governa da sempre il sacro graal della NATO (la principale organizzazione neocon).
fonte: ComeDonChisciotte
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